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PENSIERI IN LIBERTA’, Anvedi come parla Nando

DI GAETANO FERRANDINO

Forse qualcuno non ci crederà ma siamo davanti a delle vere e proprie celebrità. Perché, andando a spulciare sul web, se in un motore di ricerca clicchi “famiglia Casamonica”, lo stesso ti rimanderà alla prima pagina che è griffata Wikipedia, non proprio l’ultima enciclopedia libera di provincia. La scritta che compare non è famiglia ma “Clan” Casamonica, e ci scuserete ma la differenza non ci pare roba di poco conto. Alla voce “origine” leggete testualmente: “Il clan dei Casamonica prende origine dalle famiglie Casamonica e Di Silvio, famiglie stanziali originarie dell’Abruzzo e del Molise, giunte da Pescara e da Venafro nella capitale negli anni settanta”. Poi si parla dei capisaldi tradizionali di quello che viene definito senza indugio alcuno clan mafioso e tra questi le zone poste nella periferia sud di Roma tra cui Romanina, Anagnina, Tuscolano fino a spingersi in quel di Frascati. Attenzione però al capitolo che riguarda i campi di interesse, perché si parla tra l’altro di usura, traffico di stupefacenti in una serie di paesi e poi anche edilizia e immobiliare.

Ieri, l’intervista del Messaggero che francamente ci ha gettato nel più profondo sconforto. Perché il capostipite della famiglia Casamonica, Nando, 78 anni, non digerisce un blitz al Quadraro (tutt’altro che amena località in zona Romanina, a beneficio di chi non fosse mai transitato da quelle parti) con ruspe in azione per demolire un immobile presumo non costruito certo con i risparmi di una vita – intelligenti pauca – e al cronista abbia il coraggio di pronunciare la seguente frase: «Sai quanti Casamonica ci sono a Roma? Se qualcuno ha sbagliato è giusto che paghi. Ma se buttano giù le case a famiglie che portano il nostro nome dovrebbero buttare giù anche tutte quelle costruite a Ischia». Tradotto in parole semplici, essere Casamonica ed essere ischitano è più o meno la stessa cosa. Dove quel “più o meno” vuole semplicemente essere un modo per indorare la pillola. Poco più avanti, nello stesso servizio giornalistico, un nipote di Nando Casamonica spiegherà che da quelle parte lui ed un cugino sono rimasti gli unici incensurati ancora presenti nella vasta ed evidentemente tutt’altro che “nobile” dinastia.

Ora, si potrebbero fare mille riflessioni su una “sparata” del genere ed il nostro pensiero – che siamo certi è quello di un’isola intera – è in fondo racchiuso nel titolo di apertura dell’edizione odierna del nostro giornale. Ma su un aspetto, purtroppo, bisogna fermarsi un attimino a ragionare. Nando Casamonica, al netto del suo “palmares” delinquenziale, potrebbe rappresentare in questo contesto un problema serio, ossia incarnare l’italiano medio. Casamonica è informato di quanto successo ad Ischia ma ha ricevuto l’informazione “deviata” e partigiana che gli è stata servita dai media nazionali. E quindi, secondo lui, siamo tutti non soltanto abusivi, ma anche delinquenti, camorristi, mafiosi. Siamo tutti Casamonica, per farla breve. Non ho mai amato, nelle mie non frequentissime esternazioni o pensieri in libertà, vestire i panni del “Masaniello” e certo non lo farò stavolta. Ma ho come l’impressione che questa dichiarazione (manco a farlo apposta clonata sia pure da soggetti – per fortuna – di diversa estrazione anche in quel di Casapesenna) rappresenti un campanello d’allarme.

Il rischio, ahinoi nemmeno così remoto, è che il nome Ischia possa diventare una sorta di ritornello o di “marchio” non più da utilizzare quando si pensa a una vacanza da sogno ma quando si vuole richiamare non soltanto l’abusivismo edilizio ma anche ogni fenomeno speculativo e dunque di illegalità o criminoso ad esso collegato. E quindi il sospetto, sempre ahinoi stavolta decisamente fondato, è che presto questa esternazione apparentemente isolata possa essere oggetto di un effetto domino che avrebbe conseguenze devastanti. E che, detto per inciso, non meritiamo nemmeno. E allora, partendo dai sindaci, si cerchi di capire come fare fronte comune per far sentire la nostra voce. Ma senza assolverci completamente dai nostri peccati. Che pure ci sono, e quindi ci rendono vittime sì, ma solo fino a un certo punto. Messa così, appare davvero una matassa difficile da sbrogliare. Ma bisogna farlo. Prima che sia tardi, prima che sia troppo tardi.

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* FIGLIO DI UN’ISOLA DOVE NON CI SONO CASAMONICA E CLAN MAFIOSI

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