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Debiti Asse, le motivazioni della Corte dei Conti

In appello il danno erariale complessivo prodotto dall’azienda che doveva gestire il ciclo rifiuti a Casamicciola, Lacco Ameno e Serrara Fontana è stato ridotto a circa 82mila euro

Una fase di liquidazione che dura da quasi vent’anni, con una lunga coda nelle aule giudiziarie. Si è rivelato estremamente difficile mettere termine all’infelice esperienza dell’Asse, l’ “azienda speciale servizi”, che sin dall’inizio si è rivelata una infinita fonte di debiti. La società in questione fu creata da alcuni Comuni per gestire in maniera unitaria il servizio di raccolta dei rifiuti. Appena fu creata, nell’ormai lontano 1998, il piano economico-finanziario fu quasi subito bocciato dalla magistratura contabile, perché ritenuto assolutamente non idoneo a far fronte alle spese. La Corte dei Conti contestò ai consiglieri comunali dell’epoca di aver costituito una società che in prospettiva sin dall’inizio era destinata inesorabilmente a rimanere schiacciata dai debiti, vista la mancanza di un’adeguata previsione delle spese necessarie. Un’insufficienza d’informazioni, secondo la Corte, di cui sarebbero responsabili molti dei componenti dei civici consessi di allora. La recente pronuncia della Seconda Sezione Centrale d’appello della Corte dei Conti ha in varia misura confermato alcuni esiti del primo grado, ma ha anche riformato tali decisioni accogliendo gli appelli di taluni ricorrenti.

L’importo complessivo del danno, determinato inizialmente in € 149.150,90, in primo grado fu oggetto di prima riduzione del trenta per cento, poi di un’ulteriore riduzione del venti per cento, quantificando quindi l’importo finale in euro 82.524,50 come confermato in appello

Il nodo del contendere, come accennato, ad avviso della Procura va ricercato innanzitutto dalla costituzione dell’azienda decisa nel Consiglio comunale con la deliberazione n. 51 del 24 settembre 1998, sulla base di uno studio di fattibilità predisposto non da tecnici qualificati, ma dai sindaci di Lacco Ameno e di Casamicciola, e inerente soltanto al servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani, sebbene l’azienda dovesse svolgere anche altri servizi, quali la manutenzione del verde pubblico, quella delle strade, degli impianti e la pulizia di altri spazi pubblici. In pratica la decisione di ricorrere al modulo organizzativo in questione, in alternativa all’affidamento esterno sino ad allora praticato, non sarebbe stata confortata da nessuna analisi tecnico-economica volta a evidenziare l’effettiva maggiore convenzione dell’opzione prescelta, nonostante il corrispettivo erogato in precedenza all’affidatario fosse inferiore a quello poi pattuito con l’Asse. Non si sarebbe neppure tenuto conto della circostanza che l’Azienda non avrebbe potuto disporre di un’area da adibire allo stoccaggio dei rifiuti differenziati, dalla quale sarebbero dipesi l’aumento del costo di gestione e, nel 2002, la decisione di pervenire allo scioglimento della società. Altra causa del danno, sempre secondo la Procura, sarebbe stata la condotta dell’allora sindaco Arnaldo Ferrandino, il quale, nonostante avesse partecipato alle assemblee dell’azienda in qualità di rappresentante di uno degli enti soci e fosse informato delle iniziative che si rendevano necessarie per scongiurare la messa in liquidazione dell’azienda, non avrebbe relazionato in merito al consiglio comunale; a contribuire alla materializzazione del danno, inoltre, si sarebbe aggiunto il dipendente comunale, Mazzella, che sottoscrisse il parere di regolarità tecnica sulla proposta della deliberazione di costituzione dell’Asse, in quanto non avrebbe rilevato l’incompetenza dei sindaci, organi politici, a sottoscrivere il piano di fattibilità, e i revisori che avevano espresso parere favorevole in merito alla delibera 51/1998 e a quelle successive, di riconoscimento della legittimità, quali debiti fuori bilancio, dei costi per la copertura delle perdite aziendali, i quali avrebbero omesso di segnalare al Consiglio comunale le gravi irregolarità di gestione che emergevano dagli atti da loro esaminati.

Secondo i giudici contabili, l’addebito di responsabilità amministrativa ai consiglieri trova spiegazione nella palese “trascuratezza serbata nel valutare l’inadeguatezza del piano di fattibilità e gli aspetti di contrasto con la disciplina normativa, non tanto ignorati, ma espressamente rilevati in sede consiliare da altri soggetti che non avevano reso il voto favorevole alla deliberazione numero 51 del 1998. In relazione alla posizione dei soggetti investiti di poteri di controllo, va in linea generale osservato che la considerazione dei compiti di vigilanza sulla regolarità contabile, finanziaria ed economica sulla gestione relativamente all’effettuazione delle spese, funzione precipua del collegio dei revisori, induce a ritenere che l’esercizio di quella funzione non possa prescindere dalla valutazione circa la legittimità delle iniziative che l’organo deliberante si accinge ad effettuare e la correlata opportunità sotto il profilo strettamente economico e finanziario”.

Maurizio Pirulli, Alfredo Balestrieri, Francesco Barbieri, Francesco Arcamone, Antonio Castagna, Vincenzo e Arcamone e Giuseppe Mattera dovranno versare euro 3610,45 ciascuno, mentre Francesco Mazzella euro 2475,73. In tutto essi devono risarcire il 35% del danno complessivo

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Siccome negli atti di causa non vi è traccia del parere reso alla deliberazione relativa alla costituzione dell’azienda, visto l’incarico conferito a Mario Bardi, Giuseppe Iodice e Mario Serpone solo per il periodo 2000-2003, e visto che il credito correlato al parere espresso alle delibere di riconoscimento fuori bilancio adottate nel 2001 e 2002 è estinto per intervenuta prescrizione, i giudici hanno deciso di accogliere l’appello proposto dai tre professionisti.

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Invece, l’accertamento di responsabilità amministrativa contenuto nella sentenza è stato in definitiva confermato con riferimento alle posizioni degli appellanti Maurizio Pirulli, Alfredo Balestrieri, Francesco Barbieri, Francesco Mattera, Francesco Arcamone, Antuono Castagna, Vincenzo Arcamone e Giuseppe Mattera.

“Per quanto riguarda gli addebiti risarcitori – scrivono i magistrati – va tenuto presente che i rappresentanti del Pubblico Ministero con le proprie conclusioni formulate in ordine all’ammontare del danno ha considerato non casualmente collegata il comportamento degli appellanti la componente relativa ai pignoramenti eseguiti presso il comune Casamicciola terzo debitore nei confronti dell’azienda consortile”.

Secondo i giudici, è evidente che le somme pignorate non costituiscono di per sé danno risarcibile, laddove il giudizio attiene piuttosto alla causa dell’obbligazione nella fattispecie, con la conseguenza che tale componente non può essere direttamente ricondotta la costituzione dell’azienda consortile Asse e alle perdite maturate nel periodo dal 1998 al 2002.

La posizione di Arnaldo Ferrandino, all’epoca dei fatti sindaco del comune termale, e a cui venne imputata una quota del 50% del danno complessivo, era già stata definita con un accordo ai sensi della legge 266/2005

“L’importo complessivo del danno cagionato, tenuto conto anche del parziale accoglimento della questione inerente la prescrizione, va tanto determinato l’importo di euro 149.150,90. Il giudice di primo grado, con valutazioni che non hanno formato oggetto di appello incidentale della Procura Regionale e che il collegio condivide, ha considerato, da un lato di dover valutare in via equitativa i vantaggi conseguiti dall’ente, correlate all’erogazione del servizio e comunque derivanti dalle condotte illecite, dall’altro di dover imputare i responsabili soltanto una parte del danno, in ragione dell’apporto casuale da essi fornito dalla sua produzione ed alla rilevanza di fattori esterni incidenti sulla fattispecie, ha pertanto proceduto ad una prima riduzione del trenta per cento, indi di un’ulteriore riduzione del venti per cento, quantificando l’importo in euro 82.524,50“.

Alla stregua del criterio di ripartizione seguito dalla sezione territoriale esclusa la quota imputabile al sindaco Arnaldo Ferrandino (cinquanta per cento) – la cui posizione è stata definita con un accordo ai sensi della legge 266/2005 – e quella (dodici per cento) astrattamente imputabile ai revisori dei conti, la quota del 35% del danno, tenuto conto della conseguente quota teorica ascrivibile al consigliere Paolo Rizzotto, non partecipante anche a questo giudizio, va imputata ai Responsabili Maurizio Pirulli, Alfredo Balestrieri, Francesco Barbieri, Francesco Arcamone, Antonio Castagna, Vincenzo e Arcamone e Giuseppe Mattera dovranno pagare euro 3610,45 ciascuno. Al funzionario del Comune Francesco Mazzella il danno risarcibile imputato è pari a euro 2475,73. I soggetti responsabili vanno condannati al risarcimento del danno in favore del comune di Casamicciola Terme nella misura corrispondente alla quota determinata oltre alla rivalutazione monetaria ed interessi legali della sentenza di primo grado. Le stesse vanno condannati al pagamento delle spese di giudizio.

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