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«Il decreto non cambia il destino delle case gravate dal terzo condono»

ISCHIA. La più recente bozza del cosiddetto Decreto Ischia è stata da più parti giudicata con sollievo rispetto alle precedenti versioni, in quanto il testo prende in considerazione anche le abitazioni danneggiate dal sisma e sottoposte a istanza di condono ai sensi della legge del 2003, quella tra l’altro più “problematica”. Al sollievo di alcuni si contrappongono le persistenti perplessità di altri, e tra questi c’è anche l’avvocato Michelangelo Morgera: secondo il penalista, non vi sarebbero significativi motivi per “esultare” di fronte a un testo che, tra l’altro, dovrà comunque affrontare il consueto iter legislativo. In particolare, è sull’applicabilità del cosiddetto “condono ter”, che l’avvocato Morgera getta acqua sul fuoco degli entusiasmi.

Visto il testo del Decreto Ischia, cosa cambia, in sostanza per gli immobili danneggiati dal sisma? Parliamo di quelli che sono gravati da istanza di sanatoria in relazione al cosiddetto “condono ter”.

«Ai sensi della legge 326/2003 tali domande di condono possono essere definite soltanto nell’ambito di applicazione previsto dalla stessa legge. Quindi non per tutte le tipologie di abusi, ma soltanto per quelle previste ai numeri 4,5 e 6, ovvero per gli abusi definiti “minori”. Invece per le tipologie indicate nei numeri 1,2 e 3 il condono non può essere rilasciato. La legge statuisce espressamente che il cosiddetto “condono ter” non è suscettibile di applicazione nelle zone dove vigono i vincoli di qualsiasi natura, da quello archeologico a quello paesaggistico. La giurisprudenza lo ha inteso sempre in questi termini, per cui non è mai stato possibile condonare abusi a Ischia con questa legge, salvo gli abusi appunto minori, tipo quelli di immobili rifiniti o ultimati abusivamente, quelli ristrutturati in modo tale che la costruzione non avesse più le caratteristiche originarie. Questi precetti normativi non sono stati minimamente scalfiti dal recentissimo decreto-Ischia: all’articolo 24 il provvedimento afferma che tutti i comuni colpiti dal sisma, Lacco Ameno, Casamicciola e Forio, devono definire le istanze di condono relative agli immobili danneggiati dal sisma presentate ai sensi della legge 47/1985, della 724/1994 e della 326/2003. Innanzitutto, definire le istanze non significa automaticamente rilasciare i titoli in sanatoria: potrebbero cioè anche essere respinte. Inoltre le istanze vanno definite nell’ambito di applicabilità della relativa legge di riferimento. E, mentre le prime due leggi fanno riferimento a qualsiasi tipologia di abuso, la legge del 2003 si riferisce esclusivamente a quelli minori».

Nel senso che in sostanza non è cambiato nulla?

«No, il decreto non ha cambiato il destino delle abitazioni gravate dal terzo condono e d’altronde non poteva farlo perché avrebbe creato disparità di trattamento, che ci sarebbe stata se esso avesse modificato l’ambito di applicabilità, ad esempio estendendolo a tutte le tipologie di abuso, ma solo per i comuni colpiti dal sisma e solo per gli immobili danneggiati. Ma in realtà il decreto si limita, come ho detto, ad affermare l’obbligo da parte dei Comuni di definire le domande di condono tempestivamente depositate a loro tempo in relazione alle leggi citate. In un passo si dice che “per la definizione delle istanze trovano applicazione le disposizioni cui ai capi 4 e 5 della legge 47/85”, ebbene l’articolo 32 della legge afferma che nelle zone sottoposte a vincolo è necessario che la pratica venga esaminata e che venga rilasciata l’autorizzazione in sanatoria dall’ente preposto alla tutela del vincolo, ovvero dalla Soprintendenza. E devono farlo nel giro di pochi mesi. In periodo il contributo resta sospeso. Non capisco come, da questo semplice e snello precetto normativo, si possa arrivare a  dire che si sia risolto il problema del “condono ter” per gli abusi principali (che sono la maggioranza).

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Quindi Lei non è d’accordo con chi valuta almeno in parte positivamente il provvedimento.

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«Assolutamente no. Anche il governatore regionale De Luca la pensa così. Fra l’altro egli ci aveva provato, mediante la legge regionale, di introdurre l’acquisizione al patrimonio comunale anche nelle zone sottoposte a vincolo di ogni tipo di immobile abusivo. Ma la Corte Costituzionale, come era prevedibile, ha bocciato tale misura, giudicandolo come un espediente per aggirare il problema degli abbattimenti. Comunque, il pericolo è anche nell’accelerare le definizioni delle istanze, che in gran parte potrebbero evidentemente essere rigettate. In tal caso, cadrebbe rapidamente anche l’ultimo fragile baluardo che separa tante abitazioni dall’abbattimento: la conclusione dell’esame sull’istanza di condono renderebbe non più procrastinabile l’esecuzione della temuta sanzione».

Francesco Ferrandino

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