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Cosa succede nel nostro Golfo?

Non vogliamo farci prendere dall’ansia, né tanto meno desideriamo trasmetterla ad altri. Abbiamo, in precedenti servizi, invocato l’uso della ragione e il ricorso alla scienza e non intendiamo, improvvisamente, iscriverci all’albo dei catastrofisti. Però è proprio la scienza che incomincia a trasmetterci messaggi sinistri. Ecco,in ordine, gli avvertimenti scientifici che qualcosa di grosso e imprevedibile si muove nel nostro golfo: dopo il terremoto, il vulcanologo Giuseppe De Natale ( che – nel frattempo – è stato anche intervistato dal Golfo) ha pubblicato sulla rivista Style Magazine un articolo dal titolo ” Sotto il vulcano”. Come si sa, esperimenti di tomografia sismica, effettuati negli ultimi decenni, hanno portato alla scoperta di una “ lente magmatica” di almeno 200 chilometri quadrati di superficie, localizzata tra gli otto e i dieci chilometri di profondità sotto l’intera area vulcanica. E’ la grande sorgente che alimenta l’attività vulcanica dell’intero territorio campano tra il Vesuvio, i Campi Flegrei e l’isola d’Ischia. Scrive De Natale: “ Contrariamente ad alcune ipotesi precedenti, abbiamo dimostrato, analizzando i gas prelevati nelle fumarole negli ultimi 40 anni, che episodi di intrusione di magma a basse profondità sono avvenute solo prima del 1984. Quel magma però si è solidificato tra il 2000 e il 2005, Ciò che osserviamo oggi è causato dall’arrivo di gas da magmi molto più profondi ( circa otto chilometri).

L’afflusso di tali gas in superficie sta progressivamente riscaldando le falde d’acqua sotterranea superficiali, producendo l’attuale lento sollevamento dell’area. Pronosticare l’evoluzione futura di questi fenomeni non è oggi possibile, perché la previsione dell’eruzione può essere fatta solo in maniera empirica e con breve preavviso, sulla base di dati come la sismicità, il sollevamento del suolo e le variazioni chimiche dei gas”. De Natale aggiunge che oggi c’è un modo di seguire meglio questi sviluppi, misurando accuratamente le proprietà e la temperatura delle rocce profonde, attraverso delle perforazioni. Da qualche giorno sono state anche resi noti i risultati di una ricerca scientifica di professori italiani dell’Università britannica di Aberdeen, assieme all’Università del Texas, all’ INGV ( Istituto Italiano di Geofisica e Vulcanologia) e all’Università Federico II di Napoli. Tali studi s’incrociano con quanto asserito da De Natale, precisando che la relativa quiete sismica dei Campi Flegrei sta a significare che i fluidi sono saliti, hanno trovato nuovi percorsi e hanno permeato più in superficie il sistema vulcanico, cosa che potrebbe riattivare il vulcano stesso. Ma anche a mare, nel Golfo, si stanno manifestando – da tempo – fenomeni strani che andrebbero monitorati. Certo, il riscaldamento del mare può avere origini diverse, più legate all’inquinamento dei gas serra e al cambiamento climatico globale ( GCC).

In tal senso sia la Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli che la Stazione di Ecologia del Benthos dell’Acquario d’Ischia, hanno fatto studi approfonditi. In particolare si è sostenuto, per Ischia, che le cosiddette “ onde di calore” ( heat waves estive) hanno provocato, nel 2002, fenomeni di mortalità di massa di alcune specie marine, come la Gorgonia Rossa ( Paramuricea Clavata) e questo – in particolare – nella Secca del Bell ‘Ommo di Ischia. Dopo le ondate di calore del 2002-2003, ce ne fu un’altra nel 2005 che provocò la necrotizzazione di specie diverse dalla Gorgonia Rossa e cioè dell’Eunicella, oltre che nella Secca del Bell’Ommo anche a Punta Solchiaro e alla Secca delle Formiche. Peggio è andata nel 2009, quando la forte temperatura dell’acqua ha decisamente intaccato le colonie del madreporario. C’è un preciso protocollo delle aree del mediterraneo, il cosiddetto progetto “ Medchange” che monitora la mortalità delle specie marine. Esistono anche altri monitoraggi nazionali ed internazionali, tra cui il progetto “ Tropical signals” a cui partecipa anche la locale Stazione di Ecologia del Benthos. Anche nel mare d’Ischia ci sono fenomeni di immigrazione di specie aliene di pesci, contemporaneamente alla rarefazione di specie autoctone. Compare, ad esempio nella Secca delle Formiche, il Pesce Pappagallo, di origine tropicale atlantica. Presto potrebbe infiltrarsi il Lion Fish ( Pesce Leone),dagli aculei velenosi. Dopo quella umana, siamo al cospetto di un’epocale migrazione di pesci alieni.

L’aumento termico che causa questi fenomeni, a detta della dottoressa Maria Cristina Gambi, del team di Ecologia del Benthos di Villa Dohrn “ è imputabile soprattutto al sempre maggiore uso di combustibili fossili e all’accumulo nell’atmosfera di CO2. Il gas si dissolve nell’acqua di mare per formare acido carbonico ( acidificazione dei mari) “. Attenzione, la ricercatrice dice anche che “ La presenza ad Ischia, per la sua natura vulcanica, di un sito di emissione spontanea di CO2 può fornire ai ricercatori uno scenario naturale dei probabili effetti dell’acidificazione oceanica su sistemi marini bentonici…Il vulcanismo dell’area è accompagnato inoltre da intensa attività idrotermale e da emissioni di gas in varie parti dell’isola. Alcuni campi fumarolici sono presenti anche attorno alle coste dell’isola e a bassa profondità… Il Castello Aragonese ( geosito marino individuato dalla Regione Campania) è un isolotto ( duomo vulcanico) le cui coste sono interessate da intense emissioni di gas dal fondale marino. Questo gas è, al 95% rappresentato da anidride carbonica. Il geosito ,oltre che essere naturale laboratorio di studio per gli effetti dell’acidificazione del mare, può anche essere oggetto di studio per gli effetti della risalita di gas magmatico-vulcanici? Può un monitoraggio rilevare i cosiddetti “ precursori” di eventi catastrofici come terremoti ed eruzioni? I ricercatori scientifici del mare, oltre che seguire le sorti di fauna e flora marina, possono integrarsi con gli studiosi di vulcanologia e sismologia?

L’isola del multi rischio ( multi hazard) – come sostiene lo scienziato Giuseppe Luongo – può avvalersi di un incrocio tra studi a terra e studi a mare? Oggi ci sono strumenti e tecniche sofisticate come piattaforme satellitari ed aeree in grado di rilevare dall’alto ciò che avviene a mare, come è avvenuto con la ricerca, durata due anni, portata avanti da Università Parthenope di Napoli ( prof. Massimiliano Lega) e Università Federico II di Napoli ( prof. Valeria Costantino), che ha consentito di rilevare, nelle acque del Golfo, la presenza di Alga Azzurra, dei cosiddetti “ cianobatterii” che hanno il pregio di presentare molecole da cui estrarre importanti antitumorali, ma anche il pericolo della produzione di sostanza velenosa. Perché non far dialogare tutte queste diverse forme di ricerca scientifica, per avere un quadro complessivo di quel che succede nel nostro golfo? Chiediamo scusa, in anticipo, per qualche ingenuità scientifica ( non essendo nostro mestiere) ma cerchiamo di mettere in uso la ragione che è l’unico antidoto contro due possibili pericoli contrapposti: da un lato l’ignoranza e la passività fatalista e dall’altro lato la supponenza dell’esperto monomarca che pensa di poter ignorare il contributo di altri esperti di settori paralleli comunque connessi e coinvolti. Abbiamo bisogno che la Scienza, man mano che si specializza e parcellizza, capisca di aver bisogno di interdisciplinarietà e di confronto.

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Franco Borgogna

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