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Di che vogliamo parlare?

 

di Graziano Petrucci

Premessa 1. Questa rubrica nasce libera. E continuerà a esserlo. Sempre. Lo dico a quanti, tanti o pochi non fa alcuna differenza, pensano che io sia eterodiretto (adesso ci sarà qualcuno che nella sua visione limitata delle cose o del mondo starà pensando al linguaggio che uso, talvolta complesso; oppure potrebbe immaginarsi di trovarsi di fronte a un qualche pettegolezzo tipicamente nostrano). Calma. “Eterodiretto” significa, secondo il vocabolario Treccani, «qualcuno diretto dall’esterno». Tuttavia mi piacerebbe avere pure suggerimenti dai lettori. Quei due o tre, o magari quattro o cinque, che si fermano a sorseggiare il “caffè”, ci sono e, perciò, sarei lusingato di (vostre) indicazioni su possibili temi da trattare. C’è chi continua a dirmi che non capisce ciò che scrivo ma forse se riuscisse a impegnarsi nella lettura, di qualche libro non per forza dei miei «ragionamenti filosofeggianti», potrebbe essere un grosso passo per l’umanità isolana. Per qualche altro, invece, sono banale. Be’ che fare se non imparare a esercitare la pazienza, in entrambi i casi. Premessa 2. Di che parlare oggi? Di temi ce ne sarebbero. Tanti. Per esempio del convegno sul turismo organizzato lo scorso sabato mattina a Ischia dal quale abbiamo capito che esiste – ancora! –un modo di vedere ristretto – o ridotto- tra certi imprenditori. Della possibilità d’incarico che Francesco Del Deo, il sindaco di Forio, guarda caso alla fine del suo mandato, sta pensando di attribuire a uno dei relatori per la qualità dell’esposizione e la preparazione. O del fatto che né Del Deo né i suoi colleghi sindaci hanno pensato finora, e forse neppure ci pensano, nell’ambito del proprio “governo”, di avviare politiche turistiche e di marketing con esperti allo scopo di rilanciare il compartimento e più in generale l’economia dell’isola. O, continuando, sapere che fine ha fatto – meglio: “come sono stati spesi”, per seguire l’assenza di una “linea politicamente corretta” – la somma di 150 mila euro stanziati per le feste di natale a Serrara Fontana o i 300 mila destinati all’Eremo di San Nicola o perché sono stati spesi 8 mila per la sbarra di Sant’Angelo; oppure della disintegrazione della Colombaia e la rispettiva Fondazione, a Forio. Tutti argomenti importanti, perlopiù tristi che una parte dei lettori potrebbe benissimo cestinare per la diffidenza che prova verso il dramma, disposta a lodare invece le buone novelle su come “torna la primavera e poi l’estate e arriveranno più turisti” oppure “l’esatta ubicazione a Ischia in cui programmare un viaggio, perché in quel posto, almeno una volta al mese, compaiono le escort”. Premessa 3. Facebook è considerato uno strumento e come tale si può usare in molti modi. Enzo Ferrandino, il sindaco di Ischia, la scorsa settimana è andato in diretta sul social network. C’era la possibilità di fargli qualche domanda e ne ho approfittato per lasciargli alcuni interrogativi, come hanno fatto altri. Gli ho chiesto di “Unione dei servizi” e “Costituzione di un regolamento unico per i taxi”. Tanto in relazione, tra le tante possibilità, all’ipotesi di trasformare il rifiuto in guadagno seguendo l’idea che in altri paesi è realtà da anni. Ad esempio un nuovo servizio di raccolta differenziata, che bisogna ripensare in chiave economica e funzione rinnovata, con sistemi di radio frequenza e legare la tariffa dimezzandola più della metà a quanto effettivamente si produce e se ogni singolo cittadino ne diventa responsabile. Quanto al servizio taxi e agli operatori di trasporto pubblico da piazza, non è accettabile continuare a lasciare problematiche insolute. La gravità di certe mancanze si è accentuata perché nessuno hai mai (più) pensato di innovare il settore. Questioni che riguardano molto da vicino i tassisti come l’orario di lavoro, i parcheggi, le tariffe la cui discussione deve scontrarsi con ostacoli connessi al passato, o a modelli superati attraverso cui svolgere il proprio lavoro, vanno risolte. Certo, conoscere l’inglese sarà anche importante, anzi di sicuro lo è, com’è fondamentale presentarsi al turista in modo professionale. Se però pensiamo di risolvere tutto ingenuamente e solo con i corsi di lingua straniera cui avviare gli operatori, in modo monco, parziale e senza una visione d’insieme, vi assicuro che non stiamo facendo il corso della storia. Anzi stiamo confermando che l’espressione diretta o indiretta di cricche e clientele continuerà a fare il proprio lavoro e che oltre al dialetto, magari, saprà fottere i turisti pure in russo o in inglese.

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