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Di nuovo libere, a Ischia dieci tartarughe caretta tornano in mare

Gianluca Castagna | Lacco Ameno – E’ uno tra i pochi rettili viventi nei nostri mari, la sola tartaruga a nidificare ancora sulle spiagge italiane. Una delle creature più antiche del pianeta, sopravvissuta perfino a dinosauri e glaciazioni, anche se è bastato poco più di un secolo per portarla a un passo dall’estinzione. Le “Carette Carette”, come vengono comunemente chiamate, sono state le protagoniste di una giornata davvero speciale ieri mattina a Lacco Ameno, nella baia di San Montano suggestiva anche con il cielo grigio, in occasione dell’evento “Un tuffo nel blu”.
Dieci esemplari di tartarughe marine sono state infatti liberate in mare dopo un lungo periodo di degenza presso il centro di recupero della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli. L’operazione di rilascio è diventata così l’occasione per conoscere qualcosa di più sulla storia naturale delle tartarughe caretta del Mediterraneo, sui loro straordinari adattamenti alla vita marina, sui molti misteri che ancora circondano la loro vita, su tutte le novità che riguardano la ricerca scientifica e la loro tutela.
Ma anche su quanto ognuno di noi, nel proprio piccolo, può fare per la sopravvivenza e la tutela loro e del mare in cui vivono, anch’esso a rischio.

Foto secondariaCaprella, Agatha Christie, Annunziata Stone, Gran Finale, Pietro, Eliseo, Arianna, Carla, Paolo e ADM: questi i nomi dei dieci esemplari che nei mesi passati sono stati portati in salvo, dopo varie vicissitudini, alla Stazione Zoologica Anton Dohrn dove hanno ricevuto le cure mediche necessarie. Ieri hanno finalmente ripreso la via del mare anche grazie al salvataggio avvenuto ad opera del personale dell’AMP Punta Campanella, da più di 10 anni impegnato per la tutela e il ritrovamento delle tartarughe marine. Due di questi esemplari sono stati equipaggiati di trasmittente GPS/GSM, strumento in grado di registrare dati rilevanti da un punto di vista scientifico e di monitorare le immersioni e la posizione degli animali una volta lasciati liberi in acqua. Le tartarughe sono state portate in spiaggia in delle grandi vasche, poi, ad una ad una sono state lasciate sulla battigia. La prima ha esitato un po’ prima di tuffarsi, le altre non hanno perso tempo. Il pubblico ha accompagnato con incitazioni e applausi l’ingresso in mare. Le dieci carette hanno dunque affrontato il mare della baia di San Montano sotto l’occhio vigile dei ricercatori, degli studenti delle scuole, dei numerosi curiosi presenti e degli uomini della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza. Un presidio importantissimo, quest’ultimo, per opporre un deciso contrasto alle svariate attività illecite che nello scenario marittimo campano vengono perpetrate a danno dell’ecosistema marino.
«Ci fa molto piacere – ha dichiarato il Maggiore Pier Paolo Atzori della Guardia di Finanza – partecipare ancora una volta alla liberazione di tartarughe marine. Abbiamo iniziato questo connubio con la Stazione A. Dohrn, inserito in un’attività di educazione dei ragazzi volta alla tutela dell’ambiente, e desideriamo continuare perché è uno degli obiettivi strategici affidati al corpo della Guardia di Finanza. Oggi esiste un rapporto di maggiore rispetto e collaborazione anche col mondo dei pescatori – ha aggiunto Atzori – hanno capito che noi siamo in mare anche per tutelare loro. Tutte le attività illecite che distorcono la concorrenza e mettono in serio pericolo l’ambiente marino, vanno a loro svantaggio. Un avvicinamento, ci tengo a dirlo, basato anche sulla professionalità degli interventi degli equipaggi militari in mare».
Foto sestaGrazie alla collaborazione del Parco Idrotermale “Negombo” che ha ospitato l’evento, più di cento giovanissimi studenti dell’Istituto Comprensivo “Vincenzo Mennella” di Lacco Ameno ed “H. Ibsen” di Casamicciola Terme hanno assistito con entusiasmo e partecipazione a una giornata di divulgazione scientifica e a un momento che ha finito per coinvolgere tanti cittadini e turisti accorsi sulla spiaggia di San Montano per vedere ritornare nel loro habitat naturale alcuni tra gli abitanti del mare più amati. Nell’arco della mattinata, i giovani alunni delle elementari hanno potuto apprendere, attraverso l’opera di insegnamento e di comunicazione portata avanti dai ricercatori della Stazione Zoologica, una parte dell’attività sempre più impegnativa che si svolge all’interno della struttura di ricerca.
Per l’occasione sono stati esposti e illustrati, anche attraverso la proiezione di filmati, i materiali più comuni che feriscono o ingeriscono le tartarughe. Ami, materiali in plastica, cicche di sigaretta, lenze e altri elementi, spesso fatali, che determinano gravi danni all’ambiente marino e alla vita dei suoi abitanti. Tutto a causa dell’incuria e del menefreghismo dell’uomo.
La baia di San Montano, a Lacco Ameno, non è stata una scelta a caso. «E’ allineata con le due testate del Canyon di Cuma – ci ha spiegato la dott.ssa Maria Cristina Gambi, Coordinatrice Laboratorio Ecologia Bentos nella sede di Ischia – quelle più vicine all’isola d’Ischia, che i pescatori chiamano “Calata Piccola” e Calata Grande”. E’ un’area speciale che non hanno tutte le aree marine protette. Qui vige il protocollo internazionale di protezione di cetacei. Quindi niente passaggio di grandi navi, moderata velocità di navigazione (sotto i 12 nodi), interdizione della pesca pelagica in modo da non prelevare risorse indispensabili per cetacei e tartarughe. Per la sua particolare conformazione, il canyon contribuisce a concentrare i sedimenti, incrementando la circolazione delle acque, favorendo la risalita dei nutrienti dal fondo grazie a correnti ascensionali e consolidando la catena alimentare al cui vertice si trovano i cetacei e le tartarughe. La spiaggia di San Montano rappresenta il punto di partenza ideale per raggiungere questo habitat: in un miglio e mezzo dalla costa questi esemplari che abbiamo appena liberato troveranno le condizioni idrografiche e probabilmente trofiche per poter continuare a vivere».
«E’ stata una bellissima iniziativa – ha commentato il sindaco di Lacco Ameno Giacomo Pascale, intervenuto alla mattinata – in una location dove è ben visibile il rapporto dell’uomo con il paesaggio e la natura. Voglio esprimere tutto il mio apprezzamento al Centro di Ricerca “Antohn Dohrn”, al magnifico lavoro che fanno e sono contento che ci sia una presenza così forte delle associazioni ambientaliste dell’isola e delle nostre scuole: un’emozione bellissima, perché legata al mare, quindi alla nostra storia, e perché lancia un messaggio positivo alle nuove generazioni promuovendo un approccio diverso con l’ambiente».
Foto settimaL’entusiasmo è notevole anche tra i tanti ricercatori che dedicano quotidianamente la loro vita al recupero e alla salvaguardia degli abitanti del mare. «Siamo entusiasti di condividere con gli abitanti di Ischia questo momento in cui restituiamo le tartarughe all’ecosistema marino – confessa Sandra Hochscheid, Responsabile Centro di recupero Tartarughe marine – così possiamo raccontare le storie di questi bellissimi rettili, riflettendo su ciò possiamo fare tutti noi per evitare che in futuro si possano trovare esemplari feriti e a rischio di sopravvivenza. Le tartarughe che liberiamo oggi hanno diverse età, peso e provenienza, ma si sono trovate tutte in pericolo di vita nei golfi di Napoli e di Salerno. Una storia che accomuna tanti esemplari: una caretta aveva ingoiato un amo da pesca che aveva attraversato tutto il tratto gastro-intestinale. Un amo con la lenza ancora attaccata. L’abbiamo operata, si è ripresa completamente e oggi la lasciamo libera di vivere nel suo mare. La situazione nel Mediterraneo – prosegue la ricercatrice – sta cominciando a migliorare ma non bisogna mai abbassare la guardia. Una tartaruga impiega molti anni per diventare matura e potersi riprodurre. Circa venticinque. E’ necessario pensare a come possiamo contribuire per arginarne la mortalità».
Ogni anno 133mila tartarughe marine della specie Caretta Caretta finiscono accidentalmente nella rete di pescatori o non sopravvivono all’inquinamento e alle insidie che il mare, ma soprattutto l’uomo, impongono a questi splendidi animali. Ma i numeri reali potrebbero essere perfino più alti di quelli stimati. Le proposte per arginare tali rischi vanno dal rafforzamento dei centri di recupero alla formazione dei pescatori e degli operatori dei centri; fino alla tutela delle aree di nidificazione, che devono essere protette dai fenomeni di erosione costiera; e alla pulizia meccanica degli arenili; passando per la promozione di un turismo attento e di una governance in armonia con una corretta gestione costiera.
(Photo: Enzo Rando)

 

 

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