CULTURA & SOCIETA'

Dieci anni fa la decisione degli eredi di Vincenzo Colucci di donare alla Chiesa del Soccorso un prezioso dipinto della Madonna Incoronata realizzato dal grande pittore ischitano negli anni ‘30

Straordinario evento di arte sacra nella Chiesa del Soccorso a Forio con un’opera di Vincenzo Colucci - Artefici dell’apprezzata i iniziativa furono nel 2015 gli eredi diretti del grande artista ischitano i compianti sorella dell’artista Anna Colucci e i nipoti Anna Maria e Sandro arch. Petti che vollero donare alla Chiesa del Soccorso in Forio un quadro ad olio su tavola (mt. 1,70x 1,30) del loro famoso parente che rappresentava la Vergine Maria sotto il titolo di Incoronata realizzto dal Colucci negli anni ’30. Il pittore isolano ha vissuto a Roma e nella sua Ischia, quando non era in giro per il mondo. Ebbe come maestro Giuseppe Casciaro. Iniziò ad esporre all’età di sedici anni. Il padre Giuseppe, sbarcato sull’isola per una gita, e affascinato da ciò che si presentò ai suoi occhi, decise di fermarsi, rinunciando al lavoro di scenografo al San Carlo di Napoli. Terzo di cinque figli, Vincenzo Colucci nella sua isola si mostra irrequieto, ribelle e insofferente a qualsiasi tipo di costrizione. I suoi unici momenti di tranquillità sono quelli in cui, da autodidatta, con gessetto o carboncino dà libero sfogo al suo estro fermandosi a dipingere fiori, velieri, pescatori ed altre scene di vita ischitana. Poi la lunga carriera e le importanti frequentazioni. Fu legionario di Gabriele d’Annunzio. Ischia dovrebbe dedicargli una strada

Sono trascorsi dieci anni da quando nel 2015 fu deciso di arricchire il patrimonio di arte sacra nella chiesa del Soccorso a Forio donando al secolare Tempio un quadro di assoluto pregio artistico su tavola di mt. 1,70×1,30 raffigurate la Madonna incoronata di Apricena in Puglia, dipinto negli anni ‘30 dal noto pittore ischitano Vincenzo Colucci. Gli eredi diretti dell’artista, la sorella Anna Colucci ed i nipoti Anna Maria e l’arch. Sandro Petti che lo avevano in custodia proprietà, l’hanno voluto regalare con la formula della donazione alla chiesa del Soccorso, ritenendo questa, la scelta, e soprattutto la sede più giusta per consegnare alla storia ed alle generazioni future, un capolavoro pittorico di intensa espressione religiosa, non frequente nel fantasioso repertorio del famoso artista isolano.

IL PITTORE ISCHITANO VINCENZO COLUCCI

La donazione del quadro alla chiesa del Soccorso fu decisa nel maggio del 2015 allorquando gli eredi dell’artista di cui sopra, a 46 anni dalla scomparsa del congiunto pittore, organizzarono a Roma nella storica e famosa via Margutta, una mostra antologica dal titolo “Vincenzo Colucci. 1898 – 1970” in omaggio alla memoria di un artista riconosciuto dalla critica nazionale ed internazionale personaggio ed artista dalla personalità tanto straordinaria ed eccezionale quanto affascinante, dotato di una educazione estetica unica, ma soprattutto “in possesso di una libera concezione degli schemi compositivi, quale può ritrovarsi soltanto in un pittore che ha della realtà un’idea poetica totalitaria”, come scrisse Carlo Carrà. Alla luce di questi pensieri, l’ opera oggi nella chiesa del Soccorso a Forio d’Ischia, per certi aspetti rispecchia l’animo del Colucci quando il pittore è in pace col suo stato emotivo e si rifugia nell’universo dello spirito dove attinge l’ispirazione della fede. Il soggetto religioso raffigurato nel quadro, sapientemente illustrato qui a fianco da Fra Gianni Califano francescano dell’Ordine dei Frati Minori originario di Ischia, ne è la prova e pone l’artista ischitano nella posizione di chi sta di fronte a chi ama il bello e da esso viene rapito. L’iter, il percorso del quadro sulla strada per Forio non è stato breve e semplice come si pensava. Dopo l’intervento di restauro e di sola pulizia estetica dell’esperto artista Antonio Cutaneo, il dipinto del Colucci ha superato vari “passaggi” prima di approdare al Soccorso: continui contatti telefonici con gli eredi donatori, comunicazione al Vescovo Lagnese, presa visione da parte del rettore della chiesa del Soccorso don Pasquale Mattera, verifica dell’opera di un esponente della Sovrintendenza di Napoli, sopraluogo dei sottoscritti e di Anna Maria Petti per individuare la parete giusta ove sistemare il quadro, i richiesti appuntamenti a Don Pasquale Mattera, la disponibilità di Antonio Cutaneo alla collocazione materiale del dipinto sulla parete stabilita e finalmente il prelevamento del quadro da casa Petti-Colucci in via Soglizzo a Ischia e conseguente trasporto dello stesso fino alla chiesa del Soccorso a Forio.

Ora si è ad un passo dalla scena madre, ossia il quadro che viene fatto entrare in chiesa e l’mmediata operazione di posizionamento sulla parete laterale ben visibile della cappella di Sant’Agostino alla destra dell’Altare Maggiore. Posizione assolutamente privilegiata se si considera che la bella opera di Vincenzo Colucci troneggia imperiosa accanto all’immagine imponente di un dottore della chiesa. L’emozione nostra, del restauratore Antonio Cutaneo, del gallerista foriano Giuseppe Del Monte e di altri amici presenti alla cerimonia, è stata tanta insieme alla gioia e l’orgoglio di sapere che da oggi anche l’arte religiosa di Vincenzo Colucci è annoverata fra le cose belle di valore che si possono ammirare nell’antica chiesa di Santa Maria del Soccorso a Forio d’Ischia. Il quadro fu ordinato al Colucci da una famiglia benestante pugliese che però mai ritirò, perché colpita da disavventure economiche. Vincenzo Colucci era un inguaribile innamorato della sua isola. Egli attraverso la sua inconfondibile pittura sapeva trasferire sulle tele l’incanto dei luoghi che più amava di Ischia come di Venezia, di Parigi, della stessa Roma e di altri paesi del mondo visitati. Poi straordinari interni, nature morte, rappresentate da frutta, pesci, oggetti vari tipo lumi, sedie, utenzili da cucina e attrezzi da giardino, barche e sopratutto fiori, di una vivezza e colori che esaltavano il loro fiorire al naturale e nella riproduzione pittorica. I fiori appassionavano particolarmente l’eccentrico Colucci e gli stimolavano l’estro verso una natura che gli infiammava i sentimenti. Prediligeva le calle o “donne in camicia” come vengono chiamate a Ischia, avvolte in un bianco candido che gli aprivano il cuore.

ANNA MARIA PETTI E L’ARCH. SANDRO PETTI NIPOTI ED EREDI DEL PITTORE V. COLUCCI

Vincenzo Colucci era nato a Ischia nel 1898 ed ha lasciato questo mondo il 2 ottobre del 1970. Ha vissuto a Roma e nella sua Ischia, quando non era in giro per il mondo. Ebbe come maestro Giuseppe Casciaro. Iniziò ad esporre all’età di sedici anni. Ha partecipato a numerose mostre nazionali ed internazionali come la Biennale Internazionale di Venezia nel 1926, la Quadriennale di Arte di Roma del 1931, la Mostra Mondiale di Parigi “Gran Prix” del 1937. Hanno scritto di Lui i più quotati critici d’Arte, Ha conseguito numerosissimi premi. Ha tenuto mostre personali in Europa, in Giappone, in India e nelle due Americhe. Quadri di Colucci si trovano in numerose raccolte pubbliche e private di ogni paese. E’ stato titolare per chiara fama alla R. Accademia di Palermo. Ha conosciuto e frequentato artisti famosi del suo tempo e uomini e donne di alto spessore culturale, soprattutto nei salotti letterari e mondani, facendosi apprezzare per il suo particolare stile di vita. Di tanti personaggi diventò amico ricercato. La sua pittura cresce e si sviluppa all’aria aperta come le piante, tra tristezza di nuvole e festosità di sole. Basterebbe questa sintesi per chiuderla qui su Colucci pittore e personaggio. Ma sarebbe estremamente riduttivo limitarsi a riassumere il suo lungo percorso di vita d’artista in poche tappe, sia pur miliari, di tutto il panorama esistenziale in cui il Colucci è stato eccentrico protagonista. Il padre Giuseppe, da Napoli ormai stabilitosi con La famiglia ad Ischia, decide di assecondarne l’inclinazione all’arte e gli regala, da artista anch’egli qual’era, un’attrezzatura completa da pittore. La gioia del giovane Vincenzo fu incontenibile alla vista della sua prima tavolozza, dei primi pennelli di varie dimensioni, dei suoi primi tubetti di colori, della sua prima spatola, della sua prima tela ed infine del suo primo cavalletto che seduta stante gli conferiva la bell’immagine di pittore vero.

Scatti di Giovan Giuseppe Lubrano Fotoreporter

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