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Diffamò un padre di famiglia, Gaetano Di Meglio condannato a 8 mesi di carcere e a pagare migliaia di euro di spese

ISCHIA. “Diffamazione a mezzo stampa con attribuzione di fatti determinati”. Con questa accusa va a sentenza, siamo ancora al primo grado di giudizio, una delle cause intentate contro Gaetano Di Meglio, giornalista pubblicista, proprietario del giornale locale di Barano, Il Dispari. La condanna, durissima anche per i giudizi poco lusinghieri sulla persona espressi in sentenza dal giudice monocratico Ernesto Anastasio, arriva esattamente sei anni dopo la pubblicazione sul giornale locale (l’11 ottobre del 2012) di articoli dal contenuto diffamatorio nei confronti di un uomo (Mario Avvenente) che viene reiteratamente messo in ridicolo davanti alla famiglia e alla sua comunità, tecnicamente e giuridicamente  “diffamato” dal Di Meglio che è il proprietario e dunque l’autonominatosi direttore editoriale de Il Dispari.

Il giudice ha condannato l’imputato Gaetano Di Meglio a 8 mesi di carcere (il pubblico ministero aveva chiesto solo 4 mesi di carcere ma il giudice ha raddoppiato la pena), 200 euro di multa, il pagamento delle spese processuali e  il risarcimento dei danni subiti dalla parte civile diffamata in separata sede. Le spese processuali che il Di Meglio deve pagare ammontano a 3960 euro. Per i risarcimenti in sede civile si vedrà, ora è più importante chiudere il primo grado, verificare se ci sarà appello da parte del legale di Di Meglio, la signora avvocato Maria Grazia Di Scala, e procedere eventualmente alla richiesta dei danni. Così come l’abbiamo presentato sembra uno dei tanti processi per diffamazione a mezzo stampa che ad un giornalista, sia esso anche uno dei tanti migliaia di pubblicisti, può capitare di affrontare. Alcune cose però risaltano subito agli occhi anche di un cronista poco avveduto nel leggere la sentenza di condanna di Di Meglio.

Prima osservazione: il giornale, ovvero  lo strumento con cui l’imputato ha diffamato il signor Mario Avvenente attribuendogli fatto determinati, si stampa in provincia di Napoli e si distribuisce a Ischia (tra Barano e Serrara soprattutto) ma il proprietario è stato processato e condannato in primo grado davanti al giudice monocratico della Seconda Sezione Penale di Santa Maria Capua Vetere. Perchè la giurisdizione su questo caso è arrivata nel Casertano? A questa domanda risponderà Mario Avvenente.

Seconda questione: sono passati sei anni (l’articolo diffamatorio è dei primi di ottobre del 2012) per una sentenza (di condanna o assoluzione non importa) che in questo caso stabilisce aldilà di ogni ragionevole dubbio che questo Di Meglio ha diffamato un cittadino (Mario Avvenente) e gli ha fatto a pezzi la reputazione scrivendo cose false ed usando un linguaggio diffamatorio (lo dice il giudice) circa la partecipazione di quest’uomo alle riprese di un film porno sull’isola d’Ischia. La sentenza di condanna del Di Meglio ha certamente un valore morale intrinseco per chi l’ha denunciato e trascinato davanti ad un giudice. Ma certo non restituisce a quest’uomo quella reputazione che gli fu infangata. Il processo e la condanna in primo grado è sì un esercizio di giustizia, ma anche una beffa per Mario Avvenente e un premio per chi l’ha diffamato. Questo processo, così come è nato, quando è nato e come si è svotlo, è un aborto. Perchè qualunque sentenza, sia essa di condanna o di assoluzione, sarà prescritta. Perchè non ci si può impiegare 6 anni precisi per accertare se un giornalista ha diffamato o meno una persona. Alla parte diffamata, ovvero al signore che ha fatto condannare Di Meglio, resta l’unica strada di andare avanti, vedere condannato il suo diffamatore anche solo allo scopo di poterlo poi portare davanti al giudice civile per il risarcimento dei danni cagionati. E questa sì, quando e se verrà sarà una condanna seria. Ma lo sarà se il diffamatore (a prescindere ora se questi si chiama Di Meglio o pinco pallo) ha qualcosa con cui pagare. Perchè il più delle volte i diffamatori sono personaggi che non hanno nulla, sono nullatenenti. Di questa sentenza di condanna in primo grado restano alcune espressioni che il giudice riserva a Gaetano Di Meglio che fanno più rumore della condanna stessa in primo grado. Ad Avvenente abbiamo chiesto se è soddisfatto della sentenza di condanna di Di Meglio. “Nessuno mi restituirà la reputazione che questo signore mi ha distrutto, nessuno ripulirà il fango che è stato riversato sulla mia famiglia” spiega Avvenente. “Vivo perché voglio giustizia in ogni sede. E la otterrò. Non mi arrenderò mai, voglio che si difendano e tutelino i miei diritti e quelli dei miei cari” dice. Ma perchè la querela è stata presentata a Santa Maria Capua Vetere? “Non le posso rispondere a questa domanda, sono questioni di avvocati. Lei però provi a chiederlo all’avvocato. Chieda quante querele si fermano nei cassetti di carabinieri, polizia, e non riescono ad arrivare ai magistrati”.

Francesco Di Meglio

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