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Furbetti del cartellino, pubblicate le delibere di sospensione dal servizio

PROCIDA. Mettiamola così, il Comune di Procida avrebbe potuto procedere prima alla pubblicazione, e lo ha fatto con colpevole ritardo. Ma sull’isola di Arturo si ritorna a parlare della vicenda legata ai furbetti del cartellino che mise nei guai alcuni dipendenti comunali e che adesso ha inevitabili ripercussioni. La giunta municipale guidata dal sindaco Dino Ambrosino, infatti, ha ottemperato alle disposizioni del Tribunale di Napoli che ha disposto la sospensione dal servizio e quindi dal lavoro per tre dipendenti pubblici che in questo arco di tempo si vedranno corrispondere soltanto la metà del proprio stipendio. Nel pomeriggio di ieri, invero, le delibere che comparivano sull’albo pretorio erano due (e per giunta datate settembre, insomma non proprio il massimo) ma secondo alcune indiscrezioni provenienti da ambienti bene informati i provvedimenti sarebbero tre. Il quarto, invero, mancherebbe all’appello soltanto perché nel frattempo ha maturato il diritto alla pensione e dunque la sospensione non avrebbe senso.

Era il mese di luglio quando vennero emesse quattro misure cautelari di sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio, per la durata di un anno, notificate ad altrettanti dipendenti del Comune di Procida in esecuzione di un’ordinanza emessa dal gip Tommaso Perrella della 39esima sezione gip del Tribunale di Napoli. I reati ipotizzati erano truffa aggravata ai danni dello Stato, abuso d’ufficio e false certificazioni e attestazioni. Nella circostanza risultavano indagati anche altri otto dipendenti comunali, tra i quali due dirigenti. Dalle indagini dei militari di Procida e del nucleo operativo di Ischia sarebbero emersi diversi episodi di assenteismo mediante attività tecniche (badge timbrato da altro dipendente) che consentivano allontanamenti arbitrari dal lavoro con conseguente falsa certificazione resa dai responsabili dei vari uffici. I carabinieri documentarono l’attività di indagine grazie a numerose telecamere mimetizzate nel palazzo comunale e con appostamenti e pedinamenti.

“Il fenomeno monitorato ha assunto i contorni dell’illecita ordinarietà, al punto da assurgere a stile di vita osservato indiscriminatamente da buona parte degli indagati in spregio ai doveri di fedeltà, imparzialità e buon andamento della res pubblica che dovrebbero invece orientarne le condotte”. Così, il gip Perrella definì la scorsa estate la truffa allo Stato scoperta. Per il giudice delle indagini preliminari l’assenteismo aveva assunto connotazioni “a dir poco inquietanti e surreali”. Durante le indagini, fu scritto all’epoca, “sono stati quotidianamente registrati allontanamenti ingiustificati da parte dei dipendenti, la cui assenza dal servizio è risultata essere dunque costante”. Tra questi emerse il comportamento di un vigile urbano, un 66enne, che timbrava il cartellino e poi tornava a casa e, solo al termine delle “ore di servizio” tornava al Municipio per timbrare il cartellino per la fine delle ore di “lavoro”. Oppure il caso di una 64enne, dipendente comunale che invece di trascorrere le ore di servizio in ufficio usciva dalla casa comunale per fare la spesa, acquistare dei fiori e finanche andare al cimitero per una visita a un defunto. O come faceva un altro dipendente, un 63enne, che timbrava il cartellino e andava in giro per l’isola, o una  62enne che, timbrato il cartellino, usciva per andare in chiesa o al centro estetico.

Gaetano Ferrandino

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