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Sequestri ai Maronti, la difesa chiede l’assoluzione

ISCHIA. Si è svolta ieri nel primo pomeriggio presso la sede del Tribunale di Ischia l’udienza del processo riguardante due stabilimenti balneari situati ai Maronti, che furono oggetto di sequestro da parte degli uomini della Guardia Costiera nel gennaio scorso. Si tratta di due strutture “storiche” e rinomate, quali il Lido Olmitello e il Bagno Muga. Queste altre attività vennero poste sotto sequestro a seguito delle  indagini, espletate dalla Guardia Costiera e coordinate dalla Quinta Sezione reati ambientali della Procura di Napoli su molte strutture balneari situate nella Baia dei Maronti: secondo gli inquirenti  tali  strutture si discostavano dai progetti originari che prevedevano la temporanea realizzazione di “bouvette” interamente smontabili, stagionali ed a carattere provvisorio. Secondo la Procura, invece, esse sarebbero realizzate con elementi di difficile rimozione, in assenza dei titoli previsti;  inoltre non venivano smontate al termine della stagione balneare e non presentavano più il carattere della provvisorietà, recando pregiudizio anche per la visuale panoramica della Baia. Venne infatti contestata anche la mancanza dei previsti nulla-osta della Sovrintendenza per i Beni Ambientali ed Architettonici della Campania e dei titoli necessari per il mantenimento delle opere anche nel periodo invernale, oltre all’occupazione abusiva ed arbitraria di aree appartenenti al demanio marittimo, in difformità rispetto a quanto riportato nelle planimetrie delle concessione demaniali marittime rilasciate dal Comune di Barano d’Ischia.

LE ACCUSE. Le accuse della Procura si concretizzarono nella citazione a giudizio per i titolari delle due strutture, in entrambi i casi imputati del reato previsto dall’articolo 1161 del Codice della Navigazione. In particolare, il signor Francesco Paolo Di Costanzo, titolare del ristorante e stabilimento balneare Olmitello, munito di concessione demaniale marittima n. 175/1998 poi prorogata dal Comune di Barano nel 2016, è accusato di “aver arbitrariamente occupato un’area del demanio marittimo realizzando una struttura di complessivi mq 70, saldamente ancorata all’arenile a mezzo travi in ferro, munita di cablaggi esterni di alimentazione elettrica con annessi condizionatori d’aria, canne fumarie provenienti dalla cucina, nonché omettendo di rimuoverla al termine della stagione balneare e lasciandola in loco anche durante la stagione invernale, essendo in realtà destinatario esclusivamente di una concessione a carattere provvisorio e relativa a una struttura da smontare nel periodo invernale”.

Di poco differente l’imputazione del signor Sergio Grimaldi, titolare dello stabilimento balneare Muga, la cui concessione demaniale marittima n.221/1998 fu prorogata dal da comune nel 2015: “per aver arbitrariamente occupato un’area del demanio marittimo realizzando una struttura di complessivi mq 74,10 (rispetto agli autorizzati mq 60 di cui alla concessione), saldamente ancorata all’arenile a mezzo plinti in ferro (riempiti con materiale lapideo e catrame), munita di linee di adduzione idrica, cablaggi di alimentazione elettrica” e anche in questo caso, secondo l’accusa, “omettendo di rimuoverla al termine della stagione balneare e lasciandola in loco anche durante la stagione invernale, essendo in realtà destinatario esclusivamente di una concessione a carattere provvisorio e relativa a una struttura da smontare nel periodo invernale”.

IL TESTE. I due imprenditori, rappresentati e difesi dall’avvocato Lorenzo Bruno Molinaro, hanno scelto il giudizio abbreviato, istanza subito accolta dal giudice Capuano. I due processi, pur formalmente separati, sono stati trattati comunque entrambi nella stessa udienza, a partire dallo relativo al lido Olmitello.  Di conseguenza, ieri pomeriggio è stato ascoltato il tecnico Salvatore Di Costanzo, in forza presso l’Ufficio tecnico del Comune di Barano. L’avvocato Molinaro ha rivolto al teste essenzialmente tre interrogativi, chiedendo dapprima se le opere contestate sotto il profilo dell’abusiva occupazione demaniale ricadono sotto l’originale concessione, poi se sia smontabile la struttura contestata, e infine se il Comune abbia approvato il  Piano di Utilizzazione Aree Demaniali marittime (Puad) che permette di mantenere le strutture per tutto l’anno, senza smontaggi stagionali. Il signor Salvatore Di Costanzo ha risposto che le opere  ricadevano nella originale concessione, e che erano smontabili seppur di non facile smontaggio. In relazione all’ultimo quesito, l’addetto all’Utc ha dichiarato di sapere dell’esistenza del Piano, ma di non avere competenze e mansioni specifiche in materia demaniale. Poche invece le richieste di precisazioni da parte del pubblico ministero, che ha domandato delucidazioni in merito alle modalità di ancoraggio della struttura all’arenile. Il teste ha spiegato fra l’altro che nel 2000 con una Dia venne effettuata la riparazione del ristorante dopo i danneggiamenti della mareggiata del dicembre ’99.
IL PM. È poi toccato al pubblico ministero formulare le conclusioni. Secondo il dottor Visone, il signor Francesco Paolo Di Costanzo era sì titolare di una concessione, ma per strutture leggere, facilmente smontabili, mentre la polizia giudiziaria verificò che le strutture erano lì da decenni, come testimonierebbe fra l’altro l’ossidazione del piano di calpestio. Proprio la Dia con cui si chiedeva di poter riparare la struttura per la mareggiata del ‘99, sarebbe una ulteriore testimonianza che le strutture erano rimaste lì anche durante  inverno. Secondo il p.m. dunque le strutture non potevano essere là di inverno, ma nemmeno d’estate, perché esse erano in totale distonia col titolo concessorio ( perché avrebbero dovuto  essere leggere e facilmente smontabili). Il dottor Visone ha infine chiesto il riconoscimento della penale responsabilità e la condanna a una pena di due mesi di reclusione.

L’ARRINGA. La gran parte dell’udienza pomeridiana è stata occupata dalla lunga, articolata e appassionata arringa finale dell’avvocato Molinaro: l’intervento ha cercato innanzitutto di evidenziare come tutte le opere fossero frutto di una unica concessione, un unico disciplinare. Inoltre, il Tribunale del Riesame bocciò il decreto di sequestro preventivo per molti degli stabilimenti, stabilendo la liceità della permanenza delle strutture senza limiti di stagione.

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Il cuore della contestazione è l’occupazione abusiva, ma le opere ricadono nella stessa concessione. Quindi, secondo la difesa, in questo caso si applica l’articolo 1164 del codice di navigazione, non il 1161. Quindi una sanzione amministrativa, che esula da conseguenze di carattere penale.
Poi si è toccato il punto focale della questione: l’avvocato Molinaro ha richiamato un importante precedente giurisprudenziale secondo cui le strutture potevano rimanere non solo fino alla fine della stagione balneare, ma fino alla fine del periodo di concessione.

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Secondo il penalista, in relazione alla “temporaneità” (carattere di provvisorietà legato ad una limitata durata nel tempo) e alla “stagionalità” (carattere di provvisorietà legato ad una durata stagionale), occorre comprendere che si tratta di due concetti assolutamente diversi. E qui l’avvocato ha calato l’asso: le strutture si intendono “temporanee”, perché esse devono poter essere smontate tre mesi prima del termine del periodo previsto dalla concessione (nel 2020, per effetto della direttiva Bolkestein), senza alcun riferimento al termine delle singole stagioni balneari. Secondo Molinaro questo requisito è soddisfatto dalle strutture contestate: una circolare ministeriale spiega infatti il significato della “facilità di smontaggio” delle opere. In sintesi, quelle definite di difficile rimozione sono sostanzialmente quelle in muratura. E non è certo questo il caso dell’Olmitello o del Muga, infatti anche il tecnico Di Costanzo ha spiegato che si tratta di strutture comunque amovibili.

Altra importante normativa richiamata dall’avvocato dei due imprenditori è la Legge regionale 10\2012, secondo cui ai detentori di concessioni demaniale marittime è consentito l’uso di stabilimenti balneari per “l’intero anno solare”. Di più: secondo la successiva legge n.16/2014  è consentito a tutti gli stabilimenti il mantenimento delle strutture amovibili senza la preventiva istanza all’amministrazione  cui si riferiva la legge 10 del 2012. La difesa ha anche prodotto in giudizio il  Piano di Utilizzazione Aree Demaniali marittime che all’articolo 19  prevede che l’obbligo di smontaggio non sussiste alla fine della stagione. L’avvocato Molinaro ha anche ricordato al giudice che in concreto, se davvero si dovesse procedere a montare e smontare le strutture ogni anno, l’azienda subirebbe una perdita secca di varie decine di migliaia di euro, che renderebbero antieconomica l’intera attività annuale.

Il penalista ha infine chiesto la completa assoluzione per Di Costanzo, per insussistenza del fatto, oltre al dissequestro della struttura. Ogni altro esito, ha detto l’avvocato, avrebbe effetti devastanti sull’attività dell’imprenditore.

La discussione per il caso del Muga è stata più breve. Il Pubblico Ministero ha dichiarato che, oltre alle stesse contestazioni già sollevate per l’Olmitello, nel caso del Muga vi è da considerare anche uno sconfinamento di 14 metri quadri rispetto alla concessione. E anche stavolta ha chiesto due mesi di condanna.
L’avvocato  Molinaro ha immediatamente smentito la ricostruzione dell’accusa, in quanto sarebbero state rilevate soltanto piccole difformità. Ma soprattutto,  non ci sarebbe nessuna difformità rispetto al perimetro della concessione demaniale. Circostanze che secondo il difensore di fiducia di Sergio Grimaldi non possono indurre ad altra conclusione che non sia la piena assoluzione e il dissequestro del bene. Il giudice Capuano ha fissato un brevissimo rinvio, all’udienza del prossimo primo giugno, per emettere il suo verdetto.

Francesco Ferrandino

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