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Divini e sapori

di Malinda Sassu       

Foto di Simone De Sanctis

“Ho fotografato invece di parlare. Ho fotografato per non dimenticare. Per non smettere di guardare” diceva Daniel Pessac, nel suo romanzo Il Paradiso degli Orchi. Perché è così la fotografia, l’immagine di un’idea. Che sia un tramonto o un soggetto o un piatto gourmet, si sa che anche l’occhio vuole la sua parte. E se pensate che basti un cellulare per uno “scatto di gusto” non è così. C’è uno studio ben preciso dietro ogni “food pic”: tecniche e trucchi ma anche tante ore di lavoro e di prove, di scatti andati a vuoto, corsi e aggiornamenti continui. Immortalare le pietanze di un grande chef è come donare la giusta cornice ad un’opera d’arte, trasmetterne la raffinatezza e la cura dei dettagli, il suo “messaggio personale”. Una storia che vuole essere letta e studiata, preparata e fotografata per capire (e far capire) quello che per lo chef non è un semplice piatto ma ciò che lui, per primo, ha capito con la sua testa e con la sua anima. I fotografi sono un po’ così, artisti e sognatori, hanno capito che anche il cibo può sfilare in passerella, mostrare il bello di sé attraverso il suo lato buono. Lo girano e lo preparano, scegliendo l’abito perfetto, proprio come si fa per una modella. Che sia una forchetta vintage o un semplice tovagliolo, ogni occasione è buona per solleticare gli occhi …e il palato! Un nuovo mestiere, una figura che viene spesso impiegata nei diversi ambiti, dalla promozione di un locale ai libri di cucina, dalle riviste di cibo ai blog più trendy del momento che parlano di food, ovviamente. E nell’Isola, il “bello del gusto” ha un nome, quello di Simone De Sanctis, le cui foto sono un equilibrio di sensi, a metà tra estetismo e sollecitazione del gusto, un po’ fotografo e un po’ reporter del cibo. “I miei scatti più belli? Li ho fatti quando avevo fame” racconta, insieme ai ricordi di una passione nata grazie al padre, tra luci rosse e camere oscure nel bagno di casa, fotografie appese ad un filo e un pallino, la cucina. Un’amabile chiacchierata, quella con Simone, di food photography e di altre storie, di quando l’inverno studiava e passava l’estate a guadagnare come barcaiolo a remi a Ischia Ponte, il cameriere e tanto altro ancora. Ha avuto un winebar e nel 2006 è stato campione nazionale di bartending freestyle Aibes nella sua categoria; ha lavorato per Bacardi, Pampero e Gancia e nel 2010 inizia come assistente per un fotografo ischitano, per poi passare nel food con un grande artista delle immagini come Michele Cozzolino. E da 2 anni l’attività lo vede in proprio con successi sempre crescenti, con un suo preciso stile e una propria attività: “mi rifaccio alle opere di grandi fotografi internazionali come Francesco Tonelli, cercando ovviamente di personalizzare il mio stile, e agli scatti golosi dell’arte di Penny de Los Santos”. Food photographer sì, ma non solo, in realtà Simone è il fotografo che ama anche cucinare, per sé e per gli amici. Due passioni che si incontrano e si condividono in casa come nel suo lavoro. In realtà, il suo avvicinamento alla fotografia del cibo non è avvenuto per caso, quella “vocazione per il cibo” nasce dal suo amore per la cucina della nonna, per il cibo come un’opera d’arte. Ma come si approda alla food photography? Quali sono le tecniche e i consigli per intraprendere una professione remunerativa e di gran voga? Prima di tutto buttare via lo smartphone e iniziare a studiare…..

La storia di un piatto o di uno chef, la succulenza di una pizza o di un panino creato a regola d’arte. Come si raccontano le eccellenze gastronomiche attraverso l’obiettivo?

«Un piatto ti deve far venir fame. Se quel cibo ti fa venire l’acquolina in bocca, allora lo fotografi con maggior passione. Una mia tecnica è postare le mie foto sui social all’ora di pranzo o di cena, magari anche augurando buon appetito, proprio per vedere la reazione di chi guarda le mie fotografie. Beh, funziona! Non è poi questa la mission di un food photographer?»

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Nella tua esperienza, c’è un cibo, un ingrediente o un piatto che in foto rende più degli altri?

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«La pasta, assolutamente. È quella che fa sempre la sua figura, ti stuzzica e ti solletica, la pizza lascia poco spazio alla creatività di un fotografo, invece, è già tutta “apparecchiata”»

A te invece cosa piace fotografare?

«Io vado a periodi. Magari adesso ti rispondo che mi piacciono i primi e poi magari mi innamoro di pane e pomodoro. Il bello di questo lavoro è perché è vario, conosci gente, hai a che fare con chef che ti trasmettono la cultura del cibo. Non è solo mangiare quel piatto con gli occhi, è conoscerne il suo background»

A proposito di gente e personaggi del cibo, è meglio fotografare lo chef o il suo piatto? Meglio lo shooting nei ristoranti o in studio?

«Io parto sempre dal piatto per poi arrivare allo chef e poi….poi dipende dall’occasione. Molto spesso è meglio in loco perché lo chef dà il meglio di sé nel suo ambiente e io posso raccontare meglio i suoi lavori. Se invece si parla di piatti composti, come la rosticceria o la pasticceria preferisco raccontare l’immagine nel mio studio»

Da food photographer professionista, cosa pensi della moda dilagante del foodporn sui social?

«Molti colleghi si lamentano dei fotografi amatoriali, io invece dico che è importante fare la differenza, rispetto alla fotografia fatta col cellulare e scattata da chi è seduto al tavolino. Se tu cerchi di cavalcare l’onda e di fare sempre meglio, di certo non avrai paura di nulla. Al contrario, è grazie ai social che il lavoro di un food fotographer è molto richiesto. La differenza tra una foto “buona” ed una foto “bella” come mi diceva un grande maestro, è che la foto “buona” è quella che funziona sempre»

Qual è la tecnica che c’è dietro le fotografie di food? Esiste uno stile puramente italiano, nonostante i grandi maestri del campo siano tutti stranieri?

«C’è molta, molta tecnica, devi conoscere molto bene la luce e le ombre. Ci sono corsi appositi per arrivare a questo. Lo stile italiano, poi, lo fa la stessa cucina italiana: i nostri piatti sono più di appetito, senza dubbio»

Quali consigli puoi dare a chi vuole avvicinarsi al mondo del food photography e, perché no, iniziare un nuovo mestiere?

«Passione prima di tutto e poi studiare, fare corsi, specializzarsi, investire economicamente in attrezzature. Passare giornate intere con lo chef per conoscerlo meglio, nel suo ambiente. Non improvvisarsi mai. Mai millantare conoscenze o tecniche se non ce l’hai perché alla fine è il tuo lavoro che parla e la gente lo vede e lo giudica, vede la differenza. Io per esempio, ho montato una cucina nel mio studio dove preparo e poi fotografo i miei piatti, per evocare ricordi e sapori, come il piatto della nonna.  E poi sì, si guadagna se sei bravo»

Per finire, il “parere dell’esperto”: due consigli per un FoodPorn strabiliante?

«Fotografare perpendicolare al piatto o anche usare la luce fioca di una candela. Due tecniche che funzionano sempre»

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