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Droga, divieto di dimora per il 24enne Adrian Najda

di Francesco Castaldi

ISCHIA – Potrà tornare a vivere e a lavorare a Londra Adrian Robert Najda, il 24enne che secondo la Procura di Napoli avrebbe smerciato droga sul territorio isolano per conto di Ruben Barbato, che attualmente si trova relegato presso il carcere di Poggioreale. Lo ha stabilito qualche giorno fa il Gip del Tribunale di Napoli, la dottoressa Pepe, che ha accolto l’istanza presentata dal difensore del ragazzo, l’avvocato Michelangelo Morgera.

Il Gip ha dunque sostituito la misura degli arresti domiciliari con quella meno afflittiva del divieto di dimora sull’isola d’Ischia, disposizione che consentirà al giovane di tornare in Inghilterra. Come di certo ricorderanno i nostri lettori, il Tribunale di Napoli aveva notificato al Najda e ad altre sedici persone (tra cui il Barbato) un’ordinanza di custodia cautelare, nella quale la Procura gli contesta il reato di detenzione di sostanze stupefacenti a fini di spaccio. Il ragazzo, che vive nella capitale del Regno Unito dove lavora come commesso, al momento della notifica dell’atto (emesso a febbraio) non era in Italia.

La complessa operazione portata avanti in questi mesi dalla Procura della Repubblica di Napoli ha consentito di scoprire l’esistenza di un vera e propria associazione criminale dedita al traffico illecito di sostanze stupefacenti gestita da Ruben Barbato, che con la compiacenza del Najda e degli uomini del boss Antonio Ferrante si recava periodicamente in terraferma per acquistare le sostanze stupefacenti (in prevalenza cocaina, hashish e marijuana). La droga, secondo le ricostruzioni dei magistrati, una volta giunta sull’isola veniva poi ceduta a terzi anche tramite il Najda.

Dall’ordinanza di custodia cautelare emessa dalla Procura di Napoli si apprende che l’associazione facente capo a Ruben Barbato aveva tutti gli elementi costitutivi di un’associazione criminosa, «[…] i cui componenti sono consapevoli di essere aggregati per il compimento di una serie indeterminata di reati in materia di stupefacenti, già dalle prime intercettazioni emerge che gli indagati si muovono con la consapevolezza di essere un aggregato di uomini e mezzi». I magistrati sottolineano poi che «il gruppo è organizzato tramite attività personali e disponibilità economiche per lo svolgimento delle illecite attività in attuazione del programma criminoso», e che «[…] ciascuno dei componenti ha fornito un contributo apprezzabile e non episodico per il conseguimento del programma criminoso».

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Inoltre, sempre nell’ordinanza si legge che il contenuto delle intercettazioni sarebbe riconducibile senza alcun dubbio agli indagati, e questo in ragione di tutti gli accertamenti svolti dalla polizia. «Nel corso delle conversazioni intercettate gli indagati, invero, hanno il più delle volte fatto ricorso all’uso di termini e frasi convenzionali con l’intento di dissimulare l’oggetto delle loro conversazioni […]. Ci sono intercettazioni chiarissime, ad esempio quella tra Ruben Barbato ed Adrian Najda, col primo che riceve una telefonata dal secondo ed in ambientale si sente quest’ultimo parlare chiaramente di “panetti” (hashish) con altro uomo ed una donna; nella circostanza il Barbato non risponde alla chiamata».

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