Droga e furti, ecco i motivi delle condanne
Pubblicate le motivazioni del verdetto per il residuo ramo processuale sul traffico di sostanze stupefacenti tra Ischia, Napoli e la Spagna. Il Tribunale inflisse pene più dure di quelle invocate dal pubblico ministero: otto anni per Pesce, e tre anni per la Siconolfi
Due mesi fa arrivarono le condanne per gli ultimi due imputati nel processo scaturito dall’inchiesta sul traffico di droga che si sviluppava tra Napoli e la Spagna, e che coinvolgeva anche l’isola d’Ischia. Le pene superarono anche le richieste dell’accusa, in quanto il pubblico ministero aveva chiesto una condanna di quattro anni per Pietro Pesce, e due anni e sei mesi di reclusione per Pasqualina Siconolfi, mentre il collegio c della prima sezione penale del Tribunale di Napoli andò ben oltre, condannando Pesce a otto anni e la Siconolfi a tre anni. Il processo era l’atto finale di una vicenda ancor più ampia in cui risultarono imputati numerosi personaggi, ben diciotto, molti dei quali noti alle forze dell’ordine dell’isola, su tutti Ruben Barbato oltre che Salvatore Migliaccio. Quasi tutti scelsero il rito abbreviato, ma questo non impedì al Tribunale di comminare pene pesanti, come quella inflitta allo stesso Barbato, condannato a oltre nove anni di carcere. Pesce e Siconolfi, invece, scelsero il rito ordinario.
LA RETE DEL NARCOTRAFFICO
Il Tribunale ha reso note le motivazioni della sentenza che mise la parola fine a un processo che in parte scaturì da fatti che coinvolgevano l’isola d’Ischia. Come si ricorderà, la pubblica accusa sosteneva che a Casamicciola furono compiuti alcuni furti per ricavare denaro da destinare all’associazione che gestiva il traffico di droga ad Ischia, a seguito della perdita di un’ingente partita di stupefacente in viaggio da Napoli per l’isola, curata da Ruben Barbato con il concorso della Siconolfi. A quest’ultima, infatti, furono contestati anche due episodi di trasporto di hashish da Napoli, di cui uno, appunto, non andato a buon fine per la presenza degli agenti di polizia giudiziaria sul porto di Pozzuoli. Il traffico di stupefacenti, come appurato dalle indagini, si estendeva fino alla penisola iberica, tramite le illecite attività di due distinte associazioni a delinquere dedite appunto al traffico di tali sostanze: la prima riconducibile alla famiglia Nettuno di Marano, già oggetto di indagini poi confluite in vari procedimenti penali, alcuni dei quali conclusisi con sentenze di condanna. La seconda associazione sarebbe invece stata composta dai vari Ruben Barbato, Giuseppe Formigli, Vincenzo Raiano, Valeria Molea e Pietro Pesce: gruppo attivo soprattutto sull’isola d’Ischia e con base operativa al quartiere del Vomero a Napoli.
LE MOTIVAZIONI
La sentenza ripercorre inizialmente il lungo cammino dell’istruttoria dibattimentale, durata esattamente due anni, che – come si legge nelle motivazioni – «ha consentito di pervenire ad una sentenza di condanna per i reati contestati ai due imputati essendo pienamente raggiunta la prova in ordine alla partecipazione di Pesce Pietro all’associazione finalizzata alla commissione di più delitti di spaccio e alle condotte di cui all art 73 Dpr n. 309/1990 nonché in ordine al trasporto di sostanza stupefacente ad opera di Siconolfi Pasqualina per quanto concerne i fatti di cui ai capi Z e Zl e ai furti dalla donna compiuti presso la chiesa S Antonio di Padova e l’Istituto Comprensivo Statale Enrico Ibsen a Casamicciola Terme». Il collegio presieduto dalla dottoressa Corleto nel processo in esame si focalizzò sul transito di droga nella nostra isola, « posto che dopo che la droga veniva acquistata dal gruppo vomerese essa in diverse occasioni veniva recapitata nell’isola per una sua successiva rivendita e distribuzione tramite principalmente le figure di Molea Valeria Nilde Lucia compagna di Formigli Giuseppe che si moveva da Napoli dopo avere ricevuto materialmente la droga che poi consegnava una volta sbarcata ad Ischia nelle mani di Pesce Pietro e di Siconolfi Pasqualina corriere di droga in due occasioni oltre che responsabile di due furti resisi necessari per compensare le perdite dovute al cattivo esito di uno dei trasporti di stupefacente non era inusuale ed anzi rappresentava un modus operandi dell’organizzazione il trasporto sull’isola di sostanza stupefacente con il coinvolgimento diretto di donne talvolta in trasferta con i propri figli piccoli per simulare un viaggio ordinario di natura familiare e destare cosi meno sospetti».
IL RUOLO DI PESCE
Dapprima vengono indicati gli elementi da cui emerge la sussistenza di un’organizzazione capillare che possiede i caratteri dell’associazione nell’ambito della quale ci si sofferma «sull’organico inserimento» dell’imputato Pesce. «La rappresentazione dei caratteri dell’associazione costituita da plurime persone per il traffico di droga consentirà quindi di tratteggiare con precisione il ruolo avuto dall’imputato nonché di comprendere il contesto nel quale si muove la Siconolfi pur estranea alla trama associativa». La tesi accusatoria volta a sostenere l’inserimento di Pesce Pietro all’interno dell’organizzazione con ruolo di semplice partecipe deriva essenzialmente dall’attività di intercettazione svolta dagli inquirenti che in una sua valutazione complessiva e sintetica delinea un “quadro cristallino” di relazioni radicate tra plurimi soggetti dediti con stabilità al narcotraffico con particolare riferimento all’acquisto a Napoli di importanti quantità di stupefacente da far transitare poi nell’isola di Ischia per il successivo rifornimento a spacciatori della zona.
Dall’analisi delle conversazioni trascritte e riferite in dibattimento dal Maresciallo Argentieri, scrivono i magistrati, «è possibile focalizzare l attenzione innanzitutto sui tre episodi di trasporto di droga in cui è coinvolto l’imputato Pesce Pietro e che portano alla luce tanto la collaborazione associativa nel primo mese che interessa questo processo tra maggio e giugno 2014 quanto il coinvolgimento di Pesce nei reati fine a lui contestati». Da un incrocio di telefonate si evince con chiarezza che Pesce Formigli Baldetti e Molea si organizzarono il 26 e il 27 maggio 2014 perché Baldetti andasse da Formigli suo cugino a portare qualcosa, che si mostrerà essere sostanza stupefacente, in modo che Molea partendo da Napoli prendesse in consegna la sostanza e la portasse sull’isola presso l’abitazione di Pesce. Le intercettazioni sono infatti il pilastro principale su cui si poggia l’indagine e la ricostruzione accusatoria, nonostante gli stratagemmi e il linguaggio spesso criptico utilizzato dagli imputati per architettare i viaggi attraverso cui far arrivare la droga sull’isola d’Ischia (al telefono si parlava di “patate novelle” o “criaturo” per indicare lo stupefacente, oppure di “andare a Ischia per fare un bagno in topless”, a segnalare il luogo dove si sarebbero verificati gli incontri). «È chiaro pertanto – si legge nelle motivazioni – che Pesce Pietro era organicamente inserito nel sistema organizzato dello spaccio posto che emerge che era ben consapevole della venuta della Molea da lui attesa evidentemente sulla base di accordi pregressi essendo inverosimile che la sostanza stupefacente fosse destinata ad entrare nella sua abitazione senza che lui lo sapesse In particolare egli era parte attiva della trama organizzativa perché oltre ad accogliere la Molea presso la sua casa si teneva in contatto con Formigli che era stato uno dei promotori del trasporto e che immediatamente dopo l arrivo della compagna presso l abitazione di Pesce veniva a conoscenza del contenuto della busta e faceva subito presente al Baldetti che l’esecuzione dell’incarico non era completamente conforme alle pattuizioni pregresse». Le operazioni di intercettazioni, pedinamenti permisero di ricostruire varie cessioni di droga in tempi ravvicinati, evidenziando «il meccanismo sistematico e radicato su cui si fondava l approvvigionamento di stupefacente ad Ischia e il continuo coinvolgimento di Pesce ogniqualvolta il traffico era organizzato», e che «si può escludere con nettezza che la droga pervenisse a Pesce per soddisfare suoi bisogni di consumo personale». Innanzitutto l’indicazione esplicita del quantitativo trasportato nelle conversazioni nelle quali si parla di 2 kg di “patate novelle” e di un unico “criaturo” pervenuto a destinazione lascia emergere che ragionevolmente si dovesse consegnare un quantitativo di 2 kg didroga di cui solo la metà giunta a destinazione quantità certo incompatibile con un uso personale , così come in un altro episodio che in modo altrettanto netto aveva ad oggetto la consegna di ben 40 dosi di eroina come attestato nel verbale di arresto e di esame qualitativo della sostanza sequestrata. Ciò che però più di ogni altra argomentazione delinea il ruolo di Pesce come colui che partecipava in maniera stabile e continuativa all acquisto di droga per rivenderla o distribuirla sull’isola è costituito dall’organizzazione di ogni dettaglio dei viaggi verso Ischia dalla frequenza degli stessi dall’elevato numero di soggetti coinvolti e di conversazioni incrociate effettuate prima di ogni trasporto dalla divisione di ruoli capillare tra Formigli, promotore dell’associazione e dominus dell’organizzazione dei trasporti verso l’isola, Baldetti intermediario tra il gruppo dei maranesi e quello di Formigli nella distribuzione di droga, Molea nella qualità di corriere verso Ischia: «tutti elementi che – secondo i giudici – sono inconferenti rispetto all’acquisto da parte di un soggetto di droga per fini personali, ma che al contrario mostrano un’attività dedita al rifornimento di grosse quantità di sostanze stupefacenti dalla terraferma verso l’isola che dato il maggiore rischio generato dalla necessità di imbarcarsi su traghetti e quindi esporsi non poco a possibili controlli delle forze dell’ordine imponeva un’organizzazione complessa. Pesce pertanto a chiusura della filiera era lo spacciatore sull’isola a cui giungeva lo stupefacente». Lo stesso imputato viene ritenuto come colui che interveniva in prima linea nell’individuazione dei soggetti addetti al trasporto di stupefacente e nel porsi come punto di riferimento sull’isola per mettere al sicuro la droga in vista di una successiva rivendita il tutto mediante contribuzione ai finanziamenti per la sopportazione comune e ripartita e i costi e la conseguente suddivisione degli utili. Queste condotte consentivano all’associazione di acquisire maggiore forza e di espandere l’area territoriale del narcotraffico.
LA SICONOLFI E LE SPEDIZIONI DI SOSTANZA
Le intercettazioni telefoniche trascritte e riferite dal teste Argentieri hanno fatto emergere altri due episodi di trasporto di stupefacente verso Ischia collocati a fine agosto e inizi settembre del 2014 quando Ruben Barbato assoldò Pasqualina Siconolfi per portare la droga sull’isola. Barbato, scrivono i giudici, conosceva la donna e a volte era suo ospite a Ischia oltre ad essere amico anche dei suoi due figli, Barbato Raffaele e Salvatore. In quei giorni si verificò la perdita di una parte dello stupefacente, che dalle telefonate si evince essere stata causata dalla paura della Siconolfi per i controlli delle forze dell’ordine, cosa che avrebbe indotto la donna a disfarsi del carico. Una circostanza che non piacque affatto a Barbato e a coloro che avevano affidato il carico di stupefacenti, tra cui Raiano. Si impose dunque la ricerca di un rimedio per pagare i debiti con l’associazione a delinquere.
I FURTI
Il rimedio venne individuato da Barbato nell’organizzazione di furti mediante la donna l’uno commesso il 19 settembre 2014 ai danni della chiesa di Sant’Antonio di Padova, l’altro tra il 20 e il 22 settembre ai danni della scuola statale Ibsen, entrambe a Casamicciola. Ancora una volta determinanti sono le intercettazioni relazionate dal teste Argentieri in dibattimento. Il 23 settembre i Carabinieri della Stazione di Casamicciola Terme perquisirono la casa della Siconolfi anche alla presenza di Salvatore Barbieri e rinvennero parte del materiale oggetto delle denunzie della preside e del parroco. Secondo i magistrati, gli esiti della perquisizione sono determinanti «per collegare il furto alla Siconolfi dando conferma e certezza probatoria agli originari sospetti di attività illecita compiuta nella notte tra il 18 settembre e il 19 e dando un significato eloquente al riferimento fatto a pc e stampanti ulteriori da trovare poco prima dell’ingresso a casa ad opera del Barbato e dei suoi complici con l’aggiunta degli altri oggetti trafugati poco prima del loro rinvenimento». Per inciso, l’intenzione originaria dei militari era infatti quella di riuscire a sequestrare sostanze stupefacenti a carico di Salvatore Barbieri, il quale, imputato per ricettazione e assistito dall’avvocato Michele Calise, era stato poi assolto dinanzi la sezione ischitana del Tribunale.
LE SANZIONI
Il collegio ha quindi ritenuto di dover irrogare a Pesce la pena finale di anni 8 di reclusione, a partire da una pena base di dieci anni di reclusione per il più grave delitto dell’associazione finalizzata al narcotraffico, ridotta di un terzo per le circostanze attenuanti generiche alla pena di sei anni e otto mesi di reclusione, aumentata di due mesi per ciascuno dei delitti di detenzione e spaccio di hashish e di un anno per il delitto di trasporto e detenzione di eroina. A ciò va aggiunta la recidiva infraquinquennale. Invece per la Siconolfi, la pena è stata così determinata: da una pena base di un anno e sei mesi di reclusione per il delitto più grave, quello di furto aggravato, applicabile a seguito del bilanciamento delle circostanze attenuanti generiche equivalenti sulle aggravanti contestate, con aumento per la continuazione di sei mesi di reclusione per i tre reati satellite.