CRONACAPRIMO PIANO

Due chili di droga nel terreno, quattro anni a Michele Conte

Il 50enne baranese era stato arrestato lo scorso 17 dicembre dai carabinieri ed era ristretto fin qui nel carcere di Poggioreale. La sentenza è arrivata con il rito abbreviato, l’imputato – difeso da Bruno Molinaro e Massimo Stilla – ha limitato i danni al minimo: il pm aveva chiesto ben 15 anni!

E’ andata decisamente di lusso al 50enne Michele Conte, che era finito in carcere nel dicembre dello scorso anno dopo essere stato trovato in possesso di un ingente quantitativo di sostanze stupefacente. Al termine del rito abbreviato chiesto dai suoi difensori di fiducia Bruno Molinaro e Massimo Stilla, gli stessi sono riusciti a limitare i danni per il proprio assistito, che si è visto rifilare una condanna a quattro anni di reclusione e 14.000 euro di multa. Davvero un’inezia se si considera che il pubblico ministero aveva chiesto una pena pesantissima, pari a quindici anni di reclusione, che avrebbe costituito una vera e propria mazzata. Non solo, al termine del processo al Conte è stato concesso anche il beneficio degli arresti domiciliari da scontare in un’abitazione diversa da quella dove si è consumato il reato e questo così ha consentito anche all’uomo di lasciare la cella del carcere di Poggioreale nella quale si trovava detenuto da diversi mesi.

La disavventura giudiziaria di Michele Conte ha origine nel dicembre dello scorso anno, quando lo stesso finì con l’essere attenzionato dai carabinieri che sospettavano potesse essere artefice di una attività di spaccio. I militari dell’Arma effettuarono una perquisizione domiciliare e a quel punto l’uomo capendo di non avere scampo consegnò una serie di involucri in cellophane contenenti rispettivamente 66 e 7.80 grammi di cocaina. Il Conte, poi, condusse gli uomini del Nucleo Radiomobile in un piccolo appezzamento di terreno soprastante la sua proprietà e sempre in maniera del tutto spontanea prelevava e consegnava un grosso secchio di plastica di colore bianco con all’interno 10 panetti di hashish del peso complessivo di un chilo, due involucri in busta trasparente con dentro rispettivamente ben 188 e 260 grammi di cocaina, altri 38 involucri contenenti 228 grammi di cocaina ed un bilancino di precisione elettronico di colore nero. Insomma, un vero e proprio “arsenale”, complessivamente quasi due chilogrammi di sostanza stupefacente che immessi sul mercato avrebbero fruttato un bel bottino. Inevitabile a quel punto l’arresto e la traduzione in carcere con la richiesta di scarcerazione richiesta anche a seguito dell’interrogatorio di garanzia.

In una articolata memoria difensiva i legali hanno rimarcato come il Conte avesse fatto solo da custode, peraltro senza ricevere alcun corrispettivo, per la sostanza stupefacente che era in realtà nella disponibilità di un soggetto terzo, finito nel registro degli indagati

Al gip Linda Comella gli avvocati Molinaro e Stilla hanno anche presentato una articolata memoria difensiva nella quale si evidenzia come le responsabilità di Michele Conte in questa complessa storia siano decisamente meno pesanti di quanto si possa ritenere. In particolare i due legali scrivono che «in sede in interrogatorio di garanzia del 19 dicembre 2020, il prevenuto ha fornito il nome di battesimo dell’effettivo proprietario della sostanza stupefacente, dichiarando, in particolare, “di essere il mero custode della sostanza stupefacente che veniva effettuata nell’interesse esclusivo di M.G., soggetto che abitualmente spacciava a Ischia e che abitava a 300 metri circa dalla sua abitazione”, aggiungendo, inoltre, che “per quest’attività di custode non aveva ricevuto alcun corrispettivo, tranne qualche grammo di droga per uso personale”» aggiungendo nel contempo che «a seguito di tale fattiva collaborazione, il P.M., valutata positivamente l’attendibilità delle dichiarazioni rese, non solo ha ritenuto, in data 18 febbraio 2021, di trasmettere gli atti al Registro delle notizie di reato per la formazione di un autonomo fascicolo al fine di svolgere ulteriori indagini onde accertare se, nell’attività di detenzione della sostanza stupefacente sequestrata, abbia concorso con l’imputato Conte anche il M.G, ma ha anche addebitato a quest’ultimo, formulando a suo carico la richiesta di giudizio immediato, l’attività di detenzione ai fini di spaccio, seppure in concorso con il Conte medesimo».

Da qui gli avvocati Bruno Molinaro e Massimo Stilla arrivano ad una conclusione fin troppo ovvia scrivendo nella loro memoria: «Fermo quanto innanzi, i sottoscritti difensori ritengono che dagli atti acquisiti al fascicolo non sia emersa, comunque, la benché minima prova degli elementi costitutivi del contestato reato di detenzione ai fini di spaccio, dal momento che, come riferito, l’imputato si è limitato, semplicemente, a detenere la sostanza sequestrata in nome e per conto del M.G. Ne è riprova anche il fatto che il Conte non aveva la capacità economica per finanziare – ai fini del successivo spaccio – un quantitativo così alto di sostanza stupefacente. Egli ha solo custodito la sostanza, peraltro in via del tutto transitoria e senza nessun interesse a detenerla ai fini del successivo spaccio. Tanto è vero che, come emerge dal verbale di arresto del 17 dicembre 2020, all’atto della perquisizione dei CC di Ischia il prevenuto non ha esitato a prestare ai CC intervenuti tutta la collaborazione possibile, consegnando, “spontaneamente, tutto lo stupefacente in suo possesso”. Da quanto accertato, può ragionevolmente ritenersi che, nella specie, sarebbe ravvisabile – a tutto concedere – l’elemento materiale della reato di cui all’art. 378 c.p., essendo il Conte – lo si ripete – unicamente il custode della sostanza stupefacente, di proprietà invece del solo Mattera Graziano». Una linea che ha convinto quanto meno il gip nel rito abbreviato a limitare davvero al minimo una richiesta iniziale, quella della pubblica accusa, che pesava come un macigno sul capo di Michele Conte.

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