CULTURA & SOCIETA'

Ecco la Pasqua Santa e godereccia degli ischitani in festa. Gesù è risorto e si spera che “rinasca” anche la nostra isola.

PASQUA È UNA FESTA DOVE RELIGIONE E TRADIZIONE SI FONDONO, FINO AD ASSOTTIGLIARE I CONFINI E AD AGGIUNGERE SIGNIFICATO GIOIOSO ALLA RICORRENZA - IN BUONA PARTE LE TRADIZIONI REGGONO, SPECIE NELLA CULTURA DELLA TAVOLA - La tavola di pasqua che nelle famiglie, negli alberghi, nei ristoranti, ieri come oggi rappresenta la priorità. Parliamo della convivialità e della tavola con le sue tradizionali pietanze: salumi affettati con uova sode e ricotta salata, carciofi bolliti o fritti e il classico agnello al forno con patate. Fave e finocchi freschi. Inoltre una buona pastiera all’ischitana con influenza napoletana, Il casatiello rustico e domestico, il tortano, la colomba farcita e le tradizionalissime uova di cioccolato

A parte la Pandemia con i suoi condizionamenti e le paure che genera, ecco la Pasqua di Resurrezione che gli ischitani vivono lo stesso. “Sparata la Gloria” ieri sera nelle chiese parrocchiali dell’isola , Gesù è risorto, gli angeli cantano, gli uomini esultano, nei campanili di tutte le chiese ischitane, le campare si sciolgono e suonano a distesa. E’ musica celestiale con il profumo ed i colori della primavera, la bella stagione che secondo il calendario battezza la Pasqua di Cristo. Non è poco se si vive la Pasqua ispirati ai valori dello spirito, della natura e della festa sociale che coinvolge tutti nella gioia e nella fratellanza in famiglia e fra gli amici.

Ma la Pasqua, oltre ad essere vissuta nella pienezza della fede in Gesù risorto, è attesa ed amata anche per la bellezza delle sue tradizioni che mutano di paese in paese, di popolazione in popolazione a seconda della loro storia che affonda le radici nei racconti dei nonni e padri di famiglia. Possiamo dire che sull’isola, come in qualsiasi altra località della Campania, la Pasqua è una festa dove religione e tradizione si fondono, fino ad assottigliare i confini e ad aggiungere significato gioioso alla ricorrenza. Trascorsa ormai la Settimana Santa con i riti sacri della liturgia cattolico-cristiana che hanno visto la partecipazione sentita diretta in streaming e per le TV locali, degli ischitani, ci si concentra oggi in questa fausta giornata che è la domenica di Pasqua del Signore in cui ciascuno è già preparato a viverla come sa fare, o come gli è stato insegnato in tenera età, negli anni spensierati della fanciullezza ove tutto era bello, divertente e degno di essere goduto. I primi apprendimenti erano in famiglia dove si respirava aria di festa già dalla domenica precedente preludio alla pasqua e dedicata alla benedizione delle palme. Si faceva a gara a chi poteva dimostrare il “pacia-pace” più grande e col fiocco di raso più bello, azzurro per i maschietti e rosa per le femminucce.

Per l’occasione si indossava il vestito nuovo di stoffa di buona qualità, più leggera per il primo tiepido caldo di primavera, le scarpe nuove e la camicia nuova. Per le ragazzine l’abbigliamento richiedeva da parte della famiglia più impegno per il modello del vestito, i colori e le merlettature. Erano i vestiti di mezza stagione. Si andava in campagna alla ricerca della “rovera”, piccole radici nodose di piante che immerse in una pentola di acqua bollente, al secondo ribollo sprigionavano un colore rosso che serviva per tingere le uva. In pratica le uova pinte di rosso soprattutto, ma anche di altri colori come il giallo, l’azzurro il verde, il rosa rappresentavano il primo simbolo della Pasqua mangiarreccia. Seguivano poi l’agnello, la pastiera, il panettone rivestito di confettini e il bianco dell’uovo e tanto altro ancora. Questa è la Pasqua della nostra infanzia che poco si scosta dalla Pasqua che si vive oggi. In buona parte le tradizioni reggono, specie nella cultura della tavola, la tavola di pasqua che nelle famiglie, negli alberghi, nei ristoranti ( se aperti), ieri come oggi rappresenta la priorità. Parliamo della convivialità e della tavola con le sue tradizionali pietanze: salumi affettati con uova sode e ricotta salata, carciofi bolliti o fritti e il classico agnello al forno con patate. Fave e finocchi freschi. Inoltre una buona pastiera all’ischitana con influenza napoletana, Il casatiello rustico e domesitico, il tortano, la colomba farcita e le tradizionalissime uova di cioccolato.

LA PASTIERA

L’origine della pastiera a Ischia come nel napoletano è molto antica( sull’isola fu diffusa dai borboni), la sua storia fonde culti di tipo pagano a quelli di tipo cristiano. Il mito pagano vedeva nel dolce a base di grano e di uova la celebrazione della primavera, tale mito fu reinterpretato in chiave cristiana e la pastiera divenne il simbolo della resurrezione di Cristo. Per questo motivo viene preparata tradizionalmente il mercoledì santo per essere consumata oggi domenica di Pasqua. Ma c’è chi la mangia prima. Esiste, inoltre, un mito legato alla sirena Partenope, secondo il quale gli abitanti della vicina Napoli le offrirono in omaggio i prodotti della loro terra, tra cui la ricotta, il grano cotto nel latte e l’acqua dei fiori d’arancio. La sirena portò questi ingredienti in offerta agli dei, i quali li mescolarono con arte divina e vi nacque la pastiera.

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IL TORTANO

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Il tortano è un rustico tradizionale napoletano che si prepara in occasione delle festività pasquali, abbastanza diffuso anche nella nostra isola. La preparazione del tortano salato è molto simile a quella del casatiello da cui si differenzia per l’utilizzo delle uova che, invece di essere inserite intere e crude sopra l’impasto fissate con delle strisce di pasta, si mettono già sode e a spicchi nell’impasto con formaggi e salumi. Inoltre il tortano ischitano rispetto al casatiello, è più alto e morbido.

IL ROTOLO DI FRAGOLA

Rotolo alle fragole con ricotta un dolce facile e veloce ma golosissimo e che fa una scena incredibile ma vi assicuro che ci metterete pochissimo a prepararlo.

FAVE FRESCHE DI PRIMAVERA

Per finire, riportiamo gli auguri di Pasqua del giornalista Rai Franco Bucarelli amico di Ischia da sempre e goloso delle fave di primavera: “Ho scelto l’immagine della fave come anche lo scorso anno, afferma Franco Bucarelli, perchè rappresentano una consuetudine pasquale e poi mi piacciano molto. Io ne mangio tantissime, anche perchè fanno benissimo all’organismo. Se poi aggiungere un tocco di pecorino, ancora meglio. Questo legume verde ha il colore della speranza ed io ho preferito metterlo in evidenza, al posto degli abituali simboli religiosi, usati ed abusati. E’ un inno alla Natura, nei giorni della Resurrezione. Forse, troverete banale la mia scelta, ma, io invece la trovo originale e mi piace. In questi giorni di festa, non occorre spendere fortune per banchetti pasquali. sono un insulto alla miseria, che avviluppa parte del popolo italiano. Io sono felice, con una semplice zuppa di fave ! Buona Pasqua a tutti !

LA COLOMBA PASQUALE L’ AGNELLO SACRIFICALE CON LE…PATATE

Anche la Pasqua di quest’anno si apre con la ormai rituale polemica sul destino dell’agnello sacrificale, che quasi tutti per tradizione mangiano, per festeggiare la ricorrenza e per soddisfare il proprio palato i barba alla Pandemia del Coronavirs. La maggioranza degli ischitani non rinuncia al capretto o agnello al forno, i e ignora l’insofferenza degli animalisti locali. Per la cronaca, sono tutti cuccioli di circa un mese, o comunque sempre di età inferiore ai 3 mesi di vita, gli agnellini che ogni anno, in occasione della Pasqua Santa e godereccia , subiscono una fine che fa discutere per il naturale fatto che concludono la propria breve vita terrena, sulle tavole degli italiani e quindi anche di noi ischitani. Sono 800 mila per la precisione, come denuncia Animal Equality, organizzazione internazionale che difende gli animali. Ma Pasqua è Pasqua, e vince la tradizione. Quindi oltre all’agnello ad essere simbolo di questa festa che ha tutti i connotati della religiosità e dello spirito, altro simbolo pasquale è la colomba, che nell’episodio del diluvio universale descritto nella Genesi, ritornò da Noè tenendo nel becco un ramoscello di ulivo, simbolo della pace portata da Gesù. L’agnello però è quello che accende il dibattito e porta a porre delle domande. L’agnello e’ il simbolo per eccellenza della Pasqua. E nella Bibbia questo assume, nel rapporto con Dio, il ruolo di animale debole e sottomesso, di animale dipendente dal suo pastore e di animale simbolo della totale obbedienza alla parola del Signore e al suo volere.

L’agnello, nelle Sacre Scritture, è sempre stato descritto come animale sacrificale: l’agnello, la vittima da offrire a Dio. Nella Bibbia si racconta che nella notte in cui Dio salvò il popolo dalla schiavitù d’Egitto, l’angelo sterminatore passò nelle case degli egiziani uccidendo il primogenito, e passò oltre le case degli ebrei che avevano segnato gli stipiti delle porte con il sangue dell’agnello sacrificato. È per questo che, nel commemorare il giorno di Pasqua, gli ebrei mangiano sempre l’agnello. Tale tradizione è stata ripresa poi dai Cristiani, che tuttora, sulle loro tavole imbandite, nel giorno di Pasqua, portano anche l’agnello, anzi l’agnellino, quello nato entro l’anno e quello più tenero. Mangiare l’agnello a Pasqua o no allora? Negli ultimi anni, però, c’è chi non ci sta a mangiare l’agnello a Pasqua, come nel caso dei vegetariani. C’è chi dice no a questa tradizione e lotta contro chi uccide gli agnellini, attivando delle vere e proprie campagne pubblicitarie. Si parla di massacro, di violenza, di non rispetto ,questi animali indifesi. E così, nel giorno dalla festa della Pasqua di Resurrezione, la polemica “agnello si” e “agnello no” movimenta la serenità ella ricorrenza.

Foto Giovan Giuseppe Lubrano Fotoreporter

antoniolubrano1941@gmail.com

nfo@ischiamondoblog.com

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