Ejarque, la “missione” Ischia e la metafora del pescatore
L’esperto di marketing turistico, chiamato a rilanciare il settore dall’amministrazione guidata da Enzo Ferrandino, ha incontrato ieri mattina gli operatori dell’informazione. E non si è sottratto a una serie di domande dalle quali emergono le criticità dell’isola e le strategie su cui imposterà la sua attività
Tra le tante esperienze professionali che ha accumulato nel corso della sua attività professionale, quella legata a Ischia – località che ormai immaginiamo avrà imparato a conoscere bene – in che misura si colloca?
«Beh, le dico che è una domanda tanto intrigante quanto complessa. In ogni caso voglio partire da una premessa: il turismo è cambiato e con esso il mercato e curiosamente Ischia ha davanti a sé una grossa opportunità. Ma per coglierla non possiamo continuare a muoverci ed operare come fatto fino ad oggi, questo deve essere chiaro. Abbiamo bisogno di reinventarci e adeguarci. Ischia, secondo la mia opinione, rappresenta dal punto di vista professionale una sfida molto interessante soprattutto perché qui diventa praticamente indispensabile cambiare la natura dell’approccio».
In che senso?
«La storia di Ischia racconta che l’isola e la sua gente non hanno avuto bisogno di andare a cercare turisti, questi sono arrivati da soli e tutto ciò ha creato dei problemi di “mentalità”. Insomma, l’ischitano è come se fosse un pescatore e cerco di spiegarmi meglio. Nel turismo ci sono due modus agendi degli operatori, una detta dell’agricoltore e l’altra del pescatore. Il pescatore è uno che esce al mattino con la sua barca, getta le reti in mare, le tira su e rientra a casa con quello che il mare gli ha consegnato e ne trae guadagno. Di rimando, l’agricoltore è uno che deve lavorare la terra, seminare, innaffiare e attendere che il frutto cresca e alla fine lo raccoglie, sempre che tutto vada bene. In una qualche maniera, voglio arrivare alla conclusione è che l’operatore turistico o meglio il sistema turistico ischitano ha sempre seguito il modello del pescatore. Tutta l’isola deve capire che il turismo è il primo indotto di guadagno per l’economia, ma per far sì che il trend continui anche in futuro c’è bisogno di cambiare pagina e modificare radicalmente quella che è la nostra proposta. Noi stiamo lavorando per comprendere alcune cose. Si può lavorare seguendo due approcci, quello che si vorrebbe e quello che invece detta il mercato. Ma l’esperienza insegna che molto spesso ciò che io penso di me stesso non rappresenta quel che la gente vorrebbe che io fossi».
«La storia di Ischia racconta che l’isola e la sua gente non hanno avuto bisogno di andare a cercare turisti, questi sono arrivati da soli creando problemi di “mentalità”. L’isolano non ha mai fatto l’agricoltore, raccogliendo i frutti del suo lavoro, ma il pescatore: usciva in mare, gettava le reti e tornava a casa con quello che recuperava»
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E quindi a cosa si approda?
«Allora bisogna guardare con attenzione a cosa il mercato dice di Ischia e chiede a Ischia e partendo da quello che il territorio può fare si cerca di trovare la cosiddetta quadratura del cerchio. Di conseguenza bisogna ragionare sulle potenzialità di Ischia ma va “reengenirizzato” il prodotto turistico».
E’ giusto dire che occorre finalmente anche un’unica cabina di regia? Perché qui l’impressione è che ognuno vada per la sua strada e soprattutto si senta spesso depositario di verità assolute. Questo nel tempo ha creato un “fritto misto” che magari andava bene trent’anni fa ma non oggi, epoca in cui se non hai un brand consolidato non si va da nessuna parte…
«Lo hai appena detto, il problema di Ischia è che ragiona su un prodotto generalista senza avere molto chiaro qual è il cliente che ci interessa. C’è la necessità di andare a proporsi per attirare mercati e anche qui mi spiego meglio: sono in Italia da 25 anni e sono venuto in vacanza sull’isola dal primo anno. C’erano tanti inglesi e tedeschi, oggi li abbiamo persi entrambi. Ormai bisogna capire che non si è soli nel mercato, ci sono altre destinazioni italiane ma anche estere che vendono il prodotto benessere e termale. Occorre però essere consapevoli che anche il cosiddetto mercato termale sta cambiando, o meglio si sta evolvendo. Tutto questo per rappresentare che di qualsiasi cosa Ischia abbia bisogno, deve avere una visione. Bisogna capire dove vogliamo andare. Oggi c’è un problema: io ho parlato con parecchie persone e ognuno mi dà una versione diversa, sembra incredibile eppure è così. Allora qui c’è un ragionamento inevitabile: la visione di cui parlavo deve essere coordinata e soprattutto condivisa e questo lo faremo attraverso confronti con tutti gli attori e le parti interessate perché non possiamo prescindere dal capire cosa vogliamo che rappresenti turisticamente Ischia e dunque in quale direzione andare».
Intanto io le formulo il mio personale “in bocca al lupo” perché storicamente mettere insieme noi isolani è un esercizio difficile se non addirittura impossibile, poi le chiedo: perché Ischia non riesce ad arrivare a questa benedetta destagionalizzazione dei flussi turistici, pur avendo una serie di innegabili frecce al proprio arco (e il termalismo è soltanto una di queste)?
«Primo problema: Ischia mi vende Ischia, ossia il territorio. Ma il cliente non compra il territorio, quanto piuttosto quello che lo stesso produce. Il settore turistico, dunque, vende la destinazione. Se vuoi andare alle terme, ti si può vendere tranquillamente il padovano, l’Alto Adige e molte altre località sparse in giro per l’Italia. Oggi, lo ribadisco, il cliente compra il prodotto non il territorio e per prodotto si intende benessere, terme, spiagge, cultura, ecc. Seguitemi adesso perché il passaggio è molto delicato e importante. Se voglio trascorrere una settimana all’insegna del benessere, cerco una serie di informazioni e associo un luogo a quello. Il problema di Ischia è che noi pensiamo che il mercato l’associ alle terme ma vi posso garantire che non è vero. I dati raccolti su scala europea ci dicono ad esempio che il cliente conosce Ischia, ma non ha una chiara idea di dove si trovi: certo, è a conoscenza che sia in Italia, ma non sulla costa campana. Ma, soprattutto, non sa per quale motivo dovrebbe venirci in vacanza. Quindi il primo elemento importante e il primo quesito da porsi è: di cosa siamo destinazione? Pensiamo di esserlo di turismo termale? Sì, ma non è detto che il mercato lo percepisca. E poi…».
I dati ci dicono che il cliente conosce Ischia, ma non ha una chiara idea di dove si trovi: sa che è in Italia ma non sulla costa campana. Ma, soprattutto, non sa per quale motivo dovrebbe venirci in vacanza. Quindi il primo elemento importante e il primo quesito da porsi è: di cosa siamo destinazione?
E poi?
«Noi continuiamo a vendere la nostra proposta termale nella stessa maniera in cui abbiamo fatto negli ultimi venticinque anni. Il problema è che nel frattempo in un quarto di secolo il mercato è radicalmente cambiato. Chi all’epoca veniva qui a farsi i suoi quindici giorni di terme probabilmente è passato a miglior vita, o magari è cambiato perché anche il prodotto che richiedeva è mutato. Oggi si va verso il wellness, ma non credo di raccontare nulla di nuovo. Ma è tutto il sistema che deve saper resettare e mutare. Faccio un esempio, lo stesso ristoratore deve comprendere che va presentata una proposta di cucina e servizio decisamente diversa. Un altro problema fondamentale è quello costituito dal cosiddetto valore complessivo, ossia da quanto saresti disposto a pagare per venirti a fare una vacanza sull’isola. Su questa valutazione stiamo ancora lavorando, anche perché va tenuto conto il periodo pandemico, però i primi riscontri ci dicono che la percezione del valore è diminuita e questo non va affatto bene».
Lei presta la sua attività professionale per Ischia, che però è soltanto uno dei sei Comuni dell’isola verde. E’ chiaro però che bisognerà creare un meccanismo o un modello che veda il resto del territorio seguire a ruota…
«Sì, anche se voglio sottolineare un elemento che ritengo comunque importante. Il turista guarda all’isola come a un unicum, certo non percepisce l’ambito territoriale nel quale si trova in quel preciso momento. Quello che la storia insegna in un territorio ampio come quello ischitano, è che deve esistere un motore e il motore – mi pare evidente – è Ischia. Lasciatemi aggiungere una cosa: Sono venuto più volte qui anche negli ultimi giorni e ho ricevuto diverse chiamate di operatori dall’intera isola desiderosi di incontrarmi e di dare la propria collaborazione al progetto. Insomma, ho riscontrato una sensibilità da parte di chi lavora nel comparto turistico verso quello che si sta facendo e questo è sicuramente un fatto positivo. Ma vorrei tornare un attimo al concetto di destagionalizzazione».
Prego.
«Se hai un prodotto balneare, di norma, dovresti vivere otto o nove mesi l’anno con le spiagge ma evidentemente questo non funziona. Faccio un esempio che sarà molto più chiaro parlando dello sci, roba che con Ischia non c’entra nulla. La gente si mette gli sci prima o dopo Natale e scia fino al 31 marzo. Se poi c’è ancora neve e la Pasqua cade bassa magari è uguale, altrimenti si volta pagina. La gente a fine marzo mentalmente cambia: si toglie sci e scarponi e dal 1 aprile fino al 1 giugno va a fare turismo rurale, culturale ed enogastronomico. Quando arriva l’estate si va tutti a mare. Insomma, il mercato ha le sue dinamiche e tempistiche. Partendo dal presupposto che non mi piace il termine “destagionalizzare” ma preferisco parlare di allungamento dell’attività turistica, faccio un’osservazione. In condizioni di normalità Ischia ha un’attività turistica superiore alla media regionale campana, perché oscilla tra i sei e i sette mesi di lavoro. Potremmo arrivare anche a nove ma come lo faccio? Con diversi prodotti, semplice. Bisogna rifuggire dalla logica del “mono prodotto”a prescindere da quale sia. Occorre costruire distinte offerte turistiche che consentano in primavera di lavorare con il turismo del wellness e all’interno ci metto enogastronomia ed altro, così posso venire a svagarmi se sono stressato dal mio lavoro ma non rimango chiuso tutto il giorno in albergo a fare le terme o massaggi. Ischia ha una natura spettacolare, si può andare per sentieri, a caccia di cultura, il problema che non c’è un prodotto strutturato. Il mio compito e quello dei miei collaboratori, in questo caso, è quello di organizzare non i “pacchetti” (che oggi funzionano poco) ma spiegare quello che si può fare sull’isola e con chi».
«Il covid ci ha insegnato che il lungo termine non c’è più, si è ridotto a tre anni. Il primo lavoro da fare è strutturare la proposta della destinazione Ischia e questo va fatto in tre o quattro mesi. Inizieranno una serie di lavori e riunioni partendo da un presupposto: chi c’è bene, se qualcuno manca pazienza, si va avanti perché si la priorità è il bene collettivo»
Per i risultati a lungo termine ci sarà tempo, quali sono quelli che lei si attende a breve e medio termine?
«Il covid ci ha insegnato che il lungo termine non c’è più, si è ridotto a tre anni. Il primo lavoro da fare è strutturare la proposta della destinazione Ischia e questo va fatto in tre o quattro mesi. Io non lavoro arrivando in un posto e dicendo agli altri cosa fare: vengo qua da lustri almeno una volta l’anno, ma non posso avere la presunzione di conoscere il territorio meglio di un ischitano. Però so come funziona il mercato e come si fanno promozione e comunicazione, c’è un lavoro da fare tutti insieme ecco perché inizieranno una serie di lavori e riunioni partendo da un presupposto: chi c’è bene, se qualcuno manca pazienza, si va avanti perché si dovrà operare per il bene collettivo».
FOTO FRANCO TRANI
…e poi con l’inquinamento che c’è, si rischia di “pescare” una gran quantità di rifiuti non riciclabili!
È preferibile creare un piano B “agricolo”.
A conti fatti però, non importa se siamo contadini o pescatori, ma solo non prendere troppo di quello che la terra o il mare ci può fornire, di modo che sia la terra che il mare, abbiano il tempo di ricreare quello che gli abbiamo sottratto.
Se siamo contadini o pescatori, se rispettiamo la terra, o rispettiamo il mare, di sicuro non saremo mai affamati, e forse saremo tutti un po’ più felici, compresa la Terra!