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Ischia, per i malati di dialisi “tour” della disperazione

La denuncia di Aned e Anerc: «Nel centro distaccato dell'ospedale Rizzoli, gli infermieri dedicati da anni alla dialisi sono stati sostituiti da altri senza competenza specifica»

«Non esiste solo il Covid». Così Aned, l’associazione nazionale degli emodializzati, e Anerc, hanno scritto in una lettera-denuncia indirizzata al presidente della giunta regionale della Campania Vincenzo De Luca e al Forum Trapianti Italia. «Nonostante le soluzioni fino ad oggi adottate, il risultato non sempre è quello sperato», scrivono i volontari. Le associazioni fanno anche alcuni esempi ed uno riguarda da vicino la nostra isola. «Nel centro dialisi distaccato dell’ospedale Anna Rizzoli di Ischia, gli infermieri dedicati da anni alla dialisi sono stati sostituiti da altri senza competenza specifica. Ma gli infermieri acquisiscono la pratica della tecnica dialitica dopo mesi di training specifico».

E ancora: «Nello stesso centro di Ischia un paziente dializzato, per mancanza di personale, è costretto a trasferirsi tre volte la settimana a Procida: ci chiediamo cosa accadrà quando le condizioni del mare cambieranno». Le difficoltà riguardano sia i positivi sintomatici che quelli – . Spiega Annunziata: «I primi necessitano di un ricovero, ma individuare posti liberi negli ospedali è complicatissimo. Allora vengono prelevati dalle ambulanze che li portano nel primo centro disponibile, sono costretti a tour della disperazione in tutta la provincia di Napoli, ma la situazione sta diventando ingestibile nell’intera regione. I secondi dovrebbero andare in centri privati, ma anche in questo caso trovare posti liberi è un’impresa». A Ottaviano, invece, un caso lo ha segnalato Michele Saviano, medico e consigliere comunale, che ha scritto ai vertici dell’Asl Napoli 3 e ha raccontato di una donna di 84» anni , debolmente positiva, prelevata per essere portata a Noia a fare la dialisi alle 15,30 (l’appuntamento era alle 13). L’ambulanza, però, viene dirottata a Castellammare di Stabia. Alle 22 un’infermiera contatta i familiari, comunicando che la dialisi è ormai terminata da tempo e che si attende un’ambulanza che possa riportare la signora al suo domicilio. Ma soltanto all’una di notte la vecchietta, digiuna, senza sottoporsi alle abituali terapie (è diabetica e, pertanto, insù lino-dipendente), stremata, giunge a casa. Un calvario che si ripete anche il giorno dopo, quando l’anziana donna torna a casa addirittura alle 2 di notte.

Due settimane fa la lettera al Golfo di Vincenzo Mazzella

Lo scorso 28 ottobre ha scritto al nostro giornale Vincenzo Mazzella, «un paziente emodializzato residente a Ischia. Per tre volte a settimana sono costretto a recarmi al reparto di Emodialisi di Ischia per effettuare la dialisi». Mazzella ha denunciato come «oltre a vivere il disagio della dialisi che negli ultimi tempi ha visto il depotenziamento del reparto, abbiamo paura di non riuscire a fare dialisi sulla nostra isola e di conseguenza di essere trasferiti altrove per poter essere sottoposti alle cure salvavita. In aggiunta a tutto questo, c’è il propagarsi del Covid-19 che ci preoccupa ulteriormente vista la nostra fragilità come pazienti». E qui la descrizione di quanto sta accadendo sull’isola. «Nel centro dove dializzo manca personale nonostante la direttrice ne stia richiedendo da mesi e mesi e negli ultimi giorni è stato spostato un infermiere esperto in pronto soccorso per l’apertura del reparto Covid. Noi pazienti abbiamo paura per la nostra vita… non siamo malati di serie B. Possiamo morire noi?

È più importante il Covid della nostra vita? Gli infermieri che ci assistono sono i soli a saper usare il macchinare che ci fanno fare la dialisi». Ed ancora: «Inoltre viviamo nella privazione continua perché non avendo un servizio di emergenza che ci possa assistere nelle ore notturne e nei festivi dobbiamo controllarci anche nel bere un bicchiere d’acqua in più, per paura di essere trasferiti in emergenza in qualche ospedale della terraferma. E in questo periodo di coronavirus, affrontare un viaggio per fare dialisi comporterebbe maggiori rischi per la nostra vita. Aiutateci, non possiamo vivere più con queste paure». Chi, infatti, deve essere sottoposto alla dialisi (di regola tre volte a settimana) sta vivendo giorni di inferno. Ricoveri impossibili, lunghe attese prima che un’ambulanza riesca a prelevarli e accompagnarli di nuovo casa, con ospedali dove effettuare la terapia che cambiano da un momento al l’altro. Una situazione, che, come ha denunciato Vincenzo Mazzella attraverso il suo accorato sos, non può e non deve essere ignorata.

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