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Politica, finalmente il dibattito

La settimana che chiude ha, finalmente, lasciato fuori dalle pagine la cronaca giudiziaria. Quasi senza volere, un editoriale del nostro direttore  del primo novembre, ha dato la stura (spero proficua) ad un dibattito culturale sulla condizione politica isolana. Al pezzo direttoriale che poneva in risalto “l’inappagante” ruolo dell’amministratore isolano, bistrattato a destra e a manca, ha fatto da contrappeso Mizar, nell’edizione di giovedì, manifestando il suo disorientamento dopo aver confrontato la lettura con quanto egli aveva più volte scritto. Il pezzo del direttore gli appariva una “difesa di ufficio” dei politici nostrani.

Avendo scritto più volte sulla condizione politica isolana, senza destare reazioni, non posso che rallegrarmi del fatto che, finalmente, si intravede lo spiraglio di un dibattito che, prescindendo dalle considerazioni giornaliere di questo o quel comune, porta all’attenzione dell’opinione pubblica l’argomento centrale. La condizione della politica nella nostra area. Dibattito al quale, come sempre, invito a partecipare l’intera comunità, culturale, dell’isola d’Ischia da troppo tempo lontana dalla cosa pubblica. La condizione politica dei comuni dell’isola d’Ischia è disastrosa. Sotto il profilo politico non è diversa da quella degli altri comuni d’Italia. Il motivo? L’ho scritto varie volte: lo ripeto. A causa di certe disposizioni normative che, prescindendo dalla realtà, hanno discettato del sesso degli angeli e non come risolvere i problemi della gente, oggi gli enti locali non sono più amministrabili. Un groviglio di disposizioni burocratiche partorite in un ottica emergenziale che fa dell’amministratore locale un “osservato speciale”, “pronto a delinquere”, per essere infilzato dal pubblico ministero di turno, ha determinato, come contraccolpo: l’uscita dalla scena della cosiddetta “borghesia illuminata”; indisponibile a rendere il proprio servigio alla collettività ricevendo in cambio il sollazzo di poter soggiornare in qualche patria galera. Salvo poi uscirne, dopo lustri, assolti. Su questa parola, già noto i sussulti dei soloni salottieri al grido “ma se non rubi in galera non ci vai”. Come espressione non fa una piega. Nei fatti la verità è diversa. Fino al 1990 gli enti locali erano regolamentati da disposizioni normative che compendiavano il cosiddetto “testo unico”. Già la parola dice tutto. Un unico testo, raccoglieva tutte le leggi del settore. L’impazzimento legislativo successivo al 1990, per i fatti noti che determinarono la scomparsa dei partiti storici della Repubblica, ha prodotto un fiume di leggi e leggine che vanno a disciplinare singoli eventi della vita amministrativa dell’Ente locale. Se solo si analizza la normativa sugli appalti si impazzisce nel distinguere le procedure: tra quelli al di sotto della soglia comunitaria e quelli non, tra quelli in “hause” e quelli non; tra quelli che affidano servizi e quelli che affidano attività. E via dicendo.  Per non passare un guaio (amministrando un comune) ci vorrebbero più esperti per ogni settore. Altre leggi impediscono all’amministratore locale di assumere, con modificare la pianta organica o di fare contratti con esperti esterni oltre certi limiti ben ristretti. Un sindaco, che spesso fa tutt’altro mestiere per la comprensione dell’astruso linguaggio normativo italiano, deve friggere i pesci con l’acqua e prendersi le responsabilità che gli derivano dalla funzione. Giovedì ho letto su “Il giornale” la lettera, fiera, di Vittorio Mantovani figlio di Mario Mantovani (già vice presidente della Regione Lombardia in carcere per accuse derivantegli dalla funzione politica) dal titolo “Mario Mantovani, mio padre, colpevole fino a prova contraria”. Mi è venuta la pelle d’oca. Di riflesso mi è tornata alla mente la scena dell’arresto dell’ex sindaco di Caserta, Pio del Gaudio, prelevato dal letto alle quattro di mattina da un plotone di carabinieri (da far impallidire anche il più scaltro camorrista) con una decina di auto e un elicottero che volteggiava sopra il condominio ove abitava. Tutti i condomini svegliati dall’inferno di rumori, spaventati alle finestre ad assister alla scena. La moglie in preda a convulsioni e i figli, piccoli, terrorizzati nel vedere il papà (fisicamente piccolo) portato via dai militari. In sede di riesame, scarcerato per insussistenza di indizi. Ho letto della vicenda di Mannino (ex ministro) arrestato, e dopo vent’anni di gogna processuale assolto perché il fatto non sussiste. Etc. Etc. etc. etc. Gli esempi non finirebbero mai. Non sto quì a dire che i pubblici ministeri sono delle iene pronte ad azzannare. Applicano le leggi. Con diversa interpretazione, questo è vero, per il fatto che sono ideate male e scritte peggio. E chi le fa non è il pubblico ministero. Ma il legislatore. Legislatore è colui che prende i voti, viene eletto al parlamento  e legifera. E’ tale ad esempio il dr. Scilipoti, il dr Stefàno o Razzi (per fare dei nomi per fatti diversamente noti, ), oppure come la dr.ssa Boschi o la dr.ssa Madia (bellissime) o il nostro Domenico De Siano. Da quanto detto e comprensibile come, chi ha un po’ di sale nella zucca (come si usa dire) si mantiene lontano da certe tentazioni ed evita di passare un guaio. Ma poiché da tale condizione bisogna pur trovare il sistema per uscirne è necessario approfondire il dibattito sulla “condizione della politica” di cui all’inizio. E’ fondamentale prendere atto che essa non esiste più e che di essa, nel significato filosofico di “arte del governare” ne abbiamo assoluto bisogno. E’ improcrastinabile suggerire (meglio dire: obbligare) al legislatore la strada per uscire dall’empasse. Un nuovo testo unico per la gestione degli enti locali che, tenendo conto del disastro legislativo degli ultimi 35 anni, azzeri tutto, e tenendo conto del diverso, e disgraziato, assetto dello Stato, per improvvide modifiche costituzionali, offra una disciplina “di tipo anglosassone” il cui significato sia di facile comprensione, che tagli fuori i burocrati e la burocrazia, che fissi dei limiti, molto chiari, di operatività per gli amministratori locali e di intervento per la magistratura. Restituendo così il potere al popolo perché lo eserciti attraverso i propri eletti.

 

acuntovi@libero.it

 

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