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Albero ferì centauro, condannata la Città Metropolitana

L’Ente è stato riconosciuto responsabile della manutenzione e della prevenzione dei pericoli generati dal verde cresciuto su fondi privati limitrofi alla Variante Esterna

La Città Metropolitana è responsabile dei pericoli causati dagli alberi che pendono sulla Variante Esterna di Ischia, anche se essi sono piantati su fondi privati. È questo ciò che emerge da una sentenza della Corte di Appello di Napoli, che ha ribaltato la decisione di primo grado. La vicenda fu originata nell’ormai lontano 2014, quando il signor Sirabella, alla guida di un ciclomotore, nella sera del 6 novembre stava percorrendo la ex SS270 variante esterna con direzione Barano, con tempo sereno, quando un ramo di un albero, posto dietro il muro di contenimento, situato sul margine della carreggiata, cadde sulla pubblica via andando ad impattare il motociclo che proprio in quel momento stava transitando. L’inevitabile conseguenza fu la caduta sull’asfalto del conducente e del mezzo. Il motociclo riportava vari danni, tra cui la rottura del parabrezza, della forcella, della pedana, mentre il conducente fu trasportato all’ospedale Rizzoli dove gli venivano riscontrate: “contusione escoriata ginocchio e caviglia destra, cervicalgia post traumatica, escoriazioni multiple per il corpo” con prognosi di giorni sette e che a seguito dei successivi esami strumentali, gli veniva riscontra anche la lesione del legamento crociato posteriore destro, con postumi invalidanti permanenti nella misura del 14%.

Il Sirabella aveva quindi citato in giudizio la Città Metropolitana, quale Ente tenuto alla relativa manutenzione. Gli alberi posti dietro il muro di contenimento della SS270 erano separati dai fondi confinanti da grosse recinzioni metalliche e la loro potatura, anche successivamente all’evento lesivo, era stata effettuata da addetti della stessa Città Metropolitana. Secondo la vittima del sinistro, sussisteva la responsabilità dell’Ente, anche se l’albero fosse stato di proprietà aliena ai sensi dell’art. 1176 e 2043 c.p.c., essendo l’ex Provincia tenuta a vigilare, affinché dai fondi privati fiancheggianti una strada aperta al pubblico transito non sorgessero situazione di pericolo. Il Sirabella aveva chiesto di accertare la responsabilità dell’Ente ai sensi dell’art. 2051 c.c. e, in via subordinata, ai sensi dell’art. 2043 c.c. e di condannarlo al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali, patiti in conseguenza del sinistro, per l’importo di € 52.000,00 a titolo di danno biologico, invalidità temporanea totale, inabilità temporanea parziale, personalizzazione, danno morale, spese mediche, oltre aldanno patrimoniale allo scooter. Tuttavia, in primo grado il Tribunale di Ischia aveva rigettato tali richieste, pur riconoscendo l’evento dannoso, perché non ci sarebbero stati i presupposti per il riconoscimento della responsabilità della Città Metropolitana.

La Corte d’Appello ha ribaltato il verdetto di primo grado, stabilendo il risarcimento per il conducente di un motociclo, vittima della caduta di un ramo

Il Sirabella ha infatti evidenziato che la circostanza di fatto per cui l’albero, che ha determinato il verificarsi del sinistro, insista su un fondo di proprietà non riconducibile all’Ente, non rende immune quest’ultimo dalla responsabilità di cui al combinato disposto degli artt. 2043 c.c. e 1176, 2° comma, c.c., visto che esiste l’obbligo dell’Ente, quale proprietario o, comunque, custode del tratto di strada in questione, di vigilare affinché sullo stesso non sorgano situazioni di pericolo e di adottare gli opportuni provvedimenti per rimuovere queste ultime.

La Corte d’Appello ha ritenuto fondato il motivo di impugnazione, in quanto ai sensi dell’art. 14 del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, funzione primaria degli enti proprietari delle strade o del concessionario, è garantire la sicurezza e la fluidità della circolazione, provvedendo, tra l’altro, alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredo, nonché delle attrezzature, impianti e servizi, al controllo tecnico dell’efficienza delle strade e relative pertinenze. Secondo la Corte, al caso di specie è applicabile senza dubbio tale disposto normativo. Inoltre, come ribadito a più riprese dalla Cassazione, l’ente proprietario della strada o chi sia tenuto alla gestione della stessa viene meno all’obbligo di garantire la circolazione dei veicoli e dei pedoni in condizioni di sicurezza non solo quando non provvede alla manutenzione della medesima strada, ma anche quando il danno sia derivato dal difetto di manutenzione di aree limitrofe alla strada, visto che è comunque obbligo dell’ente verificare che lo stato dei luoghi consenta la circolazione dei veicoli e dei pedoni in totale sicurezza. Infatti, l’Ente gestore che consente l’utilizzazione, per pubblico transito, di una strada, si assume l’obbligo di accertare che la manutenzione dell’area e dei relativi manufatti non sia trascurata; ne consegue che l’inosservanza di tale dovere di sorveglianza, che costituisce un obbligo primario della P.A., per il principio del “neminemlaedere”, integra gli estremi della colpa e determina la responsabilità per il danno cagionato all’utente dell’area, non rilevando che l’obbligo della manutenzione incomba sul proprietario dell’area stessa. La Corte d’Appello ha poi quantificato il danno da liquidare al Sirabella in circa 16mila euro, condannando inoltre l’ente metropolitana a liquidare altri 4mila euro circa per le spese processuali e il compenso del legale della parte offesa. È stato quindi sancito il principio secondo cui anche se la Città Metropolitana ha il solo obbligo della manutenzione senza essere titolare di un fondo attiguo alla carreggiata, è da ritenersi responsabile per i danni che il verde dovesse arrecare alla circolazione e agli utenti della strada.

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