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Ischia, in cinquanta imputati per fatture false

Di FRANCESCO FERRANDINO

NAPOLI. Si è svolta ieri presso la settima sezione del Tribunale di Napoli la prima udienza del maxi-processo per evasione fiscale e false fatturazioni nei confronti dei cinquantatre imputati, tra i quali figurano diversi professionisti e imprenditori dell’isola d’Ischia. Il giudice dell’udienza ha comunicato alle parti la decisione del Presidente del Tribunale di riunire per connessione oggettiva il procedimento in questione a un altro pendente presso lo stesso tribunale e contestualmente, accogliendo le richieste della difesa, di dichiarare l’incompetenza territoriale del giudice di Napoli, rinviando il procedimento al 4 aprile 2016 presso il giudice monocratico della sezione distaccata di Ischia, dove i fatti contestati si sarebbero svolti. Come si ricorderà, il maxi-processo si basa sulle indagini condotte dalla Guardia di Finanza su un giro di false fatture emesse e contabilizzate per operazioni inesistenti, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto.  Secondo l’accusa, diverse società edili documentavano operazioni edilizie, in realtà mai effettuate, allo scopo di favorire alcuni imprenditori del settore turistico e alberghiero, che potevano poi dimostrare una diminuzione degli utili d’impresa, pagando così al fisco molto meno del dovuto, per un totale di diversi milioni di euro, considerando anche il mancato versamento dell’Iva. L’enorme documentazione raccolta dalla Guardia di Finanza, secondo il pubblico ministero, avrebbe dimostrato l’effettiva realizzazione dello scopo. Le difese degli imputati, per quanto riguarda gli imprenditori e i rappresentanti legali d’imprese commerciali e alberghiere, rivendicavano l’effettiva realizzazione degli interventi edilizi rappresentati nei documenti contabili, ribadendo non soltanto l’assoluta liceità degli accordi presi con le società edili coinvolte, ma anche la necessità materiale di tali interventi, praticamente obbligati per garantire la sicurezza e la manutenzione delle strutture. Tali asserzioni venivano corroborate da una corposa mole di documenti che illustravano le varie fasi delle trattative, compresi i vari iter per la richiesta e il conseguimento delle indispensabili autorizzazioni per la redazione dei progetti riguardanti gli interventi necessari, oltre al saldo delle somme dovute, documentate da riferimenti dei conti correnti e copia degli assegni. Dal canto loro, invocando errori interpretativi sorti durante le indagini, i difensori delle imprese edili coinvolte ribadivano l’assoluta liceità di tutte le operazioni. Un processo complicato e ipertrofico che, ricordiamo, coinvolge oltre cinquanta imputati (e relative difese), tra i quali diverse note personalità isolane nel campo dell’industria alberghiera e del commercio. La riunione dei procedimenti e la dichiarazione di competenza territoriale a favore del giudice monocratico di Ischia, ha comunque comportato un rinvio al 4 aprile prossimo, e per molti imputati la prescrizione è ormai prossima. In pratica, il processo rischia di diventare l’ennesimo “morto che cammina”, come veniva definito ieri da certuni a margine dell’udienza. Tuttavia, alcuni esponenti della difesa, come l’avvocato Gennaro Tortora, puntano comunque a vedere dichiarata la piena assoluzione del proprio assistito. Fra l’altro, in tema di prescrizione è in atto una complessa questione giuridica riguardante una sentenza della Corte Europea proprio sui termini di prescrizione delle norme italiane sull’Iva. L’Italia, infatti, anche a causa dei tempi biblici richiesti dalla macchina giudiziaria, si è vista “bocciata” dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che ha stabilito che la normativa italiana impedisce di punire adeguatamente i colpevoli perché i termini di estinzione del reato sono troppo brevi, garantendo un’impunità di fatto. Circostanza che lederebbe gli interessi dell’Ue con la violazione dell’articolo 325 del trattato sul funzionamento dell’Unione, norma che impone agli Stati di coordinare l’azione diretta a tutelare l’Unione stessa contro le frodi fiscali.  Tale orientamento farà sì  che il giudice italiano dovrà, all’occorrenza, “disapplicare le norme sulla prescrizione controverse”. Di fatto, la pronuncia della Corte Europea può indurre i nostri giudici a demandare alla Corte costituzionale la decisione su tutti i casi dubbi,  chiedendo se applicare la normativa italiana o “disattivarla” in nome degli interessi “europei”. Poche settimane fa, il 18 settembre, la seconda sezione penale della Corte d’Appello di Milano ha sollevato la questione chiedendo alla Consulta di pronunciarsi sulla legittimità dell’articolo 2 della legge che ha dato esecuzione in Italia al Trattato sul funzionamento della Ue. In attesa della pronuncia della Corte Costituzionale, resta sospeso ogni pronostico sul momento in cui scatterà la prescrizione per il maxiprocesso che ripartirà tra sei mesi dinanzi il giudice monocratico della sezione di Ischia.

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