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Terme, dalla Regione strada spianata ai bandi

di Marco Gaudini

 

ISCHIA – L’acqua è certamente il petrolio del terzo millennio, elemento che negli anni futuri sarà senza dubbio, ancora più di oggi, al centro delle contese per la gestione del possesso. Del resto già in Campania negli ultimi mesi l’argomento è piombato nei consigli di molti enti locali, scatenando l’ira di molti ambientalisti e comitati locali e nazionali. Indubbiamente l’acqua deve rimanere un bene pubblico e scevro da mani private che possono gestirla a loro piacimento orientando la vita dei cittadini. Ma l’argomento, delicato, è piombato pure sull’isola verde che come sappiamo è la patria dell’acqua termale; e sembra che, da questo punto di vista,  una svolta sia alle porte. Ma facciamo un passo indietro, analizzando i vari aspetti della gestione di una risorsa che potrebbe diventare presto un caso molto spinoso.

Le Regioni hanno il potere di fornire le concessioni delle acque termali e minerali; e fin qui, nulla di nuovo.  Bisogna però comprendere il modo in cui sono state fornite e gestite le concessioni negli anni scorsi. E ci avviciniamo a piccoli passi al caso Ischia. Occorre sapere che il 30 dicembre del 2014 con decreto 1371 il dipartimento della programmazione dello sviluppo economico della Regione Campania ha prorogato per i successivi cinque anni le concessioni per le acque minerali e termali alle aziende, non ottemperando alla direttiva europea e alle disposizioni nazionali  che prevedono invece una gara pubblica. Non a caso con la Sentenza 117 di giugno del 2015 la Corte Costituzionale ha bloccato tutto – su impulso del Governo nazionale –  demolendo la finanziaria promossa dall’ex Governatore della Regione Stefano Caldoro e ribadendo la necessità di concedere le fonti solo dopo una gara ad evidenza pubblica;  Dunque, dicevamo, in piena estate si è deciso di ritenere illegittima la proroga automatica di 5 anni concessa da Caldoro alle aziende e agli albergatori; e qui tocchiamo con mano il caso”scottante” sulla nostra isola, dal momento che secondo quanto stabilito dalla Corte, l’affidamento delle fonti termali va postergata rispetto all’esito di una gara ad evidenza pubblica.

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