LE OPINIONI

IL COMMENTO Quando si dice la Settimana Santa procidana

Quando si dice la Settimana Santa procidana! La sera di martedì, se entravi nella chiesa di S. Michele a Terra Murata, ti trovavi immerso in una penombra di stampo caravaggesco, davanti ad un grosso Crocefisso eretto ai piedi dell’altare maggiore. E’ una sculturaimpressionante, cruda, realistica, espressione di una immensa sofferenza. Quasi dal buio dell’ambiente emergevano delle note dolcissime prodotte da violini che provavano alcuni passaggi dello “Stabat Mater” di Pergolesi. Non nascondo di avere provato una stretta al cuore. Era tutto l’insieme che aveva un fascino particolare. Ero salito a Terra Murata per assistere alla performance del coro “S. Leonardo” proprio nell’opera del grande Pergolesi. Che volete? Anni addietro sono stato il presidente di questo coro e mi è rimasto nel cuore. Abbiamo fatto anche delle trasferte fuori Procida. Mi è rimasta impressa quella di Gubbio: fuori la porta dell’albergo dove alloggiavo c’era la scritta dannunziana: Gubbio, terra di vento e di macigno”. Altri tempi! Altre emozioni! Eppure ieri sera per me il tempo si è fermato. Lo spettacolo (perché di un vero e proprio spettacolo si è trattato) è stato bellissimo. E poi erano più di due anni, causa covid, che non assistevo ad una esibizione del coro. Ero in crisi di astinenza. In un ambiente ovattato, in penombra, nel silenzio assoluto, sono venute fuori dalla sagrestia tutte le donne del coro, in fila indiana, coperte da lunghi abiti a forma di mantello, che le coprivano dalla testa ai piedi, simili ai cortei degli esuli ebrei del “Nabucco”: dei rintocchi di campana, costanti, ripetuti, quasi ossessivi nella loro ripetitività. sottolineavano l’avanzare lento lungo le navate della chiesa di queste donne.

Uno spettacolo che sapeva di antico, di altri tempi, di epoche trapassate. Sistematesi sull’altare maggiore, la musica ed il canto sono emersi da una penombra rossastra. I violini dello “Stabat” hanno una dolcezza struggente, le melodie sono di una suggestione infinita. Senti lo spirito di questo giovane compositore, divorato dalla febbre e dalla tisi, che si affanna a mettere le note sulla carta. E deve fare in fretta perché sa che non ha più tempo: sta per morire! Tutto quì il fascino dello “Stabat”…- Questo brano è stato scritto per soprano, contralto e orchestra e viene eseguito quasi sempre in tale forma. Ma martedì sera c’era qualcosa in più: alle voci soliste di Rosaria Lauro, soprano, di Micaela Barbiero, contralto, e Maria Patrizia Esposito, mezzo soprano, si è aggiunto il coro. Le voci soliste sono state splendide e mi sono meravigliato del loro grado di perfezione tenendo conto che sono state ferme due anni. Il coro, diviso in due, alla mia sinistra i soprani e alla mia destra i mezzosoprani, ha dialogato rincorrendo, affiancandosi,sostituendo, scomparendo al momento opportuno con le voci soliste. L’effetto finale è stato di una coralità piacevolissima e inedita. E’ un modo insolito per eseguire lo “Stabat”, ma ritengo che lo stesso Pergolesi ne rimarrebbe soddisfatto. La composizione in tal modo si arricchisce, diventa varia, forse più moderna, anche se per questa musica non c’è il rischio di diventare obsoleta. Il merito di questa operazione è di Aldo De vero, il mio vecchio, buon maestro Aldo. Martedì sera (non lo vedevo da due anni) l’ho abbracciato e mi sono congratulato con lui. Bravo, bravo, bravo!

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