Presidi terapeutici vitali anche grazie alla presenza di associazioni che operano nel tessuto della cittadinanza solidale con impegno, passione e sacrificio. A Ischia è la Fidas – Advs (Federazione Italiana Associazione Donatori di Sangue) a coordinare, promuovere, informare, raccogliere e accogliere gesti di solidarietà concreta come la donazione del sangue. Due domeniche al mese, presso il presidio sanitario San Giovan Giuseppe, con tanti isolani che si svegliano di buon’ora, mettono in movimento emozioni, affetti e pensieri rafforzando così la cultura del dono. A rinnovare l’appuntamento, fin dalle prime ore del mattino, decine di habituè della solidarietà, ma anche tanti nuovi volontari che si ritrovano per accogliere con entusiasmo la chiamata della Fidas Ischia. Un’affluenza positiva, sorprendente per il numero di ragazzi e ragazze che magari, forse per la prima volta, affrontano con serenità e responsabilità un gesto così semplice e allo stesso tempo così utile.
Sessantacinque anni portati benissimo, nato a Tripoli da genitori siciliani rientrati in Italia dopo il colpo di Stato di Gheddafi, sposato a Ischia (dove risiede), due figli e cinque nipotini («meravigliosi», precisa con orgoglio), Giuseppe Bramante per tutti “Pino”, è donatore dal lontano 1985. «Mi invitarono alcuni amici – racconta l’ischitano – “siete pazzi”, dissi loro, ma riuscirono a convincermi. Sono andato a Lacco Ameno, dove si effettuavano le donazioni, e da allora non mi sono più fermato. D’inverno era più semplice, perché di domenica non lavoravo o lavoravo poco; in estate era molto più complicato, ho lavorato sempre come cameriere e la domenica era una giornata impegnativa, quindi cercavo di arrivare anche alle 6 di mattina per fare il primo e tornare al lavoro senza ritardi. Qualche volta ho saltato – confessa – non sempre per colpa mia. Mare grosso, dottori che non arrivavano, ostacoli logistici o burocratici. Le avessi fatte tutte, sarei arrivato a 120».
«Per me Pino Bramante è un supereroe – conclude Luigi Trani, presidente Fidas Ischia – un uomo capace di finire il suo turno di lavoro notturno e venire qui anche alle 6 di mattina per poter donare. Quando ha dovuto affrontare un intervento, ha chiesto di calendarizzarlo in modo tale da non interferire, né prima né dopo, con la donazione. La sua vita è andata di pari passo con i nostri appuntamenti per la raccolta. Donare il sangue è stato per lui un momento di grandissima realizzazione personale. Un esempio di vita che è doveroso omaggiare».
Com’è la situazione in Italia e in particolare nella nostra Regione?
«Assistiamo a un minor numero di donazioni. Il motivo è semplice: da un punto di vista chirurgico le tecniche si sono affinate, c’è quindi una minore necessità di sangue ed emo-componenti. Parliamo di un piccolo calo ma evidente. Tuttavia resta forte la necessità di plasma, che l’Italia acquista ancora dall’estero. Il Centro Nazionale sta perciò puntando sull’incremento di donazioni del plasma per raggiungere l’autosufficienza. In Campania la situazione è complicata perché le strutture accreditate per la raccolta di plasma sono ancora poche. Bisogna lavorare perché aumentino e si possa così garantire la qualità e la sicurezza del sangue prelevato».
Qual è il grado di sicurezza del sangue oggi in Italia ?
«Ormai è sicuro da anni. Su 3 milioni e 200 mila eventi trasfusionali in un anno, gli unici problemi si contano sulle dita di una mano. Dovuti, tra l’altro, a errori procedurali. Il sangue viene sistematicamente controllato, il livello è talmente alto che non si può incorrere in casi di trasmissione di agenti patogeni».
Donare il sangue permette anche di tenere sotto controllo il proprio stato di salute.
«Soprattutto chi dona in maniera periodica. La campagna che stiamo portando avanti da anni è quella di garantire un esercito di donatori periodici. Coloro che si sono accorti di avere valori fuori dalla norma sono intervenuti tempestivamente, risolvendo problemi che si sarebbero protratti nel tempo nel caso non ci fosse stata una segnalazione repentina».
«Le campagne di informazione puntano soprattutto su tre categorie di persone: i giovani, dai 18 ai 28 anni, sono il target privilegiato della Fidas. Sono i donatori di domani, quelli che garantiranno quell’autosufficienza così faticosamente conquistata; le donne, che possono donare meno degli uomini (solo due volte all’anno), ma verso le quali non esistono tali restrizioni nel caso di donazione del plasma; i nuovi cittadini, che ormai vivono stabilmente sul territorio italiano e hanno fenotipi del sangue più rari. Più incisiva è l’attività di comunicazione, maggiormente positiva è la risposta. C’è inoltre un’attività di formazione rivolta soprattutto ai responsabili associativi. Le persone alla guida di associazioni di volontari per la donazioni devono conoscere tutto quello che avviene, anche a livello normativo, nel “sistema sangue” nazionale».
Più difficili i rapporti con le Aziende Sanitarie e con le Istituzioni?
«Quando si improntano i rapporti alla massima chiarezza, non ci sono difficoltà. E’ importante conoscere il compito delle Associazioni di donatori di sangue, che non devono né possono sostituirsi alle istituzioni o alle aziende sanitarie. Quando si lavora in sinergia, nella piena consapevolezza dei compiti di ognuno, con la massima naturalezza, non si verificano criticità significative».
Le campagne di sensibilizzazione della Fidas vi hanno visti in questi anni in barca a vela, in giro con il camper…la prossima mossa?
«Tre anni fa siamo venuti a Ischia con la campagna “Fidas coast to coast”, una tappa di un giro lungo le coste italiane con due imbarcazioni, una partita da Trieste, l’altra da Imperia, che si sono riunite in Calabria. L’anno successivo, sempre per sensibilizzare il dono del sangue, siamo partita con “Fidas on the road”, giro del Paese in camper privilegiando soprattutto le zone più interne. Quest’anno Fidas ripeterà l’esperienza di partecipare alla Carovana del Giro d’Italia. Dal 9 al 30 maggio, partenza da Catanzaro e uno slogan tutto nuovo: “Disseta la vita”».