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«Fitti brevi, occorre una regolamentazione», parola di Ermando Mennella

Il vicepresidente regionale di Federalberghi invoca chiarezza normativa su un settore che spesso somiglia più ad una giungla

Seconde case non sfruttate ed opportunità di guadagno. Questa è la ricetta del successo di Airbnb, il portale online che mette in contatto persone in cerca di un alloggio o di una camera per brevi periodi, con persone che dispongono di uno spazio extra da affittare. Ed i dati dicono che l’hanno fatto in tanti. Sono circa 300 gli alloggi siti nei sei Comuni dell’isola di Ischia presenti su Airbnb. In Italia, invece, sono più di 415mila, per un totale di oltre 1,8 milioni di posti letto.

I dati sono aggiornati al giugno del 2019 e fanno riferimento agli alloggi affittabili su Airbnb in Italia. Ad averli forniti a Infodata è stato Vincenzo Patruno di onData, associazione che lavora per diffondere la cultura della trasparenza e degli open data.  Sono oltre 71 per ogni mille abitazioni messe on line su Airbnb nel Comune di Forio. A seguire Serrara Fontana con oltre 50 alloggi. E poi Lacco Ameno con 47, Ischia con 41. Chiude la classifica Casamicciola sul cui territorio con ci sono poco più di 40 alloggi ogni mille abitazioni.  I numeri sono diversi nelle città più grandi: 29mila appartamenti a Roma, 17mila a Milano, 11mila a Firenze, 8mila a Venezia e Napoli. Numero, quest’ultimo, che rende necessario un ulteriore approfondimento, visto che queste due città hanno più o meno lo stesso numero di alloggi su Airbnb ma il capoluogo veneto ha 261mila abitanti contro i 972mila di quello campano. Segno che il portale è meno diffuso al Meridione.

«Ma sull’isola di Ischia nel pieno della stagione estiva arriviamo anche a 1700 annunci», assicura Ermando Mennella, già presidente di Federalbeghi Ischia ed attualmente vicepresidente per la Campania dell’associazione degli albergatori. «Airbnb è un fenomeno mondiale e nessuno la vuole contrastare – precisa Mennella – ma va regolamentata. Deve dire chi soggiorna nelle sue case per motivi di sicurezza, pagare le tasse come noi. La concorrenza è un fattore positivo, purché sia ad armi pari», ci spiega. E ribadisce: «Stesse regole, stesso mercato. Questo dovrebbe essere il principio. Sull’isola di Ischia, però, non è così». Mennella lancia un allarme: «Cedolare secca non versata ed imposta di soggiorno evasa sono all’ordine del giorno» per coloro che fittano case, stanze, sgabuzzini, magazzini e garage sotto forma di posti letto nei vari Comuni dell’isola. Ma c’è anche un altro aspetto. «I proprietari di queste strutture effettuano una vera e propria attività imprenditoriale pur non essendo imprenditori e non correndo i rischi che corrono gli albergatori. Ad esempio, la tari che si paga ad Ischia per una struttura alberghiera è pari all’11 per mille. Per una casa, invece, è pari a 19 euro al metro quadro. Una disparità di trattamento». Per l’ex presidente di Federalbeghi Ischia: «Questi appartamenti non possono e non devono essere più considerati come residenze. Nella realtà, invece, lo sono. E qui nasce la concorrenza sleale».

Occorre, quindi, regolamentare il settore. Ci ha provato il Parlamento attraverso un emendamento al decreto Milleproroghe che avrebbe dovuto portare una stretta al sistema Airbnb, la piattaforma per affitti brevi, che è stato prima bocciato dalla maggioranza e poi ritirato dai proponenti dem, Nicola Pellicani e Rosa Maria Di Giorgi. La questione resta aperta: il governo ha assicurato che sarà trattata in un collegato alla legge di Bilancio sul turismo. Il provvedimento è atteso in Consiglio dei ministri entro la prima metà di febbraio. Il testo normativo dovrebbe assicurare trasparenza e legalità lottando contro l’abusivismo e risistemando il comparto. L’emendamento Pellicani-Di Giorgi nasceva dalla necessità di contrastare il problema affitti brevi nelle città turistiche che spopolano il centro e decimano gli affitti ‘normali’. Alle loro proposte nette (come un tetto massimo di stanze in locazione e l’identificazione di un numero limitato di licenze annue deciso dal comune) si contrappone Italia Viva che boccia l’eterogeneità di regole e chiede una stretta solo quando sia comprovata un’attività d’impresa. «Non credo che tutti coloro che mettono a disposizione il proprio appartamento o una stanza da fittare possano essere equiparati ad imprenditori. E non credo, quindi, che sia necessario creare un’azienda per ognuno che mette in fitto una casa», spiega Mennella che precisa: «Credo, però, che sia necessario equiparare dal punto di vista fiscale e tributario gli ‘host’ (ovvero i proprietari delle case messe in fitto) con gli albergatori». «E ciò – chiosa – rappresenterebbe anche un interesse per le amministrazioni comunali che avrebbero dei nuovi contribuenti». La strada della regolamentazione per i fitti brevi, in ogni caso, è ancora lunga.  

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