CRONACAPRIMO PIANO

L’indagine, le consulenze, i messaggi: le ombre sulla morte di Sara Castigliola

L’attività investigativa condotta dall’avvocato Francesco Pero con la relazione del dottor Vincenzo Rosini ha portato alla luce una serie di anomalie nell’assistenza prestata alla 31enne deceduta all’ospedale “Rizzoli” dopo aver messo al mondo la sua bambina. In una chat i suoi timori e una frase macabra: “Mi hanno ucciso”

Non occorre essere giuristi né tantomeno avere chissà quale cultura specifica per capire che il diniego di un gip ad una richiesta di archiviazione richiesta in un’indagine dal pubblico ministero (ossia da colui che è chiamato a sostenere l’accusa) non è certo un qualcosa che si verifichi tutti i giorni o peggio ancora possa passare inosservato. Quando un caso del genere si verifica, poi, ancor più i riflettori si accendono se si considera che la vicenda in questione è quella legata al decesso di una giovane donna ischitana, venuta a mancare in ospedale poco dopo aver partorito la sua prima figlia. Riepiloghiamo e cerchiamo di mettere ordine, cercando di affidare al lettore – missione tutt’altro che agevole – una serie di concetti pratici e non complicati. Sara Castigliola, 31 anni, muore al Rizzoli di Lacco Ameno il 30 ottobre 2021 dopo aver partorito, dicevamo. Inevitabilmente si apre un’indagine condotta dai carabinieri con la regia della Procura della Repubblica. Vengono iscritti nel registro degli indagati sei medici in servizio presso l’ospedale Rizzoli: si tratta di Francesco Rando, Domenico Loffredo, Mariantonia Galano, Silvia Galletti, Marcella Marino e Roberto Buonanno. Poi l’iter è quello canonico: si procede all’autopsia sulla salma, entrano in gioco avvocati, consulenti e chi più ne ha più ne metta. Alla fine, ne viene fuori che evidentemente non ci sono particolari responsabilità da attribuire per la morte di Sara o meglio di responsabilità non ce ne sono affatto. Ne è convinto anche il pm, ma non il gip e allora è il caso di provare a capire cosa è successo. Perché qualcosa, è chiaro, deve essersi inceppato e non ha filato per il verso giusto.

L’AVVOCATO, LE INDAGINI E LE PERPLESSITA’ SUL DECESSO

Forse un punto di partenza per provare a capire cosa ha contribuito a sgretolare granitiche certezze (quelle legate cioè al fatto che gli indagati non fossero assolutamente responsabili) c’è. Bisogna accendere i motori da novembre 2022, quando Raffaella Scotti – madre della povera Sara – decide di affidarsi all’avvocato Francesco Pero per vedere rappresentate le proprie ragioni e quelle della defunta mamma. Quello rappresenta un momento di svolta perché inizia a mutare un quadro che più o meno appariva consolidato e pareva condurre dritto all’archiviazione. Dopo una serie di perplessità tutt’altro che irrilevanti (in primis perché i consulenti non depositino la loro relazione per quanto i termini siano scaduti) si arriva al parre che l’avvocato Pero chiede al dottor Vincenzo Rosini – specialista in medicina legale – di preparare una relazione medico legale per presentare opposizione alla richiesta di archiviazione e nel frattempo (anche per il tramite di altri medici e specialisti che lo affiancano lontano dai riflettori in quella che diventa una vera e propria attività investigativa) raccoglie anche tutta un’altra serie di elementi che quantomeno lasciano alcune perplessità relativamente alla dinamica degli eventi che ha caratterizzato la degenza di Sara Castigliola presso il nosocomio lacchese.

Nel suo documento, Rosini tra l’altro fa considerazioni facilmente comprensibili anche ai non addetti ai lavori, in particolare quando scrive: “Presa visione della consulenza tecnica redatta dal collegio peritale nominato presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Napoli, pur apprezzandone il supporto della accreditata letteratura condotta dal Prof. Arduini, non è possibile condividerne le conclusioni medico-legali che, purtroppo, non colgono i termini reali della triste vicenda della sig.ra Sara Castigliola. La trattazione clinica operata dagli specialisti che hanno affiancato il medico-legale nella stesura dell’elaborato ha, invero, dimostrato l’esistenza di numerose condotte (sia in linea teorica che nella pratica clinica) addirittura antitetiche a quelle stabilite dalle Linee Guida con precisi riferimenti al rapporto causale materiale tra dette inappropriate condotte e l’exitus della giovine Paziente”. Il termine “antitetico”, invero, è tutt’altro che diplomatico e non lascia dubbi su una condotta che – ovviamente sempre secondo un parere del tutto personale – non sarebbe stata caratterizzata dai dovuti crismi.

L’ACCUSA DELLO SPECIALISTA: SCONCERTO PER LE CONCLUSIONI DEI CONSULENTI

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Ma c’è anche un altro passaggio, nel quale il dott. Rosini si dice addirittura sconcertato dalle conclusioni redatte dai consulenti. Leggete cosa scrive lo specialista, le sue parole sono inequivocabili: “Alle evidenti inadempienze elencate e motivate dai consulenti tecnici specialisti (in ordine al ripristino della volemia, alla terapia infusionale, all’effettuazione di esami diagnostici intra-partum e postpartum e alla gestione della coagulopatia), fa da ingiusto corollario un’analisi medico-legale ai limiti del disinteresse e che di seguito si riporta: ‘le pur non condivisibili condotte assistenziali inerenti la gestione ed il trattamento dello shock emorragico e della CID non possono essere considerate sicuramente decisive nel determinismo del decesso della paziente, sebbene abbiano inciso nel pregiudicare in misura significativa la prognosi quoad vitam’. Con franco sconcerto si prende atto di una simile conclusione, resa irricevibile in ragione della sua fumosità ed indeterminatezza. La consulenza svolta, quindi, non individua con chiarezza il rapporto giuridico esistente fra le ‘non condivisibili condotte assistenziali’ ed il decesso della Paziente, per cui i CCTTU ritengono che le erronee condotte abbiano pregiudicato significativamente la prognosi ‘quoad vitam’ senza però essere ‘sicuramente decisive’”. Il che, e non occorre certo uno scienziato per comprenderlo, suona davvero come una contraddizione in termini. Poi un altro affondo che francamente fa venire i brividi: “Si ribadisce che la sig.ra Sara Castigliola non fu correttamente trattata per la complicanza emorragica (post amniorexi?), per cui fu privata delle ottime probabilità di sopravvivenza garantite dal trattamento di un’emorragia, soltanto dopo essersi complicata da shock emorragico e CID. Al medesimo tempo, nessun’altra partoriente si sarebbe potuta salvare se curata con le stesse specifiche inadempienze (da leggersi, lo si ripete, come omissione di regole sia di buona pratica che cautelari); onde per cui, escludere una responsabilità penale si tradurrebbe in conseguenze giuridicamente inaccettabili, ovvero, che presso l’Ospedale di Ischia non sia possibile salvare una partoriente con emorragia (sic!)”.

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UNA GRAVIDANZA E I CAMPANELLI D’ALLARME (FORSE) IGNORATI

Così come il consulente, anche l’avvocato Pero “scava” attentamente in questa storia dallo stesso subito ritenuta “torbida” riscontrando una serie di possibili campanelli d’allarme che magari sono stati ignorati. Ci sono delle minacce d’aborto che Sara inizia a presentare sin da marzo 2021 e che non a caso vengono certificati dal dott. Francesco Rando prima (che parla di gravidanza a rischio) e dall’ASL Napoli 2 Nord, che imponevano alla Castigliola la messa a riposo pretermine dal lavoro. Non solo, a giugno si era verificato un primo distacco di placenta con una vistosa perdita ematica, e poi Sara Castigliola nel periodo della gestazione si era manifestata spesso come soggetto anemico. Ma ancora, particolare questo tutt’altro che trascurabile, i forti dolori addominali manifestatisi con la rottura prematura delle membrane avvenuta alle ore 21 del 29 ottobre 2021, con le annesse contrazioni e dolori addominali che sarebbero proseguiti nel corso della notte pur in assenza di una significativa dilatazione. Poi un’altra serie di valori clinici non in linea sui quali sorvoliamo perché di natura tecnica fino a un’altra inquietante sottolineatura che sempre il dott. Rosini fa nella sua relazione nella quale testualmente scrive: “Il peso della bambina di ben 4 kg in primigravida nullipara . Ma si sospetta che il peso della bambina fosse ben maggiore, in quanto il referto della biometria effettuata la sera del 37 29.10.2021, a firma del ginecologo dr.Rando reca una cancellatura, si legge che il peso fosse di 4.300 o 4.800 trasformato successivamente a 4000 gr”.

LE DUE SENTENZE DELLA CASSAZIONE CHE HANNO CONVINTO IL GIP

Ombre che si aggiungono ad altre ombre. Come quando ci si rende conto che salvare la vita a Sara Castigliola senza ricorrere a tecniche di natura diverse rispetto a quelle adottate sarebbe stato praticamente impossibile, perché presso l’ospedale Rizzoli c’era carenza di sangue, essendo disponibile soltanto una sacca ematica, assolutamente e palesemente insufficiente a far fronte ad un’emergenza del genere. E non porsi la domanda sulla presenza di sangue presso la struttura mentre si stava procedendo ad un taglio cesareo è secondo il legale ed i suoi consulenti una negligenza oggettiva. Una delle conclusioni cui arriva Vincenzo Rosini è ancor più perentoria: “Se l’emorragia fosse stata trattata con tempestività e correttezza tecnica, con adeguato ripristino della volemia, terapia trasfusionale, esecuzione degli esami diagnostici di monitoraggio, gonfi aggio di Bakri-Balloon, sutura di B-Lynch e, se del caso, isterectomia, le conseguenze sfavorevoli quoad vitam in capo alla sig.ra Castigliola non si sarebbero certamente verificate poiché ‘trattare la causa scatenante dell’emorragia persistente e dello shock, evitando l’ipotermia e l’acidosi; instaurare un adeguato supporto emodinamico aiuta a prevenire la coagulazione intravasale disseminata (CID)’”. Relativamente all’inadeguatezza dell’ospedale Rizzoli ad affrontare un’emergenza come quella che si trovava suo malgrado a subire la povera Sara Castigliola, l’avvocato Francesco Pero ha esibito a sostegno della sua opposizione alla richiesta di archiviazione ben due sentenze della Suprema Corte di Cassazione che spiegano come sia da ritenersi colposa una condotta del genere, cioè quella di muoversi anche in un contesto di presidio sanitario non adeguato alle circostanze. Un’altra “spallata” del legale isolano che a quel punto non poteva non crollare di fronte ad una serie eccessiva di anomalie e perplessità che necessiteranno di una serie di approfondimenti. Che faceva il paio con la conclusione della relazione di Rosini nella quale si legge testualmente: “Pertanto, in conclusione, si ribadisce come le cure espedite nel trattamento dell’emorragia post partum prima, e della CID poi, furono inescusabilmente carenti, tanto che alle gravi omissioni nel trattamento dell’emorragia post partum fece seguito la grave coagulopatia (CID) che, in ultimo, determinò il decesso della Castigliola, partoriente dell’età di trent’anni”.

IL DRAMMATICO MESSAGGIO DI SARA: “MI HANNO UCCISO”

Potremmo chiudere qui, nell’attesa di capire quali sviluppi prenderà questa triste storia. Ma l’avvocato Francesco Pero, nella sua ostinata volontà di voler mettere insieme i tasselli di un complesso mosaico, è riuscito anche a recuperare le chat whatsapp della povera Sara mentre si trovava in ospedale in attesa di dare alla luce la sua bambina. Ebbene, ce n’è una in particolare che lascia senza fiato. La ragazza si rivolge sempre alla compagna del suo defunto padre scrivendole dapprima “Mi ha rotto le acque” e poi caricando l’immagine di un cimitero con alcune bare accompagnata da un commento che si sarebbe rivelato drammaticamente profetico: “M’accis” (mi ha ucciso, ndr). Uno scambio di messaggi che a posteriori presenta davvero contorni macabri.

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