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“La comunicazione come luogo per creare ponti”

di Isabella Puca

foto Giovan Giuseppe Lubrano

Ischia – Si è tenuto ieri mattina in Episcopio un incontro tra i giornalisti e l’ufficio Comunicazioni Sociali della Diocesi di Ischia in occasione della festa di San Francesco di Sales, protettore dei giornalisti, e in preparazione della 50° giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali che avverrà il prossimo 8 maggio, l’unica giornata mondiale stabilita dal Concilio Vaticano II. Presenti all’incontro, moderato dal parroco di Ischia Don Carlo Candido, Mons. Pietro Lagnese e due giornaliste dell’Avvenire, Stefania Falasca e Valeria Chianese. L’intento della Diocesi di Ischia è stato quello di sottolineare, prendendo spunto dal titolo del messaggio di Papa Francesco “Comunicazione e Misericordia: un incontro fecondo” come una buona comunicazione possa essere occasione d’incontro e di dialogo. «Papa Francesco, ha parlato dei mezzi di comunicazione come luogo per costruire ponti e conoscere la tenerezza. Non come una fionda per colpire dunque, ma luogo d’incontro». É stato così che Don Carlo ha introdotto Stefania Falasca, giornalista e grande amica di Papa Francesco fin da quando era solo un prete. «Vi ringrazio, – ha esordito la Falasca –  non ero mai stata a Ischia ed è stata una bella sorpresa scoprire in questa realtà una così grande partecipazione. Trovo significativo che quella della  comunicazione è stata l’unica giornata mondiale stabilita sin dal Concilio. Credo che le  parole del Papa non possano essere disgiunte dalla sua vita, nel titolo del documento abbiamo già un riassunto di quello che è un intero magistero. Il messaggio centrale del Cristianesimo è “Gesù è la misericordia” e Francesco ha posto quest’annuncio come priorità assoluta. Si è parlato tanto di rivoluzione di Bergoglio, ma l’unica grande rivoluzione è stata la predicazione, l’annuncio del Vangelo. Predicazione non è solo annunciare ma ha anche un aspetto salvifico». Curioso l’aneddoto raccontato dalla giornalista che vede il Papa un ottimo conoscitore dei Promessi Sposi, pare infatti che  conosca l’opera del Manzoni a memoria, dopo averla letto cinque o sei volte di seguito, in particolare il ventitreesimo capitolo dove si assiste all’incontro con l’Innominato che, il Papa, ha tradotto come incontro tra il misero e la Misericordia. «Credo che la migliore sintesi sia stata fatta da Benigni – ha aggiunto la Falasca – che ha definito la misericordia “una grazia leggera”. Benigni ha sottolineato che la misericordia è al centro del ministero di Papa Bergoglio che sta tirando tutta la Chiesa verso il cristianesimo come una dimensione di cui ci eravamo dimenticati, e lo fa proprio attraverso la misericordia. Il Cristianesimo non c’è senza Misericordia, il Papa si è definito recentemente “un uomo perdonato” ed è questo che colpisce di lui che si propone  come testimone così come dovrebbe essere tutta la Chiesa». Secondo la Falasca sono tante le somiglianze con Papa Luciani, ravvisate in particolare in quella sua “oralità suadente”, «la comunicazione deve costruire pace e ponti e non creare divisioni e messaggi di odio. Non c’è peggior comunicatore di quello che crede di sapere tutto. Non c’è comunicazione se non c’è ascolto e ascoltare è più che udire perché rimanda a ciò che la comunicazione chiede e cioè la vicinanza.  La comunicazione è il ministero della misericordia solo quando è impostata nel ministero della vita». La parola è poi passata a Valeria Chianese che, per l’Avvenire, è corrispondente dalla Campania; buona parte dei suoi articoli arrivano dalla Terra dei Fuochi o dai quei territori martoriati dalla camorra. «Sono una cronista di strada e punto molto sull’ascolto, il mio compito è quello di raccontare la vita avvicinandomi alla verità che non è mai assoluta. Per chi lavora al quotidiano non sempre si ha voglia di scrivere ma bisogna farlo e in questo anche l’esperienza aiuta e quel sentirsi sempre in gavetta, mai arrivati. La Chiesa della Campania è formata da 25 diocesi e queste faticano a dialogare tra loro, ho proposto un inserto in Avvenire dove tutte le diocesi della Campania possano avviare queste fraternità. Nel 2016 ci sono molte diocesi piccole, ristrette; voi di Ischia siete una comunità aperta». Sono 30 anni che la Chianese lavora per l’Avvenire e ogni giorno, nei suoi articoli cerca di far trasparire il bello che c’è, nonostante tutto, «provo a raccontare la realtà cercando il bene, le cose buone; spesso si è pigri nel cercarlo, nel vederlo. Nel 2004 – 2005, durante la prima faida di Scampia, ci furono circa 70 vittime in un mese, ma la domenica non si uccideva. Io non dimenticavo mai chi moriva, innocente o no, era un essere umano. Capita che si diventi ciechi dinanzi a ciò che non ci attira ma è un ostacolo che frena e non ti fa perdere quel cammino verso la verità». Proprio per un articolo di camorra la Chianese fu proclamata cronista dell’anno grazie a quell’aver stretto un rapporto intenso con il territorio, «noi donne – ha concluso la Chianese – siamo vigilanti per natura e dobbiamo impegnarci a esserlo ancora di più perché solo così possiamo avere quella prossimità che può salvare il mondo». Dopo un caloroso applauso dei presenti la parola è passata al Vescovo, Mons. Pietro Lagnese che, sin da subito, ha sottolineato le grandi responsabilità di chi fa comunicazione e lo stile semplice, e non semplicistico, utilizzato dal Papa per i suoi messaggi, stile al quale bisognerebbe attingere per capire come comunicare. «Il Papa dice che dobbiamo cominciare a concepire il mondo come un casa, come una famiglia. La società umana non è uno spazio in cui gli uomini competono cercando di prevalere, ma è una casa con la porta aperta. Un obiettivo della comunicazione deve essere quello di trovare il modo giusto di dire le cose. A volte sfugge l’obiettivo primario: creare ponti. Dobbiamo pregare molto per chi fa comunicazione perché loro creano opinione e può fare grandi danni se non si cerca umilmente di capire, di ascoltare. Non è possibile limitarsi al condizionale, crea una natura del conflitto e non ci aiuta». Il Vescovo ha poi affermato che è importante mettersi in ascolto del messaggio del Papa, per riappropriarsi di questo senso di umiltà contribuendo a far crescere questo valore di prossimità. «Siamo tutti de peccatori perdonati, siamo tutti dei poveri e dobbiamo metterci umilmente in ascolto dell’altro. Tre anni fa ci siamo lanciati nell’avventura di Kaire che va a vanti con grandi difficoltà e passione. Dobbiamo raccontare il bello, la vita è fatta di chiari scuri ed è importante che si evidenzi il positivo sapendo che è difficile». La parola è poi passata nuovamente a Don Carlo Candido che ha rivolto alle due giornaliste delle domande relative, ancora, alla loro esperienza nel mondo delle comunicazioni. Stefania Falasca è conosciuta come la prima ad essere stata telefonata da Papa Bergoglio dopo il momento della proclamazione a Papa ed è stata lei a raccontarci un aneddoto di questa amicizia, «io e la mia famiglia abbiamo conosciuto Bergoglio nel 2002 a  Buenos Aires ed è rimasta con lui una grande amicizia. Quando veniva a Roma passava sempre per casa nostra, era un buon prete ed è sempre stato attento;  con lui c’è un rapporto gratuito, la sua una vicinanza è molto umana e disinteressata. Quel pomeriggio alzai il telefono e sentii dire “questa è la prima telefonata che faccio”; il sabato prima era a casa nostra a sentire un concertino di mia figlia che suona l’arpa. Nel 2007 facemmo un’intervista e se la leggo, ancora mi sorprendo. Lui non era così, ora ha più facilità nel parlare in pubblico. Per il resto è uguale a sempre, mi sembra quasi che sia  sempre stato Papa»

 

 

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