LE OPINIONI

«Caffè Scorretto» «Dio intenderà le vostre preghiere, forse»

Premessa 1. Ammetto che il mio potrebbe essere inteso come un tentativo di un certo disperato buonumore. “Prevenire” non soltanto “reprimere”, dovrebbe diventare il mantra assordante in questi giorni segnati dalla seconda ondata che ci ha recluso di nuovo – per ragioni di tutela collettiva –– cosa di cui possiamo andar fieri partendo dalla considerazione che in otto mesi non è stato fatto nulla per prevenirla, appunto. Un mantra che dovrebbe suggerirci, a livello locale e isolano e in modo estensivo in Regione Campania, che forse è giunto il momento di cambiare rotta, da adesso in poi. Si potrebbe cominciare dagli sterili dibattiti, specie quelli che arrivano da una parte della politica, e renderli fecondi: sarebbe un buon inizio. Non è detto, per niente, e neppure per tutti, che sia facile capire ciò che sto dicendo; come non è detto che il mio piccolo intervento si possa collocare nella seconda sfera d’influenza, capace cioè di far nascere qualcosa. Anzi.

Parlare da “soli” spesso non è altro che la secchezza delle parole. L’effetto è lo stesso di quando capita di avere di fronte un potenziale interlocutore che però possiede un universo limitato (anche di parole, le due cose sono collegate). Insomma, se non c’è qualcuno in grado di ricevere un segnale, come una radio, va da se, le parole viaggeranno nell’etere per un tempo imprecisato. A vuoto magari, incapaci di creare effetti fino a quando non ci sarà qualcuno disposto ad afferrarle. Belle o brutte che siano, le parole hanno bisogno dello scambio. Hanno bisogno di una frequenza per lo più simile tra due o più soggetti, che può essere ricercata pure per mezzo del “botta e risposta”. Purché costituito dalla voglia di “in-tendersi” (ossia “tendersi dentro”, “mirare a qualcosa” e, ancora, “rivolgere verso”). In definitiva si può dire che si tratta di un’operazione semplice ma allo stesso tempo complessa. In cui non c’entra esclusivamente l’ascolto (saper ascoltare non è da tutti, è una capacità che va sviluppata nel tempo e molto del lavoro lo fa l’empatia e l’esperienza) ma chiede l’intervento di quell’attitudine nel fare spazio alla volontà (di intendersi). Vale a dire la voglia di comprendere ciò che l’altro vuole dirci (e questo, a sua volta, sarà chiamato a fare lo stesso in condizione di reciprocità). Parlare, è semplice. Tutti sappiamo o possiamo farlo. Politichese, burocratese, a vanvera, di modi ce ne sono. Parlare, ascoltare per intendersi, fare attenzione alle parole per cercare ogni volta un punto di unione e confronto è ben altra cosa. È un’operazione un pelo più difficile ma non impossibile. Con un poco di pratica ci si riesce ed è ciò che dovrebbe fare la “Politica”. Questa serie di micro passaggi, alcuni riescono a farli contemporaneamente, però richiede uno sforzo finalizzato allo sviluppo di uno spirito critico. Sforzo, che non tutti sono disponibili a compiere. Le ragioni sono molteplici: la perdita di attenzione, la velocità con cui viaggiano le informazioni, la superficialità nella lettura poiché si è ritardo a un appuntamento di lavoro, o addirittura ritenersi un gran “pensatore/politico” dall’ego smisurato, solo capace di guardare dall’alto in basso e lanciare massime per le buone pratiche alla plebe. Tutto potrebbe distrarci dall’impiegare un impegno di comprensione. Chiaramente la mia è un’estrema sintesi di un grosso lavoro, e magari ho saltato qualche passaggio, tuttavia mi auguro di essere stato inteso. Premessa 2. Si può parlare in molti modi. Oltre alle parole, attraverso comportamenti, fatti, addirittura mediante il silenzio. Giacomo Pascale, il sindaco di Lacco Ameno, insieme alla sua giunta, ha scelto di “parlare” con un gesto: lui e i suoi assessori rinunceranno alla retribuzione del mese di novembre e devolveranno la somma raccolta a chi si trova in difficoltà economica. Un piccolo atto, certo, che segue quello del consigliere di minoranza di Serrara Fontana, l’avvocato Roberto Iacono.

Nel primo lockdown fece lo stesso devolvendo il suo “gettone” alla raccolta fondi per l’ospedale Rizzoli che ne aveva bisogno. Delle sue parole, siglate in una PEC inviata al segretario comunale e alla ragioneria del suo comune, però non c’è stata traccia sulla stampa. Il gesto di Pascale si unisce a quello della catena dei supermercati Decó, di proprietà della famiglia Lombardi, che distribuirà buoni spesa e al grosso impegno che la Caritas diocesana sta facendo sull’isola. Piccole goccia nel mare? Può darsi. La misura adottata dall’amministrazione di Lacco ameno nulla toglie e mette poco ma in un periodo – per molti – di depressione economica è meglio che niente. Tuttavia, anche questa crisi “parla”, ed è in momenti come questo che ci segnala la necessità di uno sforzo per arrivare a un livello accettabile di comunicazione e comprensione unitaria. Chi capisce questo concetto semplicissimo, è bravo? In un momento di smarrimento come questo, sicuramente. E magari sarà anche tacciato di essere un filosofo cui manca la visione della realtà e delle cose. Per non scontentare nessuno, ciò che abbiamo creato sull’isola tramite l’immobilismo e l’assenza della visione d’insieme non è certo la migliore delle situazioni. E gli effetti si vedono. Tutti. Premessa 3. Di parole pre e post Covid ne sono state dette, tante. In particolare hanno riguardato ciò che come isola, come “unicum”, saremmo potuti diventare se avessimo avuto una sanità ospedaliera degna di un paese civile, senza riuscirci. È chiaro che il discorso si allarga anche all’Italia intera e in particolare alla nostra Regione. Hanno curato le potenzialità manifestate dal pensiero di una nuova mobilità, con un servizio unico dei taxi cui creare le condizioni per lavorare tutto l’anno, e un trasporto innovativo su gomma e in mare, tanto da farci toccare con mano l’idea che dal terzo mondo avremmo avuto anche noi la possibilità di risalire la classifica e approdare almeno al secondo. Fanno notare, oggi, i confini amministrativi tra comuni che rendono palese la restrizione agli spostamenti sul territorio dell’isola per via del nuovo DPCM il quale “vieta” di muoversi tra comuni. Se il sindaco di Lacco Ameno, come richiesto da Francesco Del Deo presidente dell’associazione delle isole minori, si è fatto promotore di un’iniziativa che sembrerebbe esser condivisa dagli altri suoi colleghi, cioè considerare l’isola come un caso a se e permettere lo spostamento da un comune verso l’altro, – proposta da inviare a Stato e Regione – a compensare l’ipotesi di demolizione dei confini tra giurisdizioni insiste il peso dell’attuale manifesta divisione. Che c’è, rimane e parla. Anch’essa. E neppure questo momento di crollo depressivo riesce a disintegrarla, negli atti e nei fatti. C’è addirittura chi ha evocato nell’operazione di Pascale una sorta di “comune unico” di fatto e a tempo determinato. Con la quale si potrebbe essere in linea se questa “divisione amministrativa” fosse superata del tutto e controbilanciata dalla ricerca di una coesione permanente. Come? Con l’economia, unificando i servizi per esempio; mediante discussioni in grado di catapultarci in quella dimensione “costruttiva” del dialogo in cui attivare uno sforzo di comprensione che evidentemente serve a chi oggi guida i comuni e spronarli a cambiare prospettiva. La sanità, la presenza dell’ospedale, l’aumento immediato della volumetria e dei posti letto, la separazione tra questi in Covid e non Covid, l’organizzazione logistica di ciò che serve, non può essere – e di fatto non è – solo un problema di Lacco Ameno. Come la questione di Villa Mercede, delle persone che ci lavorano e degli ospiti, non può essere solo una difficoltà di Serrara Fontana. Sono temi ai quali i comuni devono opporsi in modo armonico, parlando. Non solo tra loro o, peggio, per vestirsi con abiti di parole per vedere come stanno addosso. Uscire dall’attuale dimensione sonnambula, aliena ai fari dello sviluppo e a tratti astiosa, dovrebbe perciò essere la sollecitazione necessaria per dare alla comprensione l’agio di manifestarsi e realizzare un non lontano futuro. Dio permettendo, d’intesa con i comuni e con chi sarà in grado di scendere dallo scalino che usa per gettare parole e proclami alla stampa, non avrà nulla in contrario.

Pagina Fb Caffè Scorretto di Graziano Petrucci

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