CULTURA & SOCIETA'

Rodolfo Valentino e l’ischitano “Zi Rafele” Mascolo amici per caso. Una bella storia italiana nata al largo di San Francisco in California

‘Zi Rafele era il padre dell’artista scultore ischitano Aniellantonio Mascolo e ignorava chi fosse il bel giovane di Castellaneta in Puglia con cui strinse una disinteressata amicizia

Sono in tanti gli ischitani dell’800 e del ‘900 della grande emigrazione nel resto del mondo, nelle Americhe e Nord Africa, dove negli anni di forzata lontananza dalla propria terra, hanno scritto pezzi storia della loro vita su episodi vissuti in prima persona e raccontati ad amici e parenti al loro rientro all’isola natia. Pezzi di storia che saranno oggi nipoti e pronipoti a custodirli e diffonderli dopo. in tempi propizi. Nella storia che raccontiamo ha un ruolo, non fosse altro per essere stato il primo fortunato depositario del racconto. lo scomparso Pietro Corino artista ischitano e funzionario in pensione della Mostra d’Oltremare a Napoli.

ROFOLFO VALENTINO SI DIVERTIVA A STARE DIETRO LA MACCHINA DA PRESA

Il quale è stato per chi scrive un amico e al contempo, una miniera di ricordi. Ce ne ha forniti tanti, negli ultimi anni, prima di lasciare questa vita terrena, raccontati a voce e scritti in maniera estemporanea su semplici foglietti di carta, alla bohèmien, come era nel suo stile di personaggio alla buona e di vasta esperienza di vita.. Nella sua lunga esistenza, ha annotato tutto e sapeva mettere da parte. Specie quando si imbatteva in personaggi particolari che gli raccontavano le proprie storie. Pietro ascoltava tutto con interesse e riportava sui suoi quaderni, un pò come gli veniva. I racconti di Zì Rafele Mascolo lo appassionavano di più, perchè erano quasi tutti riferiti ad episodi vissuti in America dove il Mascolo negli anni ‘20 viveva con la sua famiglia prima di far ritorno definitivamente nella sua Ischia Ponte. Zì Rafele, è uno di quei tanti ischitani emigrati di cui abbiamo fatto cenno in apertura che al suo ritorno a Ischia ebbe molto da raccontare.

RAFFAELE MASCOLO GIOVANE 1915

Infatti Zi Rafele Mascolo è protagonista dell’ultimo episodio riportato qui di seguito da Pietro Corino.Il nostro, dopo anni da emigrato, ritiratosi ormai ad Ischia, per sentirsi occupato, chiese ed ottenne di fare il sagrestano della Chiesa Cattedrale di Ischia Ponte. Quando non era impegnato col suo lavoro in chiesa, Zì Rafele di solito frequentava la bottega di barbiere di fronte, dove trovava Pietro Corino e i suoi amici disposti ad ascoltare le sue storie di vita. Questa è una delle ultime che Pietro Corino ha trascritto sui suoi fogli volanti, passata poi a noi per tramandarla ai posteri..La riportiamo come Corino se l’è trascritta. – “Trascorsi alcuni giorni, scrive Pietro Corino – Zì Rafele ci raccontò un’altra bellissima storia, sempre a sfondo cinematografico. Ingaggiati da un’altra società dovettero questa volta Zi Rafèle e i suoi compagni, trovarsi con il loro boat dove si trovava imbarcato con mansioni di cuoco di bordo, fuori la Baia di San Francisco on California, come barca d’appoggio ad un’altra grande imbarcazione con le vele, dove si sarebbe girato un film.

PIETRO CORINO DA GIOV ANE ANNOTAVA I RACCONTI DI ZI RAFELE

Grazie alla sua arte culinaria, Zì Rafele preparava da mangiare per tutti e riceveva in cambio sperticati elogi. Si sentiva molto orgoglioso quando gli dicevano che mai avevano mangiato tanto ben come con lui. Un giorno Zì Rafele volle preparare un suo piatto speciale “polpetielli affogati”. Ne avviò la cottura con polipi, olio, vino, peperoncino ed altri ingredienti per insaporire il contenuto . A mano a mano che si completava la cottura, l’odore e il profumo stuzzicanti raggiunsero anche gli occupanti dell’altro boat, e ad un tratto si sentì chiamare: “cuoco, cuoco, cuoco!”. A chiamarlo era un giovane vestito da corsaro o pescatore antico che gli chiedeva, sempre in americano, cosa stesse mai cucinando ,visto che il profumo che si innalzava dalla pentola poco distante era arrivato fino alla loro barca. Mentre si adoperava a fornire le dovute spiegazioni, Zì Rafele si sentì interrompere bruscamente dal giovane che gli chiese se fosse portoghese o spagnolo. Zì Rafele pronto, gli risponde che è italiano, e viene da Ischia, una bellissima isola del Golfo di Napoli.

L’ARTISTA ANIELLANTONIO MASCOLO FIGLIO DI ZI RAFELE

Il giovane allora con una larga risata, soggiunse che anch’egli era italiano e veniva da Castellaneta vicino Taranto, in Puglia. Zi Rafele non ha mai sentito parlare di Castellaneta, conosce invece Taranto dove era stato da militare di mare: vi si era recato a vedere le navi nel porto e il ponte girevole. Il giovane scoppia di nuovo a ridere ed aggiunge che lui, in compagnia di giovanissimi amici, non si recava invece a Taranto per vedere le navi nel porto o il ponte girevole, bensì per la quindicina di belle figliole dirette alle case di tolleranza. Anzi, precisa che, senza qualche soldo in tasca, sebbene giovanissimi e di bella presenza, correvano il rischio di ritornare a Castellaneta a bocca asciutta, perché le padrone di quelle “case” non ne consentivano l’ingresso, se non prezzolate. Da questo scambio di battute nacque un’amicizia e a volte di pomeriggio, il giovane scendeva da Zì Rafele per chiacchierare di tante cose: dell’Italia lontana, delle traversate transoceaniche sulle belle navi, dove Zi Rafele aveva fatto in qualità di terzo cuoco una sola esperienza di cui conservava un bel ricordo, delle grandi bande musicali pugliesi che Zì Rafele aveva avuto modo di ascoltare ed appezzare durante le feste patronali di Ischia; poi di Napoli e delle sue canzoni cantate dal grande Enrico Caruso, delle opere di Giuseppe Verdi che Zi Rafele Mascolo amava tantissimo e desiderava molto avere un disco, quello grande a 78 giro del grande musicista italiano, delle specialità della sua Ischia come il vino cotto di cui Zi Rafaele disponeva nella sua casa di San Pedro, qualche bottiglia che gli avevano mandato dall’Italia,e di tante altre cose.

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Ormai tra Zi Rafele e il giovane attore, era nata una discreta amicizia. Per questo il Mascolo dall’animo generoso pensò di privarsi di una di quelle poche bottiglie di vino cotto che conservava in casa per regalarla al giovane amico. Durante il loro conversare nei momenti di pausa, non si parlava mai di cinema, né il giovane gli aveva mai rivelato il suo nome di attore cinematografico. Un bel giorno Zì Rafele dovette recarsi d’urgenza a San Pedro dove poi venne ripreso dal suo boat. Appena a bordo, il comandante che gli voleva bene, lo chiamò in cabina e gli mostrò quattro bottiglie di vino pugliese, Un disco 78 giri delle opere di Giuseppe Verdi edizione La Voce del Padrone e una manciata di dollari lasciatagli dal giovane amico. Ben sapendo che Zì Rafele ne ignorava l’identità, il comandante gli mostrò un giornale che parlava dello sconosciuto. Si trattava nientemeno che di Rodolfo Valentino, il famoso bell’attore del cinema americano.

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LA BARCA SULLA QUALE ERA IMBARCATO CON MANSIONI DI CUOCO DI BORDO L’ISCHITANO ZI RAFELE M MASCOLO

E quando più tardi, sempre il comandante, gli mostrerà il giornale che riportava la notizia della morte prematura del giovane attore, Zì Rafele si commosse molto e non riusciva a mandar giù quella brutta notizia che riguardava il suo amico e la giovane vita spezzata nel fulgore della sua giovinezza e dell’ attività di artista nel cinema così amato dalle donne e stimato da chi lo conosceva. Zì Rafele si sentì talmente toccato da quella perdita che lo sconvolse. Più volte si recava in chiesa per pregare per l’anima di quello sfortunato giovane che aveva conosciuto al largo di San Francisco in California sulla barca dove lavorava da cuoco alle dipendenze della troupe cinematografica. I parenti di San Pedro, dove al quel tempo Raffaele Mascolo viveva con la famiglia, avendo saputo della singolare avventura vissuta dal loro Zi Rafele, lo vollero condurre a Los Angeles dove gli fecero vivere l’emozione di vedere sullo schermo due film in cui Rodolfo Valentino era protagonista e che Zì Rafele aveva conosciuto, senza sapere chi realmente fosse. A poposito della bottiglia di vino cotto che Zi Rafèle diede in regalo all’amico attore, il Mascolo unì alla bottiglia un foglio che recava scritto la storia di quella preziosa bevanda che veniva direttamente da Ischia. Infatti su quel foglio così si leggeva: notizie per l’amico del gruppo del cinema della barca accanto, il vino cotto a Ischia,il mio paese, da tempo è una bevanda ricercata e di prestigio, prodotta da sempre, prima dai contadini di Serrara Fontana e di Panza, poi, via via ha preso piede anche a Barano, comuni della mia isola. Non è semplice trovare una bottiglia. Chi ce l’ha, la conserva come se fosse un tesoro da nascondere e tirarlo fuori solo in particolari circostanze di festa. Gli antenati ischitani hanno ereditato dai Greci della storica Pithecusa, la tecnica di produzione che partendo dalla cottura del mosto delle uve, riuscivano a realizzare un nettare che custodivano gelosamente in particolari botti per la ulteriore fermentazione a caldo. Questo procedimento rendeva il vino meno acido e quindi poco soggetto a trasformarsi in aceto. Quando il raccolto era peggiore del solito o quando il proprietario del terreno sceglieva l’uva migliore e lasciava al contadino quella più rovinata, questi, per non rischiare di rimanere senza vino, facendo ricorso alle sue migliori risorse ed alla sua creatività, riusciva a bere per tutto l’anno un vino forse migliore di quello del padrone.

IL GRANDE RODOLFO VALENTINO

Nella storia antica i Greci indicavano l’Italia con l’appellativo di Enotria ” ovvero “Terra del Vino”; infatti, certe produzioni di èlite venivano osannate da Plauto (191 A.C) che riteneva il vino cotto la più ricercata delle bevande, consigliandola in ogni banchetto. Oltretutto egli, da esperto del settore, definiva il metodo di preparazione “un’opera di ingegno”. Secondo gli storici, il condottiero cartaginese Annibale, nella guerra punica contro i Romani, fece sosta ad Atri dove rifocillò i propri cavalli ed uomini con del vino cotto. Molto apprezzato, nel 1534, anche dal Papa Paolo III° che lo definiva come “una grande cosa”. Il mosto del vino viene bollito nel caldaro di rame. A fermentazione alcoolica avvenuta, viene trasferito in un contenitore in cui è già presente il vino cotto degli anni precedenti; molto importante sarà un suo lento e lungo invecchiamento evitando forti ossidazioni. È proprio questo il punto più delicato ed importante della vinificazione: in questa fase è necessario calcolare il giusto dosaggio fra il vino cotto nuovo con quello vecchio ed effettuare una spillatura accorta, per evitare problematiche ossidazioni. Eventuali errori in queste operazioni potrebbero impedire il formarsi del profumo fruttato caratteristico della bevanda. Le sue caratteristiche di cui il contadino di Serrara tiene conto è il seguente: Colore: dal granata al rubino. Profumo: caratteristico fruttato. Sapore: dolce gradevole. Grado alcolico: 14%. Col vino cotto. Ad Ischia il vino cotto viene ancora preparato secondo l’antica tradizione, è un prodotto usato soprattutto in campagna, nelle zone dove si compie la vendemmia. Per realizzarlo si usa il mosto appena fatto. Nelle antiche abitazioni rurali accanto al grande camino c’è sempre una grossa pentola di rame: qui le donne cuociono il mosto lentamente, mescolandolo con costanza ed attenzione. Quando è pronto lo imbottigliano. Il vino cotto verrà utilizzato tutto l’anno, ma è soprattutto a Natale e Pasqua che compare sulle tavoleischi tane.

Foto Giovan Giuseppe Lubrano

antoniolubrano1941@gmail.com

info@ischiamondoblog.com

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