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Gabriele Muccino: «Ischia, la mia isola meravigliosa»

Gianluca Castagna | Ischia – Ha raccontato, con sommo gradimento di critica e pubblico, il sogno americano ne “La ricerca della felicità” e, con minor fortuna, la via crucis di Will Smith in “”Sette anime”; ha fatto flop con la commedia (“Quello che so sull’amore” ) e con il dramma familiare (“Padri e figli”). Poi, dopo un decennio di trasferte oltreoceano, dove ha assaporato ebrezza e sconfitta, dove è stato molto felice e molto infelice, Gabriele Muccino è tornato a casa come Ulisse tornò a Itaca al termine di un lungo e accidentato peregrinare.
L’approdo è un’isola, rifugio e prigione di una famiglia allargata e disfunzionale, soggetto più nelle sue corde considerando i titoli nazionali con cui ha raggiunto la notorietà (“Come te nessuno mai”, “L’ultimo bacio”, “Ricordati di me”, “Baciami ancora”).

La discussa locandina di “A casa tutti bene”, da stasera nei cinema di tutta Italia (qui all’Excelsior di Ischia Porto), è più di un manifesto programmatico: un selfie collettivo dell’intero cast sorridente ma con alle spalle minacciose nuvole nere. Presagi d’inferni privati in cui si agitano (a decibel sostenuti) padri, madri, figli, sorelle, zie, cugini sull’orlo di una crisi di nervi. Anche se in vacanza lampo su un isolotto in mezzo al mare, tra lieti anniversari e sorrisi di circostanza? Certo, soprattutto lì. Un ring di formidabile isolamento per decidere chi, del parentado, esce vittorioso dalla mattanza (praticamente nessuno).
La scelta delle location, i timori del terremoto, l’accoglienza calda e generosa di una terra ricca di panorami spettacolari diventata una piccola, struggente prigione per i personaggi di “A casa tutti bene”, da stasera nei cinema di tutta Italia.
Il Golfo ha intervistato il regista romano, che ci ha raccontato tutto l’amore per un’isola che solo ora ha imparato a conoscere davvero e che, grazie alla sua famiglia, gli ha dato vita, forma e destino.

Com’è nata la scelta di girare il suo ultimo film, “A casa tutti bene” a Ischia? La più grande delle isole del Golfo di Napoli è forse sulla carta poco funzionale al senso di accerchiamento che vivono i personaggi costretti a una convivenza forzata.
«E’ vero, avevo bisogno di un’isola molto più piccola, per questo senso di chiusura, isolamento, che non desse ai personaggi nemmeno l’opportunità di allontanarsi troppo gli uni dagli altri. Al tempo stesso mi serviva una location che offrisse logisticamente tutto quello che serve per realizzare un film così complesso e importante per il numero di persone coinvolte. Ho fatto dei sopralluoghi a Ponza, all’inizio; poi a giugno sono venuto a Ischia, l’ho girata e non ho avuto più dubbi. Ischia offre tutto: non è piccola, ma è talmente varia, talmente generosa in quello che concede, che ho girato in molte location spettacolari, uniche, di una bellezza quasi divina. Sono molto felice di averla scelta.»
C’è un luogo che l’ha colpita più di altri?
«La meraviglia del Castello Aragonese. Presente al cinema anche in passato, ma che ho un po’ adattato alla mia visione. Un piccolo grande borgo di fascino straordinario, dove in fondo ho immaginato si svolgesse tutta la storia, anche se poi ho girato molto nel resto dell’isola, soprattutto a Forio. Non credo sia facile riconoscere certi luoghi. Forse solo Sant’Angelo, per chi la frequenta, è immediatamente riconoscibile.»
La scelta della casa è stata determinante: Villa Gancia a Punta Caruso.
«È una casa che esprime tutto, il crocevia di tutte le storie del film. Era molto importante che avesse certe caratteristiche, che restituisse l’immagine di un certo ceto sociale, che potesse ospitare tante persone, molto diverse: arricchiti, nevrotici, ritrovati, sopravvissuti, disgraziati. Tutti in movimento costante dentro e fuori le mura di questa casa. Abbiamo realizzato una piscina, per gli adolescenti che osservano la società tumultuosa degli adulti. L’individuazione della villa è stata molto complessa, ma alla fine l’abbiamo trovata a Forio. Ha un panorama magnifico, guarda il mare, il porto e un abitato che però abbiamo eliminato al computer. Nel film doveva essere un’isola bellissima e quasi disabitata.»

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Ha iniziato a girare dopo nemmeno un mese dal terremoto del 21 agosto. Nessuna esitazione?
«Almeno un giorno ci siamo preoccupati tutti. Non sapevamo bene l’entità né i tempi di un eventuale sciame sismico successivo. Ma non c’erano piani B se non far slittare le riprese. Sarebbe arrivato l’inverno, tutto sarebbe diventato più complicato. Credevamo fosse accaduto qualcosa di molto più grosso. Una volta compresa l’entità del terremoto e dei danni, abbiamo deciso di venire a Ischia e cominciare le riprese. Tutti d’accordo, anche gli attori. Certo, esiste la grande sofferenza degli isolani che hanno ricevuto una botta economica molto forte, soprattutto per l’enfatizzazione dei media che, nei primi momenti, ne hanno parlato come qualcosa di apocalittico. E invece ha riguardato solo una parte dell’isola. Ad ogni modo abbiamo girato anche a Casamicciola, il comune più colpito, con grande tranquillità ed entusiasmo. Tutto è filato liscio.»

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C’è qualche aneddoto della lavorazione che ricorda con piacere?
«E’ stato tutto talmente caldo e accogliente che non c’è un solo aneddoto. Ischia ci ha accolto in maniera fantastica, questo è per me un po’ un ritorno a Itaca dopo più di 10 anni negli Stati Uniti. È un rientro che si porta dietro chiaramente una visione del mondo e delle relazioni umane, una certa riappacificazione con me stesso che mi permette di raccontare le dinamiche familiari con una maggiore oggettività. L’isola d’Ischia è stato un approdo ideale perché sono stato bene anche personalmente. Abbiamo mangiato benissimo, siamo stati a guardarci quei tramonti incredibili da Forio e tutti abbiamo lasciato a Ischia un grande pezzo di cuore.»
I piaceri della tavola?
«Quando lavori su un set così complesso, non hai molto tempo libero a disposizione. Giravamo vicino a La Colombaia, la dimora di Visconti, eppure l’ho vista solo da fuori. In pratica eravamo liberi solo la domenica, quando andavamo a mangiare a Sant’Angelo o a Forio. Le pezzogne, buonissime. La grande scoperta che ho fatto a Ischia è il pesce meraviglioso dei suoi mari, il modo superbo con cui viene cucinato. Dopo averli assaggiati, ho azzerato ogni altro riferimento precedente.»

Sua madre, la pittrice e costumista Antonella Cappuccio, è nata a Ischia. Le ha mai parlato di quest’isola?
«Mi ha raccontato soprattutto cosa voglia dire essere ischitani e isolani. Io l’ho frequentata pochissimo, ho ricordi febbrili, rari. Quando ero piccolo i miei andavano in vacanza altrove. Poi ci sono tornati più volte, ma ero adolescente, andavo io da un’altra parte. Posso dire di averla scoperta solo adesso, grazie a questo film. Anche se in fondo tutto comincia qui: sono stato concepito a Ischia, qui le origini della mia esistenza. Un po’ come i personaggi della storia, che ritornano, anche se solo per tre giorni, alla famiglia che ha dato loro vita, forma e destino».
Ischia è legata al cinema per molteplici ragioni. Buen retiro per Visconti e Walton, magnete cine-turistico per Rizzoli, poi le produzioni hollywoodiane, lo sguardo più sinistro di Clement, pur in pieno sole. C’è un film girato a Ischia che le piace?
«“Il talento di Mr. Ripley”. Mi piace quella mediterraneità, l’atmosfera di un’Italia senza tempo, alcuni scorci che sono rimasti gli stessi di cinquant’anni fa. Penso al lungomare di Ischia, ai locali sulla riva del porto, ma soprattutto alle stradine che portano al Castello Aragonese. Un giorno ho assistito a una grigliata sugli scogli: gli isolani si tuffavano in acqua, pescavano, mangiavano. Sembrava il Paese di tanti anni fa: naturalezza, semplicità, allegria, un grande senso di convivialità. Un’immagine di vita vera molto coinvolgente.»
Com’è stato lavorare con gli ischitani?
«Mi sono trovato benissimo. Professionali e generosi. Le comparse? Fantastiche.»
La solarità crepuscolare dell’autunno isolano l’ha nascosta o piegata alle esigenze drammatiche del film?
«Durante la lavorazione, quasi due mesi, non c’è mai stata una nuvola. Fino alla fine delle riprese ho atteso una mareggiata che non è mai arrivata, tanto che l’ho dovuta ricreare interamente al computer. Ma la luce rossa e calda di questi luoghi l’abbiamo tenuta. Tramonti indimenticabili. Il film è in buona parte girato a Forio, dove il grado di calore della luce, la sua temperatura, anche cinematografica, è di impressionante bellezza. Lo diceva sempre il direttore della fotografia Shane Hurlbut, un americano: a Ischia c’è una luce più calda di Los Angeles. Molto forte, quasi tangibile. L’abbiamo lasciata.»

“A casa tutti bene”, ultimo film di Gabriele Muccino, è un ritratto amarissimo e senza speranza, uno sguardo sulla realtà travestito da affresco familiare e impacchettato per una data d’uscita ironica eppure perfetta: il giorno di San Valentino. Da stasera, al cinema “Excelsior” di Ischia.

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