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Giampaolo Buono, l’isola e i giochi di potere: per svoltare non bastano i singoli

Di Francesco Ferrandino

ISCHIA. Gianpaolo Buono, avvocato di fama, titolare del rinomato studio legale insieme al collega e amico Bruno Molinaro, ha rilasciato a “Il Golfo” le sue impressioni sull’attuale panorama politico isolano e sulle importanti battaglie che l’Assoforense ischitana, da lui presieduta per circa otto anni fino al 2014, continua a portare avanti per garantire all’isola la definitiva permanenza della locale sezione distaccata del tribunale. Nel suo passato, anche un’esperienza da pubblico amministratore, come consigliere comunale e assessore nei primi anni ’90 presso il Comune di Barano («Un’esperienza piuttosto breve – ricorda – e conclusasi in modo traumatico con le dimissioni collettive dei consiglieri: era il periodo dell’inchiesta “Mani pulite”, quando ciascun pubblico amministratore era visto con sospetto dalla magistratura»).

Approvando il decreto “mille proroghe”, il Parlamento ha regalato una buona notizia alla giustizia isolana. È stata infatti prorogata fino al termine del 2018 la permanenza della locale sezione distaccata del Tribunale. Quale sarà l’ulteriore strategia dell’Assoforense per ottenere la definitiva assegnazione dell’importante presidio sull’isola?

«Da tempo, sin da quando fu disposta la soppressione di tutte le sezioni distaccate, la strategia dell’Assoforense ma anche di tutte le istituzioni isolane che hanno concorso al raggiungimento di questo risultato, è sempre stata quella del riconoscimento formale della “insularità”, criterio già di per sé sufficiente per ottenere un trattamento non di favore, ma diverso da quello di altri uffici giudiziari. Purtroppo finora non ci sono state le condizioni per una soluzione definitiva, visti anche i “bollori” di alcune comunità, come quelle montane o comunque di territori particolarmente disagiati che nella stagione invernale sono difficilmente raggiungibili. Se il Parlamento avesse legiferato esclusivamente a favore delle isole, ciò avrebbe innescato una generale e insostenibile rivalutazione della situazione di ciascuna delle sezioni soppresse. Quindi, per ora, la soluzione più intelligente è proprio quella dell’ulteriore proroga, che per adesso si estende fino al gennaio 2019, sperando che prima o poi la condizione di insularità possa assurgere a fattore fondamentale di una condizione che va necessariamente e specificamente tutelata. L’insularità è un criterio che è già preso in considerazione per altri settori, ad esempio per gli insegnanti scolastici della terraferma che si vedono riconosciuti alcuni incentivi di carriera nel caso in cui vengano assegnati ad istituti isolani. L’Assoforense continua a esercitare tuttora una costante pressione sugli organi legislativi, anche tramite i referenti politici intermedi, ed è proprio la costanza che ha portato all’attuale positivo risultato».

La professione di avvocato sull’isola d’Ischia ha ancora il decoro e la dignità che merita, oppure a Suo avviso  è stata svalutata? E, nel secondo caso, per quali motivi?

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«Innanzitutto non è soltanto un problema locale, ma di carattere più ampio. Se si considera che nel contesto napoletano fino a poco tempo fa risultavano esserci ben sedicimila iscritti all’Ordine, indubbiamente c’è qualcosa di “patologico” nel sistema, che ovviamente influisce anche sulla qualità del servizio professionale, che ne risulta svilito. Altro esempio indicativo: una metropoli come Parigi conta settecento avvocati, l’isola d’Ischia è già oltre quota quattrocento. Qualcosa non va. Le responsabilità di tale situazione esistono a vari livelli, a partire da una inadeguata assistenza agli studenti delle superiori nel momento in cui essi, ancora indecisi sul percorso universitario da seguire, scelgono Giurisprudenza: se il numero dei laureati è sovradimensionato rispetto al reale fabbisogno del territorio, è inevitabile che si inneschino meccanismi perversi e degenerazioni che portano allo svilimento della nostra professione».

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L’elezione dell’avvocato Cellammare a presidente dell’Assoforense isolana da molti fu interpretata come una successione da Lei “imposta” nel segno della continuità. A distanza di tempo, può dirci come stavano realmente le cose?

«Io non ho avuto alcun merito né demerito nella sua elezione. Ritengo che gli avvocati ischitani costituiscano una categoria avveduta, in grado di distinguere chi ha lavorato seriamente per il raggiungimento degli obiettivi e il miglioramento qualitativo della categoria, si pensi ai continui corsi di aggiornamento a cui intervengono magistrati di altissimo profilo, facenti parte della Corte di Cassazione, cultori del diritto, che ci hanno consentito di risollevarci da una condizione precedentemente ristretta all’ambito isolano. L’avv. Cellammare è sempre stato uno dei più attivi, dotato di grande abnegazione, e i dati elettorali lo dimostrano senza che sia necessario pensare a inesistenti “imposizioni” che fra l’altro costituirebbero una mancanza di rispetto verso tutti gli avvocati».

Dopo la famigerata vicenda del parcheggio e della paventata chiusura del tribunale, è stata ricomposta la frattura tra avvocatura e classe politica isolana?

«Penso che non vi siano mai state fratture, ma solo alcuni equivoci, e credo che chi ha posto in essere determinati atti si sia poi pentito. Da quello che mi dicono i colleghi, i rapporti con le istituzioni sono molto chiari, con una precisa consapevolezza dei proprio ruoli e degli obiettivi, che sono comuni a entrambe le parti. Eventuali lacerazioni sarebbero deleterie: l’avvocatura ha bisogno della politica, e viceversa: l’avvocatura storicamente ha sempre costituito la spina dorsale della politica ischitana».

Tra un anno si terranno le elezioni comunali a Ischia. Oltre ai volti già noti, e alle ricorrenti voci sul senatore De Siano, è stato fatto anche il Suo nome. Sarebbe disponibile per un’eventuale candidatura?

«Evidentemente il mio nome è stato fatto in maniera del tutto strumentale. La politica deve essere esercitata dai politici. Se dovesse esserci bisogno del nostro apporto, e parlo a nome di tutta l’avvocatura, nessuno di noi si tirerà indietro. Da qui a parlare a una candidatura, ce ne vuole».

La scorsa settimana in una intervista al nostro giornale l’attuale Presidente del Consiglio Gianluca Trani ha sostanzialmente lanciato la propria candidatura a sindaco d’Ischia.

«Sono forse la persona meno adatta a esprimere giudizi su eventuali candidature. Se il Presidente del Consiglio ha reso questa dichiarazione, credo che l’abbia fatto responsabilmente e con coscienza, quindi ben venga la sua candidatura, come qualsiasi altra candidatura di chi intenda mettersi al servizio del paese per tentare di risollevarlo dalla condizione che sta attraversando. Credo che non solo Ischia ma tutta l’isola abbia bisogno di nuove energie ma soprattutto di una vitalità che quantomeno si è assopita se non è venuta completamente meno. Stiamo attraverso una fase tra le più negative della nostra storia: spero che chi ponga la propria candidatura lo faccia con la chiara consapevolezza che l’interesse pubblico va preservato al di là dei protagonismi di facciata. Ho la sensazione che nella maggior parte dei casi, invece, si anteponga l’interesse personale a quello della collettività. Fra l’altro, oltre alla volontà c’è bisogno di capacità. È difficilissimo creare una squadra di governo formata da elementi dotati di entrambe le caratteristiche, ma è l’unica possibilità per provare almeno a migliorare le cose. Non parlo necessariamente di persone anagraficamente giovani, ma anche di chi, più esperto, sia dotato di energie positive che col giusto grado di volontà potrebbero dare un contributo rilevante. Di fronte alla gravità dell’attuale situazione, ciò che più mi scoraggia è che da parte della collettività non c’è quella voglia di reagire che in altre fasi storiche si era sempre manifestata. La popolazione sembra in preda a una diffusa rassegnazione, che secondo me è la connotazione più negativa e pericolosa. Chi vede calpestati i propri diritti non reagisce. Non vorrei che si arrivi a un punto di saturazione oltre il quale la situazione potrebbe degenerare».

Qual è la sua opinione sulla recente inchiesta sugli appalti per la gestione rifiuti scoppiata tra Lacco Ameno e Forio che ha coinvolto note personalità amministrative e politiche?

«Ho pochi elementi a disposizione per farmi un’idea sufficiente a formulare un’adeguata valutazione in merito. Mi riservo di acquisire qualche elemento in più prima di rendere delle dichiarazioni più articolate».

Dal punto di vista “tecnico”, non Le sembra che la Procura si sia mossa con un certo ritardo rispetto ai fatti che vengono contestati agli indagati?

«Effettivamente, riguardo il dato tecnico e giudiziario da Lei messo in rilievo, di certo la circostanza di una misura cautelare che interviene per fatti verificatisi alcuni anni prima, crea quantomeno delle perplessità. Dalle notizie riportate dalla stampa, un certo disorientamento sembrerebbe legittimo circa la “tempestività” dell’azione della magistratura. Ma in tali casi s’impone cautela: bisognerebbe leggere prima gli atti processuali se si vuol rendere una valutazione adeguata e rispettosa della realtà».

Ritiene conclusa la stagione politica del duopolio De Siano-Ferrandino, oppure non è cambiato molto?

«Più che parlare del duopolio degli esponenti da Lei citati, io faccio una diversa valutazione: bisogna verificare se esistano delle compagini politiche e soprattutto uomini adatti a guidare il paese. Fin quando tale alternativa non ci sarà, quello che Lei definisce duopolio non cesserà, perché i personaggi storici della politica isolana continueranno ad esercitare il potere in maniera piena, senza nessun valido oppositore. Ma su questo mi ripeto: in giro mi è difficile individuare delle forze nuove in grado di invertire la rotta in prospettiva futura».

Parlando della situazione politica di Barano, si è saputo che la famiglia Di Meglio, tradizionale forza d’opposizione nel comune collinare, alle prossime elezioni non sarà della partita. Lei, che ben conosce le dinamiche baranesi, ci crede?

«Sono molto scettico: da oltre quarant’anni l’elettorato baranese ha fatto sempre capo a uno dei due tradizionali schieramenti. Credo che anche se l’avvocato Di Meglio non scenderà direttamente in campo, resterà comunque una compagine politica che farà capo a quel determinato nucleo, e non sarebbe nemmeno la prima volta: qualche decennio fa è accaduto che esponenti della famiglia non risultassero tra i candidati ufficiali, ma di fatto era comunque presente una forza politica diretta espressione di quella parte».

Nel caso in cui la famiglia Di Meglio dovesse realmente chiamarsi fuori, si aprirebbero nuove prospettive politiche?

«Guardi, se realmente dovesse accadere, costituirebbe un evento davvero epocale. Credo sinceramente che l’elettorato rimarrebbe fortemente disorientato, in tutti i sensi…».

In tale eventualità, secondo Lei non si potrebbero verificare “spaccature” del gruppo di maggioranza, con una parte che non vedrebbe di buon auspicio la candidatura di Dionigi Gaudioso a sindaco? Non è che potremmo vedere anche Lei tra la rosa dei candidati?

«Non so se tale scenario sia esattamente rispondente alla realtà, perché ritengo che il gruppo di maggioranza sia una formazione piuttosto coesa, e ben difficilmente si potranno creare ipotetiche lacerazioni. Comunque, ricollegandomi a quanto detto prima ed estendendo il discorso all’intera isola, un vero cambiamento non può contare soltanto sulla semplice sostituzione di alcune personalità, tra l’altro magari eredi delle rispettive tradizioni politiche di famiglia. Servirebbe innanzitutto una rivoluzione culturale di cui, purtroppo, non si vedono all’orizzonte i presupposti. Quindi, come può immaginare, alla sua domanda rispondo che non ho intenzione di candidarmi».

Domanda maliziosa: si parla spesso dello Studio di Piazza San Rocco come di un occulto “centro di potere”. È soltanto una leggenda metropolitana?

«Guardi, io e il mio collega ci limitiamo a fare gli avvocati, e proviamo a farlo in maniera seria, tutelando gli interessi dei clienti. Non abbiamo mai esercitato nessun tipo di potere politico, né abbiamo mai avuto alcun tipo di cointeressenza con questo o quell’esponente politico, quindi tutto si può dire tranne che uno studio professionale come quello dove operiamo io e il collega possa mai avere degli obiettivi diversi da quelli della normale attività professionale».

Quali sono i Suoi colleghi ischitani più simpatici e più brillanti nei momenti extra-professionali, e perché?

«Tanti miei colleghi sono persone davvero simpatiche. Come ex presidente dell’Assoforense, ho avuto modo di approfondire la loro conoscenza. Quasi tutti, al di fuori dell’ambito professionale, rivelano una personalità molto diversa da quella “ufficiale”: ciascuno di essi presenta dei lati estremamente positivi e piacevoli. Tuttavia mi metterebbe in estrema difficoltà doverne citare solo alcuni».

 

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