CRONACAPRIMO PIANO

Giosi assolto in appello, ecco le motivazioni: si chiude così l’incubo Cpl

Secondo la Corte d’Appello di Napoli sono inutilizzabili le intercettazioni su cui si erano basate le fasi iniziali dell’indagine. Accuse smontate anche nel merito: «Nessuna prova di accordo per scambio di favori tra amministratori e cooperativa»

L’assoluzione è ormai definitiva. Ieri è stata attestata l’irrevocabilità della sentenza con cui la Corte d’Appello aveva confermato l’assoluzione per Giosi Ferrandino e Silvano Arcamone, rispettivamente ex sindaco ed ex dirigente del Comune di Ischia, in relazione alle accuse di corruzione per asservimento della funzione (articolo 318 del codice penale) per entrambi, e di induzione indebita a promettere utilità, previsto dall’articolo 319 quater, per il solo europarlamentare. Accuse legate agli appalti per la metanizzazione dell’isola d’Ischia, un’opera che tuttora viene portata avanti dalla società cooperativa CPL Concordia, i cui vertici finirono parallelamente sotto inchiesta e poi a processo. Dopo oltre due anni, il Tribunale di Napoli nel gennaio 2018 mandò assolti i due cittadini ischitani, con la formula secondo cui “il fatto non sussiste”. Un esito che non placò la Procura, decisa a contestare la sentenza ricorrendo in appello, e continuando a sostenere il legame tra una serie di azioni dei due esponenti dell’amministrazione e quelle della società, la quale per evitare ostacoli o intoppo burocratici avrebbe elargito favori e utilità, occultate sotto forma di convenzioni con l’albergo di proprietà della famiglia dell’allora sindaco e di contratti di consulenza con il fratello. Tuttavia anche il secondo grado di giudizio confermò la decisione, nel febbraio scorso. Adesso, sono infine trascorsi i termini per un eventuale ricorso in Cassazione, e dunque l’innocenza di Giosi Ferrandino e Silvano Arcamone è definitivamente passata in giudicato, liberando i due da una sorta di incubo lungo sei anni. La sentenza della Corte d’Appello non soltanto ha riconosciuto, come già il Tribunale, l’estraneità di Ferrandino e Arcamone alle accuse, ma ha anche stabilito esplicitamente l’inutilizzabilità delle intercettazioni su cui gran parte dell’inchiesta si era basata.

INTERCETTAZIONI INUTILIZZABILI

In particolare, la difesa aveva sostenuto tale inutilizzabilità con riferimento alle conversazioni ambientali eseguite all’interno di un locale della Cpl Concordia usato da Francesco Simone, ma i provvedimenti di disposizione e convalida di tali intercettazioni erano stati disposti nell’ambito di un diverso procedimento penale in cui era iscritto il reato di concussione nei confronti di Alfonso Papa; tali provvedimenti non contenevano riferimenti a notizie di reato coinvolgenti il Simone, la Cpl e meno che mai le vicende della metanizzazione ischitana. Eppure si susseguirono i decreti di proroga, ma sempre in relazione al Papa, senza menzione di alcuna specifica notizia di reato e caratterizzati da eccessiva genericità. I difensori di Ferrandino e Arcamone hanno evidenziato che l’inutilizzabilità delle intercettazioni su fonda anche sulla previsione dell’articolo 271 del codice di procedura penale: i legali hanno precisato che le risultanze probatorie acquisite attraverso le intercettazioni per gli originari reati possono costituire “notitia criminis”, con conseguente possibilità di effettuare altre indagini e disporre eventualmente ulteriori intercettazioni telefoniche e ambientali. In simili casi, però, è stata rimarcata la necessità, pena l’inutilizzabilità delle ulteriori captazioni, di autonomi decreti autorizzativi emessi nel rispetto di quanto dispone l’articolo 267 cpp, e quindi di provvedimenti dotati di adeguata motivazione con l’indicazione ai gravi indizi concernenti il reato e che non si esaurisca nel riferimento al contenuto di un precedente atto inutilizzabile o alla sola notizia di reato. Di qui la richiesta della difesa di riconoscere l’inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche disposte nella fase delle indagini.

Nelle motivazioni la Corte compie una sintesi dei provvedimenti con cui vennero disposte, convalidate, autorizzate e prorogate le intercettazioni, al termine della quale i giudici stabiliscono il divieto di utilizzazione dei risultati delle intercettazioni e di conseguenza il divieto di farne un uso probatorio, “non potendosi ravvisare – scrive la Corte – alcun legame sostanziale oggettivo o finalistico tra il reato per il quale le intercettazioni sono state disposte e convalidate e i reati emersi dai risultati delle intercettazioni, tra i quali quelli oggetto del presente giudizio, non potendosi in alcun modo affermare che la concussione ascritta a Papa Alfonso [..] presenti elementi di connessione ai sensi dell’articolo 12 cpp con i fatti di reato per cui si procede”. In sostanza, l’unico collegamento tra i fatti di reato contestati a Giosi Ferrandino e ad Arcamone e quelli oggetto inizialmente delle intercettazioni disposte è di natura esclusivamente investigativa.

Secondo i giudici della Corte d’Appello, mediante il mero rinvio alle informative della polizia giudiziaria, che attestavano l’evoluzione delle indagini e l’emersione di notizie di nuovi reati, i risultati delle intercettazioni per il reato di concussione sono stati di volta in volta valutati per giustificare la necessità di proseguire le intercettazioni stesse, e non come punti di partenza per nuove investigazioni mediante autonomi provvedimenti autorizzatori.

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Un giudizio dunque negativo verso la conduzione della fase investigativa: infatti, la circostanza che successivamente durante lo stesso procedimento vi siano stati aggiornamenti del registro delle notizie di reato con l’iscrizione di ulteriori reati, e l’intervenuta formazione di un autonomo fascicolo processuale, mediante la separazione dei reati e delle posizioni da quello originario, non eliminano l’inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni disposte e prorogate nelle indagini su Alfonso Papa, proprio perché le notizie di reato emerse dai risultati di tali intercettazioni non presentano alcun collegamento col reato di concussione. In pratica, a fronte degli originari provvedimenti che disponevano intercettazioni, motivati dalla gravità indiziaria per l’ipotesi di concussione riferita a Papa, si sono continuate a prorogare le operazioni nonostante l’emersione di diverse e nuove ipotesi di reato, che non erano assolutamente connesse col reato dell’art. 317 cp, richiamando di volta in volta le informative di polizia giudiziaria in cui venivano prospettati eterogenei episodi accaduti in tempi e luoghi differenti, che coinvolgevano soggetti diversi, e meritevoli di approfondimenti investigativi.

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Secondo la sentenza, per la valutazione dell’utilizzabilità delle intercettazioni nel caso concreto, la verifica deve in ogni caso riguardare la sentenza o meno di un legame sostanziale, nei termini stringenti delineati dalla Cassazione (sentenza Sezioni unite n.25/2019), tra l’ipotizzata associazione per delinquere e gli ipotizzati reati di corruzione rispetto al delitto di concussione originariamente contestato a Papa. Di conseguenza i giudici propendono per la non utilizzabilità dei risultati delle intercettazioni disposte, in quanto i reati accertati non sono connessi ai sensi dell’articolo 12 cpp a quello in relazione al quale l’autorizzazione era stata originariamente disposta.

NESSUN ASSERVIMENTO ALLA COOPERATIVA

Una volta “smontata” la valenza probatoria delle intercettazioni da cui ebbe origine l’inchiesta, il collegio giudicante ha affrontato sinteticamente il merito delle accuse, quelle secondo cui tra gli esponenti di vertice della Cpl Concordia, il sindaco Giosi Ferrandino e l’architetto Silvano Arcamone sarebbe intercorsa l’adesione a un accordo che prevedeva per i due pubblici amministratori il mercimonio delle proprie funzioni in favore della società cooperativa, e per i privati la remunerazione di tale disponibilità. La Corte ha ripercorso i fatti controversi e le deposizioni degli imputati e dei tanti testimoni ascoltati durante il processo di primo grado, osservando che in punto di fatto il Tribunale aveva correttamente accertato che Ferrandino e Arcamone non avevano avuto nessun ruolo nella fase riguardante l’aggiudicazione dei lavori di metanizzazione da parte del Comune di Ischia alla Cpl, assegnazione rispetto alla quale neanche nei motivi di appello sono state ravvisate criticità nei rapporti tra la cooperativa e l’amministrazione locale.

Il collegio ha stabilito che sulla base delle evidenze disponibili non possa dirsi raggiunta la prova dell’adesione a un accordo che contemplava per i due accusati il citato mercimonio allo scopo di favorire gli interessi dei privati presunti corruttori, a partire dal fatto che la ricostruzione dell’evoluzione nel tempo dei rapporti tra gli esponenti della Cpl Concordia e gli imputati non risulta ancorata a elementi di prova certi. Non solo: le deposizioni dei testimoni e le valide argomentazioni degli accusati hanno consentito di appurare che non vi erano favoritismi verso la Cpl, favoritismi che l’accusa riconduce a concetti troppo generici, e anzi il pubblico ministero, secondo la Corte d’Appello, per dimostrare il presunto atteggiamento di appoggio incondizionato garantito dagli amministratori, ha fatto costante ricorso alle intercettazioni, sottolineando come essere costituissero la fonte di prova determinante e privilegiata per capire la natura dei rapporti tra il sindaco, suo fratello e i vertici della società. Tuttavia, spiegano i giudici, l’inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni “non consente di operare l’apprezzamento sollecitato e relativo ad elementi di prova prospettati dall’appellante come rilevanti ai fini della tenuta dell’impianto accusatorio”. Anzi, sulla base del materiale probatorio utilizzabile è emersa una ricostruzione dei fatti che non consente di supportare la tesi accusatoria, in quanto, come già il Tribunale di Napoli aveva rilevato, non è stata riscontrata nessuna anomalia o criticità sia nella fase di aggiudicazione dei lavori di metanizzazione da parte della Cpl, sia nella fase successiva ai lavori.

L’avvocato Gennaro Tortora, che insieme ai colleghi Alfonso Furgiuele, Giovanni Battista Vignola e Roberto Guida ha difeso i due ischitani, ha sottolineato come la Corte di Appello abbia riconosciuto i due capisaldi della linea difensiva: «Innanzitutto – ha dichiarato l’avvocato Tortora – la Corte ha pienamente accertato l’inutilizzabilità delle intercettazioni, sottolineandone l’uso improprio durante la fase che originò l’inchiesta. Inoltre nel merito è stata una volta di più riconosciuta e confermata l’assoluta estraneità a tutte le ipotesi di reato formulate dall’accusa di Ferrandino e Arcamone». Per questi ultimi, da oggi, il tunnel giudiziario lungo oltre sei anni è finalmente soltanto un brutto ricordo.

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