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Olmitello, solito scenario: canyon discarica

Panta rei. Tutto scorre nell’alveo di Olmitello, in quell’angolo di paradiso della natura che la scellerata mano dell’uomo ha trasformato in anticamera dell’inferno. Lo scenario è da degrado, altro che oasi naturale. L’impatto è lo stesso dopo ogni pioggia: plastica disseminata ovunque tra bottiglie, brandelli di coperture, pezzi di secchi. Non mancano bombole di gas trascinate dalla furia delle acque, bidoni, sfere di autoclavi, barre di ferro, reti metalliche, copertoni di auto. L’assortito scempio si arricchisce di consistenti tracce di materiale di risulta, pezzi di cemento, di mattoni, di piastrelle che colorano il letto del fiumiciattolo come tasselli del mosaico dell’abbandono che lo scorrere delle acque trascinano verso il mare.

Lo stato diventa più disarmante man mano che si procede verso la fonte tra la vegetazione che in questa stagione dell’anno prende il sopravvento sull’accidentato sentiero che si snoda tra le alte pareti di tufo. Qui è un campo minato di rifiuti che testimoniano il passaggio di un fiume in piena che ha attraversato il letto del ruscello. Addirittura è rotolata una ruota di un autocarro adagiata tra i ciottoli di tufo ed altri rifiuti.

Resta spettrale lo stato della costruzione in tufo che era utilizzata negli Anni ’60 da una società farmaceutica come stabilimento di lavorazione delle acque sorgive da cui estrarre i sali minerali per uso lassativo, poi venduti nelle farmacie. La costruzione è chiusa da sessant’anni ed è in possesso del Comune di Barano. Fu il Sindaco di allora, l’Avvocato Giovanni Di Meglio, a dare il placet per la costruzione affinché lo stabile diventasse di proprietà comunale. Lo stesso primo cittadino delle grandi opere, subito dopo il Dopoguerra, strappò al Ministero la concessione perpetua della sorgente (così come avvenuto a Nitrodi) in favore del Comune di Barano.

Oggi, quello stabile a due piani, è un monumento all’incuria e all’abbandono. E proprio qui, due anni fa, Peppe Iallonardo trovò la morte colpito da un grosso masso che non gli diede scampo. Qui, dove abita il silenzio, il tempo disegna sui costoni attraverso l’erosione, scolpendo nel verde del tufo, mentre l’uomo consuma i suoi scempi e lascia le sue inquietanti tracce che finiscono verso il mare. Non è semplice arginare il fenomeno delle discariche che violentano il canyon tra i territori di Barano e Serrara Fontana.

Questa insenatura contemplata dai Greci e dai Romani è lacerata da mille abusi e da uno stato di scellerato abbandono. Oggi è difficile recuperarla tra leggi restrittive e povertà di fondi che bloccano ogni iniziativa di recupero e destinano la zona di alto pregio naturalistico ad una sconcertante agonia. E qui, per Fonte di Olmitello, c’è solo uno sbiadito cartello ed un piccolo tubo da cui fuoriesce la preziosissima acqua che va ad aggiungersi al fiume che scorre da Nitrodi con destinazione mare.

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Luigi Balestriere

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