CRONACAPRIMO PIANO

Global service, “tempo scaduto”: nessun reintegro per i quattro dipendenti

Cala il sipario su un lungo e tortuoso iter giudiziario che ha visto contrapposti Marina di Casamicciola e alcuni lavoratori che furono licenziati il 31 dicembre 2013

E’ l’ultimo capitolo di una lunghissima e complessa battaglia giudiziaria. Che alla fine vede di fatto uscire vincitrice, da quello che negli anni ha assunto le metaforiche sembianze di un “braccio di ferro”, la società partecipata Marina di Casamicciola e nelle vesti di soggetti soccombenti quattro ex dipendenti dell’azienda che invece nel mese di ottobre 2017, dalla Corte d’Appello di Napoli, si erano visti annullare i licenziamenti intimati dalla Marina con una lettera del 28 dicembre 2013. Che alla fine si è aggiudicata l’ultimo round, come vedremo tra poco, senza nemmeno salire sul ring. Tutto questo, per far capire come la contesa sia stata oltremodo complessa e controversa.

Insomma, come anche un non addetto ai lavori può facilmente intuire, un iter caratterizzato da una serie di ribaltamenti di fronte prima della parola fine scritta dopo tre gradi di giudizio ed una retromarcia. Quella, per inciso, imposta dalla Suprema Corte di Cassazione. Che, nello specifico, nel tirare le somme spiegava che “l’impugnata sentenza n. 6453/2017 della Corte di Appello di Napoli deve essere cassata, in accoglimento del primo e del secondo motivo e la causa rinviata, anche per le spese del presente giudizio, alla medesima Corte in diversa composizione, la quale procederà a nuovo esame delle comunicazioni valutando le proposizioni omesse nelle precedente indagine”. Da qui, come intuirete, l’accoglimento del ricorso.

La Cassazione aveva cancellato una precedente sentenza della Corte d’Appello rispedendo gli atti ad una diversa sezione per un nuovo processo di secondo grado. Che ha sancito che i licenziamenti operati dalla società partecipata casamicciolese fossero legittimi. Poi la sentenza non è stata impugnata e sono scaduti i termini

E così eccoci all’ennesimo capitolo di questo romanzo, con il caso nuovamente esaminato in Appello. E stavolta i giudici spiegarono che la procedura di licenziamento sarebbe completa e corretta, così come evidenziato dalla Cassazione. Si leggeva nel dispositivo che “come già rilevato in primo grado e contrariamente all’assunto dei reclamanti, la comunicazione di avvio della procedura, letta nella sua interezza, è quanto mai dettagliata e completa e consente di individuare pienamente il personale in esubero e le regioni di tale esubero; è infatti indicata la ragione del ridimensionamento di personale rappresentata dalla revoca definitiva dell’appalto del servizio Global Service a cui pacificamente erano addetti gli odierni reclamanti; e spiegano che, in conseguenza di tale revoca, sarebbe cessata, a decorrere dal 31 dicembre 2013, ogni attività del settore Global service, restando in essere unicamente le attività afferenti i settori del porto turistico ed eliporto; è evidenziato che i lavoratori impiegati negli appalti relativi ai predetti due settori erano portatori di diversa e specifica professionalità con applicazione per gli stessi, del CCNL turismo e di quello Guardia ai fuochi”.

Insomma, sulla scelta dei dipendenti da licenziare secondo i giudici non c’erano dubbi né possibili interpretazioni diverse rispetto a quella con cui si è agito. Non a caso nel dispositivo si aggiungeva pure: “Stesso discorso vale per la comunicazione finale nella quale si richiamava la ragione posta alla base del recesso aziendale nella comunicazione di avvio della procedura, ossia la revoca dell’appalto afferente il settore global service e non vi era bisogno quindi di formare alcuna graduatoria dei lavoratori licenziabili, essendo stati gli stessi individuati a monte in tutti gli operai addetti all’appalto cessato”.

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I giudici dell’Appello bis erano stati perentori: “Stesso discorso vale per la comunicazione finale nella quale si richiamava la ragione posta alla base del recesso aziendale, ossia la revoca dell’appalto afferente il settore global service e non vi era bisogno quindi di formare alcuna graduatoria dei lavoratori licenziabili, essendo stati gli stessi individuati a monte in quelli addetti all’appalto cessato”

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A supportare ulteriormente questa tesi anche la considerazione secondo cui “correttamente è stata ritenuta dal tribunale la legittimità della scelta di limitare il licenziamento ai soli operai addetti al settore manutenzione global service, ormai dismesso, e per quanto qui interessa, la legittimità del licenziamento degli odierni reclamanti, poiché non è stato dedotto, né risulta che i lavoratori di cui trattasi avevano svolto, anche se solo saltuariamente, mansioni presso i due restanti settori (porto turistico ed eliporto)”. La partita si è però chiusa nella maniera più clamorosa: sono trascorsi dodici mesi senza che i dipendenti ricorressero nuovamente in Cassazione e di fatto la sentenza non è più impugnabile. E il risultato non è certamente una bella notizia gli ex dipendenti di Marina di Casamicciola che avevano esultato a un certo punto di questa vera e propria maratona giudiziaria.

Oltre al danno potrebbe aggiungersi la beffa: gli ex dipendenti potrebbero dover restituire somme di denaro ottenute a seguito di un’ordinanza del giudice che nel 2015 pignorò i conti della Marina di Casamicciola

Adesso il quadro della questione è chiaro e soprattutto definitivo: la giustizia ha ufficialmente negato il reintegro ai quattro ex dipendenti e soprattutto può anche mettere in condizione l’azienda di poter chiedere il rimborso di somme di denaro agli stessi, soldi che gli stessi incassarono a seguito di un’ordinanza del giudice emessa nel 2015, che pignorò i conti correnti della Marina proprio per soddisfare le richieste delle maestranze che si ritenevano ingiustamente licenziate.

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