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‘Stabat Mater’, Lucianna De Falco: «Nel mistero di Maria la mia sfida di attrice»

Gianluca Castagna | Ischia E’ il simbolo di tutte le madri della Storia che mettono al mondo un figlio e devono lasciarlo andare. Un legame d’amore così tenero, carnale, assoluto raccontato nell’incontro autentico con la morte. Quel figlio non le appartiene, non le è mai appartenuto. E deve lasciarlo andare. Come può una donna accettare che il figlio rinunci alla vita che lei gli ha dato, respingendo così la sua essenza di madre nella radice più intima? Come può donargli la vita sapendo di consegnarlo al dolore e al sacrificio? Come può accettare che fugga da lei?

Sono le domande sofferte di ogni donna costretta a vivere questo distacco in ogni angolo del pianeta, in ogni rivolo sanguinoso della Storia. E sono le domande che, sotto la Croce, nel momento dell’addio, rendono ancora più forte, pur nello strazio, il legame d’amore tra Cristo e la Madonna.
Madre e donna coraggiosa che, attraverso la sofferenza, lascia comunque un messaggio di speranza e amore. Quel Figlio coperto di insulti, fustigato fino allo sfacelo delle membra, inchiodato al legno, salverà l’umanità dal peccato. Siamo a Ischia, l’isola dove va in scena questo Stabat Mater, in una versione originale scritta e diretta da Salvatore Ronga con le musiche del Maestro Gianfranco Manfra. A interpretare Maria, protagonista assoluta di questo spettacolo-evento realizzato in sinergia tra la Diocesi e il Comune di Ischia, è l’attrice Lucianna De Falco.

Com’è nata la tua partecipazione al progetto di Stabat Mater e come ti sei avvicinata – da attrice – alla forma oratorio?
L’occasione mi è stata offerta dal testo che Salvatore Ronga ha scritto appositamente per me. E’ arrivato in un momento particolare. Ero ospite in una trasmissione tv di Sat2000, dove mi è stato chiesto quale fosse il personaggio che avrei amato interpretare. Ho subito pensato alla Madonna, per il mistero che avvolge la sua figura, la profondità del suo animo, l’universalità del suo dolore e la forza salvifica della sua compassione. Un personaggio che ho già interpretato 4 anni fa nella Via Crucis di Forio. Stavolta è nella forma oratorio, dove la sfida è quella di evocare immagini alte, poetiche. Anche confrontarsi con il coro è stato un bell’esercizio.
Il dolore, la solitudine, l’attesa. Qual è stata la maggiore difficoltà nel trovare la voce giusta (o il tono giusto) per questo testo?
Questo testo ci parla di Maria, Madre di Cristo. Sotto la croce, di fronte alla quale non arretra mai, per tutta la durata del supplizio. Il dolore è parte integrante della vita. Il lavoro che faccio sempre, nell’interpretare i personaggi, è dargli credibilità facendoli passare attraverso delle emozioni che sono del personaggio, ma anche mie e in fondo universali perché proprie dell’essere umano. L’ambizione è rendere credibile una madre che è testimone di una tragedia immensa: la perdita di un figlio. Un dolore che il nostro tempo conosce bene.
Al di là del fatto di essere credenti o meno, la figura di Maria è molto importante nella nostra cultura. Cosa rappresenta per te?
La Madre per eccellenza. Compassionevole, misericordiosa, Madre di Gesù e Madre di tutti. Una donna che accetta e vuole portare con se il mistero della salvezza grazie a questo figlio che salverà l’umanità. Maria è consapevole fin dall’inizio che già quel primo sacrificio alla sua essenza femminile, dare alla luce il figlio consegnandolo alla vita, comporta inevitabilmente un altro sacrificio, quello di consegnarlo anche al dolore, alla morte ma anche al mistero che attraverso di essa si apre. Una grande prova d’amore e della sua condivisione. Un ruolo dunque di grandissima responsabilità.
Credi di aver portato qualcosa di tuo in questo personaggio o ti sei tenuta – per cautela o rispetto – a debita distanza?
Sicuramente ho portato qualcosa di mio come faccio sempre quando interpreto un personaggio. Il personaggio della Madonna pensato da Ronga per questo Stabat Mater è uno dei tasselli, certo centrale, di un’opera corale che vuole rendere omaggio al mistero e al dolore della Passione di Cristo, al dono dell’amore di cui è capace una madre e in cui tutti possiamo riconoscerci. Ho avuto rispetto nell’interpretare la Madonna, mi ci sono avvicinata con molta umiltà, ma paura no. E’ un ruolo meraviglioso, mi mette continuamente in contatto con i miei limiti, rappresenta perciò una grande sfida. Al di là della fede, è il personaggio più straordinario che abbia mai interpretato nella mia vita.

Lucì voci e volti dal faro. Un’ altra madre tra dolore e attesa. Che poi è Lucia Capuano , tua nonna, alla cui memoria il Comune di Forio ha intitolato la sala conferenze sul Molo Borbonico.
E’ il punto d’arrivo di un lungo viaggio iniziato 10 anni fa con la Biblioteca della Memoria, un ciclo di interviste ai testimoni di una storia, che è quella di Lucia Capuano, ma anche di un’intera comunità. Poi è venuto lo spettacolo al Faro di Punta Imperatore, il progetto dell’Istituto “Cristofaro Mennella” in collaborazione con Toponomastica Femminile, la vittoria della scuola a un concorso nazionale e ora l’intitolazione della sala conferenza del Molo Borbonico. Tutta la famiglia De Falco è orgogliosa e grata all’amministrazione e ai tanti che hanno permesso che venisse alla luce questa figura e quella di tante altre donne che fanno parte della storia della comunità foriana. Proprio come il faro, è una piccola luce quella che fa grande il raggio che illumina il mare.
La scorsa settimana “Ammore e malavita” ha vinto il David di Donatello come miglior film dell’anno.
Una gioia. I Manetti Bros sono dei grandi professionisti che amano il cinema con passione inesauribile. Con “Ammore e malavita” mi hanno riportata a Napoli, città che ho riscoperto e che oggi propone talenti, visioni e storie che convincono pubblico e critica. Tre film dei cinque candidati al David sono stati girati a Napoli. Segno di una grande rinascita.
Voltata la pagina?
Mi ritroverete ad alta quota. Sul monte Epomeo, con un progetto realizzato con il Comune di Serrara Fontana di cui sentirete presto parlare.
(Le foto da ‘Stabat Mater’ sono di Lucia De Luise)

 

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