LE OPINIONI

IL COMMENTO La Siena, l’altra faccia della Ischia Green

DI ANTIMO PUCA

Colate di cemento su un bellissimo podere antico fecondo di carciofi, alberi da frutto e fiori nonché generatore di acque sorgive naturali termali. E’ questa la Ischia green che viene tanto sbandierata? Un fazzolettone verde, eredità di un passato contadino, incastonato tra le spiagge costiere della zona Mandra e l’accesso al Borgo Pontino, un terreno verde fecondo di carciofi, alberi anche di pregio, un vasto podere denominato “La Siena”. Qui fecondavano viti, carciofi e verdure nonché una sorgente termale naturale e ora tutto è sparito. Colate di cemento per la realizzazione di un’area di sosta. Per un’accozzaglia di auto. Così viene distrutta una delle più feconde aree verdi. Uno scempio ambientale e paesaggistico che risulta inoltre in palese contrasto con le politiche comunali, volte, almeno sulla carta, a salvaguardare la qualità della vita dei propri cittadini e a tutelare il verde con frequenti interventi di piantumazione e che snatura un’area termale naturale verde di carciofi, alberi da frutto e olivi sostituendola con decine di posti macchina. Un ampio spianamento, in un’area naturale sorgiva termale, che ha distrutto la vegetazione naturale e la piantumazione di specie vegetali. Un’area verde dal cui sottosuolo ha origine una cospicua sorgente naturale termale. Non viene tutelata la salute dei cittadini se si concede di cambiare la destinazione d’uso di un hortus conclusus trasformandolo in un parcheggio lesivo della salute delle persone. I poderi NON si “riqualificano” trasformandoli in parcheggi. Pensare di risolvere problemi di traffico realizzando parcheggi è come credere di potersi liberare dai topi lasciando in giro il formaggio. Un podere, se mantenuto in condizioni naturali, per l’ossigeno che fornisce, l’inquinamento atmosferico che assorbe, l’acqua che lascia infiltrare, anche depurandola, arricchendo la falda idrica sotterranea ed evitando allagamenti di strade e cantine, il caldo estivo che mitiga, i fiori spontanei che ospita, le radici degli alberi che accoglie, le innumerevoli forme di vita, avifauna, piccola fauna, insetti, e la biodiversità che sostiene, il paesaggio che salvaguarda e tanto altro… Fa bene. Ai sindaci. Alle Amministrazioni e alla cittadinanza. Fa bene al turismo, fonte principale di guadagno. Viceversa fanno male a tutti, perché sottratti ad altre più sensate necessità pubbliche, i milioni di euro destinati ad un parcheggio del tutto inutile per lo scopo al quale si dichiara di averlo finalizzato.

Sorda a ogni richiesta e disponibilità ad un confronto costruttivo, l’amministrazione. Cittadinanza e amministrazione dovrebbero essere impegnati sui temi della gestione delle acque meteoriche con proposte concrete per incentivare la de-impermeabilizzazione del suolo. Come recuperare la funzionalità idrogeologica del podere. Già in passato altre opere pubbliche, controproducenti oltre che inopportune ed inutilmente dispendiose, sono state “imposte – giustificate” anche con la motivazione che i relativi progetti erano già autorizzati da precedenti amministrazioni e/o finanziati da enti / istituzioni sovralocali e pertanto non più modificabili. Alcuni luoghi ne raccolgono tristi, ricchi campionari evidenti a chiunque li percorra ed al quale non vorremmo che l’Amministrazione attuale aggiungesse l’ennesimo sfregio di un ulteriore “fatto compiuto”. Un podere, ancor più se arricchito di alberi e arbusti, è sempre la migliore soluzione per la gestione delle acque meteoriche, come quantità ma anche come qualità inquinanti nelle piogge. Un contributo sottovalutato rispetto a qualsiasi manufatto, qualunque sia la capacità drenante di esso, ed assomma anche molteplici altre valenze ambientali e sociali che nessuna superficie artificiale può avere. È una palese contraddizione, urbanistica, paesaggistica, ecologica, con buona pace di tutte le argomentazioni, poi disattese dai fatti, su “corridoi verdi” e simili strutture / infrastrutture verdi. Pavimentare non sembra essere la migliore soluzione possibile per “riqualificare” (sic!) una superficie naturale compattata dalle ruote degli autoveicoli. In particolare va osservato che le opere di interesse generale costituiscono una categoria logico giuridica nettamente differenziata rispetto a quella delle “opere pubbliche”, comprendendo quegli impianti e attrezzature che sono idonee a soddisfare bisogni della collettività, ancorché vengano realizzati e gestiti da soggetti privati. Pertanto, risulta lapalissiano come la proposta progettuale in termini di spazi/aree dedicati così come presentata abbia finalità di interesse collettivo (in conformità allo strumento urbanistico) volta a soddisfare l’interesse pubblico reso alla cittadinanza. l’Amazzonia è anche a casa nostra! Perché scandalizzarsi se altri disboscano le foreste pluviali tropicali per ragioni economiche quando noi stessi rinunciamo al poco verde che ci resta, di cui ogni metro quadrato è sempre più indispensabile, per evitare pochi passi in più a piedi?

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