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Turismo, Salvatore Lauro: «Nessuna visione o strategia comune, così Ischia non supera la crisi »

Un settore in continuo fermento di cui non sappiamo cogliere le nuove opportunità. Tra antichi problemi (mai risolti) e un individualismo che non permette di fare sistema. L’armatore isolano traccia una quadro della situazione, spinge verso il Comune Unico e avverte: “Non si può pensare di continuare a correre da soli, illudendosi di essere i migliori. Da soli non si va da nessuna parte»

Potenziare la trasversalità dell’offerta turistica; ribadire, nelle sedi e nei modi giusti, l’unicità di una destinazione per guardare con più consapevolezza ai nuovi e vecchi mercati, con i quali non sappiamo (più) dialogare; rafforzare il brand Ischia, dal fascino un po’ appannato; sfruttare di più (e meglio) le innovazioni tecnologiche. Ma soprattutto chiedersi che isola vogliamo (o immaginiamo) tra dieci o vent’anni. E qui le cose si complicano: perché la concertazione latita, la lungimiranza pure, a prevalere sono sempre e solo le logiche del campanile.

Una rivoluzione culturale, ci vorrebbe. Perché le risorse ci sono. Ma non siamo bravi a comunicare, a intermediare o a venderle. Soprattutto sul mercato internazionale, il nostro punto debole, quel segmento sociale ed economico che ci permetterebbe di destagionalizzare e accrescere la fetta di un turismo sostenibile, responsabile e di qualità.

A stagione quasi terminata (già questa una contraddizione che occorrerebbe superare), si fanno i primi bilanci, senza mai sciogliere, se non a lentezza pachidermica, i nodi critici e atavici che frenano lo sviluppo del territorio, quindi anche la sua economia turistica. Un mondo in continuo fermento, dove le cose cambiano dalla sera alla mattina, e rispetto al quale Ischia e i suoi innumerevoli strateghi danno spesso l’impressione di restare semplicemente a guardare. E aspettare (Godot?). Di turismo, potenzialità locali in gran parte inespresse e opportunità che presentano i nuovi scenari internazionali abbiamo parlato con Salvatore Lauro, in occasione di un suo intervento a un recente convegno sul turismo religioso.

E’ Presidente di “Napoli Europea”, associazione per la tutela, valorizzazione e promozione dei beni di interesse artistico, storico e paesaggistico del patrimonio culturale di Napoli nello scenario europeo. Come opera sul territorio?

Anzitutto facendo in modo che Napoli e Roma comincino a parlarsi. Oggi, per ricoprire un ruolo da protagonisti, bisogna fare sistema. Non solo tra imprenditori ed Enti locali, ma anche tra aree geografiche. Napoli e Roma possono formare un asse in grado di vivere e produrre come un’unica, grande realtà. Una sorta di unica megalopoli. Sono già tanti i pendolari che ogni giorno si muovono tra queste due città. L’alta velocità lo permette, e insieme possiamo attrarre industria, capitali e viaggiatori. L’associazione esiste ormai da dieci anni: facciamo ricerca, think tank, organizziamo convegni, dibattiti, tavole rotonde e incontri. Scambiamo idee confrontandoci su quelle più innovative. In genere nella sede di Roma, con il presidente del Censis, il sociologo Giuseppe De Rita. A Napoli cerchiamo di portare avanti varie iniziative: dal nuovo molo San Vincenzo a una più generale apertura della città al mare. Contrariamente a quanto si possa pensare, questa apertura ancora non c’è.

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Di recente è intervenuto a un convegno sul turismo religioso svoltosi a Forio. Secondo lei è un ulteriore segmento dell’offerta turistica isolana che potrebbe attivarsi e funzionare?

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Certo. Esistono tante quote di mercato che possono essere utili. Oggi Ischia si trova in un momento di difficoltà, dobbiamo dirlo. Non abbiamo una visione chiara di quello che sarà il turismo isolano tra dieci anni. Oppure non tutti ce l’hanno, né vogliono pensarci. Manca una progettualità a medio o lungo termine. Ognuno pensa a cosa accadrà tra sei mesi, o l’anno prossimo, a com’è andata la stagione o a come andrà la prossima, ma nessuno si interroga su cosa sarà Ischia tra 10 anni. Il turismo religioso non va confuso con i pellegrinaggi, ma declinato come occasione di scoperta di un ampio patrimonio culturale e artistico, in gran parte poco noto, che può attirare un fetta di turisti sempre più interessati. Penso, ad esempio, all’opera meritoria di Don Pietro Monti che, sotto la Basilica di Santa Restituta a Lacco Ameno, ha realizzato uno scavo e un museo importantissimi mettendo insieme cultura, archeologia e fede. È un’idea importante che bisognerebbe far crescere attraverso l’innovazione tecnologica, le startup, il contributo decisivo delle nuove generazioni. Generare idee e iniziative attorno alla chiesa che puntino i riflettori su una realtà archeologica di interesse internazionale, delle cui potenzialità, forse, non siamo pienamente consapevoli.

Quali sono gli altri luoghi legati alla pratica religiosa che meriterebbero di essere conosciuti, promozionati e visitati di più?

A Ischia ce ne sono tanti, anche nei piccoli centri. Dalla Cattedrale di Ischia Ponte a luoghi di culto presenti a Serrara, Panza, il Ciglio. Ognuno con un patrimonio artistico e architettonico che andrebbe restaurato, se è il caso, e riscoperto, fatto conoscere agli ospiti che soggiornano sull’isola. Anche quando scelgono Ischia per una vacanza balneare, ai nostri turisti farebbe sempre piacere affiancare l’aspetto vacanziero con qualcosa di nuovo, di innovativo. Forse saranno le nuove generazioni a capirlo meglio di noi. Dare un messaggio di unicità, di particolarità. Gli ospiti lo apprezzerebbero.

«Ischia vanta patrimonio artistico e architettonico di prim’ordine, che andrebbe riscoperto e conosciuto meglio. Penso, ad esempio, all’opera meritoria di Don Pietro Monti che, sotto la Basilica di Santa Restituta a Lacco Ameno, ha realizzato uno scavo e un museo mettendo insieme cultura, archeologia e fede. Realtà con potenzialità di cui forse non siamo pienamente consapevoli»

Il turismo religioso, come quello escursionistico o archeologico, e più in generale il turismo culturale fa parte di quella che viene definita come una trasversalità dell’offerta turistica indispensabile per intercettare fette sempre nuove di mercato. Eppure, nel caso di Ischia, le difficoltà sono oggettive ed evidenti: gli Scavi di Santa Restituta sono chiusi, la manutenzione dei sentieri la fanno i volontari, i parchi termali a ottobre chiudono i battenti e non esistono eventi culturali di ampio respiro al di fuori della stagione turistica. La trasversalità dell’offerta è lettera morta.

Purtroppo è così. Ognuno va per conto suo, o pensando di essere più bravo o più furbo dell’altro. Ripeto, non si fa sistema. A Ischia ognuno rimane del suo giardinetto. Mi riferisco alle amministrazioni, ma anche alla classe imprenditoriale. Non si è abituati allo stare insieme. Attraverso il Consorzio CO.TU.MAR ma abbiamo cercato di mettere insieme una serie di imprenditori su una piattaforma tecnologica. Se il prodotto viene posizionato su una piattaforma unica, a parlarsi non sono più gli uomini, o il loro individualismo, ma le aziende, anche attraverso le nuove tecnologie e big data che possono essere utilizzati per il miglioramento dei servizi. Ripeto, c’è bisogno di sistema. Non si può pensare di continuare a correre da soli, i risultati sono sotto gli occhi di tutti.

Quale contributo potrebbero offrire gli Enti locali, a partire dalla Regione Campania, spesso accusata di essere Cilentocentrica?

Per mettere a punto un’offerta turistica credibile è necessario un luogo centrale di elaborazione di una strategia. Al momento non esiste. Naturalmente spetta alle amministrazioni dell’isola e, in base principio di sussidiarietà, alla classe imprenditoriale. Bisogna sedersi a un tavolo tutti insieme, non so se tondo o quadrato ma poco importa, e farlo senza attendere che le cose cambino da sole a nostro favore. Dobbiamo arrivare a un piano concordato unico, a una visione quanto più univoca possibile. Mi rendo conto della difficoltà, ma è tempo di fare uno sforzo in più. Ho un sondaggio di qualche anno fa sul Comune Unico. E’ passato del tempo, ma la gente vorrebbe il Comune Unico. Un passaggio indispensabile se si vuole avere una sviluppo dell’isola. Sei comuni non vanno da nessuna parte, non c’è nemmeno un processo di accorpamento, di associazionismo. All’orizzonte non si vede nulla. Nessuna spinta per una progettualità condivisa e proiettata al futuro. Al contrario, ognuno pensa di mostrare rispetto agli altri una propria presunta supremazia, con la convinzione di poter andare meglio da soli. Niente di più sbagliato, i fatti lo dimostrano.

Il turismo religioso, come quello archeologico e culturale, sono tutte forme di turismo sostenibile. Cosa ha fatto o fa Alilauro per la sostenibilità?

Come sa, ho lasciato le cariche in Alilauro. Ma posso dirle che in quell’ambito siamo stati i primi a cambiare i motori e quindi preoccuparci per l’ambiente e per l’emissione di CO2. Nei servizi igienici utilizziamo carta che non provochi inquinamento marino, costantemente cerchiamo informazioni per rendere l’ambiente più sano e, per quanto possibile, ci impegniamo a formare il personale verso comportamenti ecosostenibili. Oggi sui nostri mezzi non è concepibile che un dipendente possa gettare una cicca di sigaretta a mare. Scatterebbe subito un procedimento di licenziamento immediato.

Che stagione è stata per la regione Campania e per l’isola d’Ischia?

Vedo che vanno molto Sorrento e la Costiera. Anche il Cilento, non perché la Regione prema molto su questa destinazione, ma perché esistono più facilitazioni e un turismo di qualità che cresce anno dopo anno. La qualità vince sulla quantità, c’è poco da fare. Perfino a Sorrento, che pure ha una capacità ricettiva assai ampia. Sono riusciti, nei limiti in cui è possibile farlo, a moderare il traffico; sono molto determinati, hanno una visione chiara e precisa di ciò che vogliono e ciò che non vogliono, e in più hanno delle strutture di qualità che dialogano ottimamente con il mercato internazionale, quello anglosassone e americano in primis. Purtroppo è un segmento del mercato che noi non riusciamo ad accogliere. Anche per questo era nata la proposta di affiancare al nome Ischia la grafia internazionale “Iskiah”. Una questione di marketing, chiaramente, ideata per facilitarne la lettura a chi parla altre lingue. Poi certamente contano i contenuti, e Ischia è un’isola che va conosciuta e visitata per il mare, per l’ambiente, le terme, l’enogastronomia, il patrimonio artistico e culturale.

Fautore anche lei di un turismo slow?

Slow fino a un certo punto. E’ necessario essere slow e veloci. Oggi è tutto accelerato, tutto cambia in tempi rapidi: quello che funziona oggi, magari tra qualche mese non funziona più. Dobbiamo essere pronti a cogliere le dinamiche del cambiamento, accogliere queste opportunità che ci si presentano davanti e stare sempre attenti a cosa accade nel mercato del turismo. Una chiave importante è il mondo delle startup. Ai giovani consiglio di impegnarsi e proporci le loro idee. E di leggere, farsi una cultura quanto più ampia possibile. La lettura è la cosa più importante che c’è.

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