LE OPINIONI

IL COMMENTO Donne: rivoluzione, pensieri, parole

DI ARIANNA ORLANDO

Oggi esistono nomi propri per descrivere gli atti violenti ed è un atto di rispetto ricordarli, ripeterli scandendo le sillabe che svincolano – almeno linguisticamente – le vittime dalla colpa di essere tali. La ragazza di Marsala così come quella di Palermo così come quella di Senago così come quella di Avetrana così come quella di Brembate sono creature venute sulla terra a esistere con un nome e un cognome e così ciò che è stato loro fatto merita di essere riconosciuto con un nome che sia una definizione, un recinto, una circoscrizione. Si dice “molestia verbale”, si scrive “abuso sessuale”, si pensa “stupro”, si pronuncia “femminicidio” l’atto di uccidere un essere nato al mondo femmina. La nominazione è un atto importante della protesta e della liberazione per noi che vogliamo fare la rivoluzione dei pensieri e delle parole. Elena Ferrante ha nella sua “L’ amica geniale” ribadito l’idea di un mondo fallocentrico, a misura di uomo, dove anche solo l’idea di donna è stata fabbricata sul piacere di uomo. Per rendere la di lui esistenza massimamente confortevole è avvenuto che le donne si sono plasmate ad immagine e somiglianza delle loro necessità diventando di volta in volta ciò che occorreva e rinunciando ai propri desideri e alla propria volontà. Nella immagine, in questo caso occidentale, della Vergine Maria e del perpetuo confronto con Lei, la donna ha gradualmente perduto la sua innocenza sessuale partorendo l’idea di possedere in fondo al ventre un peccaminoso buco cavo e non un misterioso alveare da cui cola miele e piacere. La donna, da Eva in poi, ha smesso di essere un individuo di pensiero ed è diventato qualcosa di pensato al punto che quando faceva qualcosa di eccezionale nella storia diventava “un caso unico e raro”. 

Tutto ciò ci conduce ad oggi, è un lungo sentiero di spine che le femmine umane del mondo hanno percorso scalze e solo ora, solo ora, si fa luce in loro l’idea che forse è possibile continuare il percorso con scarpe coriacee, con rivestimenti possenti. Le donne che ho citato sopra, e quindi Marisa Leo, …..,Giulia Tramontano, Sarah Scazzi e Yara Gambirasio, sono venute sulla terra con lo stesso e identico libero arbitrio sancito nella storia biblica ma nello stesso e identico retaggio culturale in cui ci siamo staccate dalla costola di Adamo e dunque la nostra creazione femminile in qualche modo gli appartiene, in qualche modo gli dobbiamo il fatto di essere qui. Questa cosificazione si scontra con la nominazione di cui si scriveva prima in un fuoco acceso che incendia idee vecchie e nuove e l’assestamento del mondo e del modo di vedere le cose in un modo legittimo ed altro non sarà senza impedimenti, non sarà senza opposizioni, reclami, lotte. Le donne dovranno ancora dimostrare tante e tante volte di essere sopravvissute alla storia non perché fattrici del genere umano ma coatrici dello spazio del cielo e della estensione della terra, di essere state partorite come pensiero dalla mente di Dio, di essere figlie dell’argilla o della carne come l’uomo, alitate dal sospiro vitale indipendente dal “fallo” che crede di sollevare il mondo. Come cose e come rifiuto le donne di cui abbiamo parlato sono state trattate e non sarebbe sufficiente questo articolo né molti altri per raccogliere i nomi di quelle che gli uomini hanno considerato essere oggetti e li hanno rotti con violenza estrema contro i fucili, i coltelli, i veleni. Alle eroiche donne cadute, morte con coraggio, perché hanno denunciato e hanno detto “no” e alle eroiche donne sopravvissute, con altrettanto coraggio, perché resistere a una molestia, a un abuso, a un tentativo di abuso, a uno stupro, a un’uccisione o a un tentativo di uccisione è cosa da Andromaca, di “colei che combatte come un uomo”. Alle eroiche donne su tutta la terra che resistono in un mondo dove devono dimostrare di avere diritto a un nome e a un esistenza. A tutte loro si dedicano frasi di circostanza. A tutte loro noi diciamo, concludendo, “soldatine del reggimento, siate forti, siate coraggiose”.

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