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I 26 anni di clausura di madre Rosa Lupoli

Di Isabella Puca

Napoli – «Una ragazza piena di sogni  chiedeva alla vita e al destino di vivere un sogno che pur nella sua grande fantasia non sapeva concepire. Voleva qualcosa di diverso ma non sapeva nemmeno lei cosa potesse essere… voleva solo che fosse oltre la normalità e abbastanza esigente… difficile… duro! Dopo 8 anni dalla prima foto il sogno si avvera: la ragazza piena di sogni, ormai ventiquattrenne, varca le soglie del monastero, dopo essere stata abbracciata senza nessun merito o particolare virtù dall’Amore fatto carne.  Il sogno si riveste dei volti di sorelle che tenacemente custodiscono nel cuore di Napoli la possibilità di un luogo di preghiera contro ogni tentativo di chiusura. L’entrata della ventiquattrenne sognatrice, insieme a quella di altre sorelle impedirà che un tesoro della cultura, della storia, della pietà napoletana venga sigillato! E la storia continua fino ad oggi e continuerà… Sembra un film ma è solo la storia della mia vita che oggi, dopo 26 anni, da quel 5 maggio 1990, narra di un sogno impossibile divenuto realtà, che, come ha scritto mio fratello, ha cambiato la vita a me e a quanti erano intorno a me… allargando i confini del possibile e del conosciuto!».  È così che l’ischitana, napoletana per metà, Suor Rosa Lupoli ha festeggiato l’anniversario della sua entrata in monastero, una clausura che è diventata negli anni un modo di aprire le braccia al mondo, soprattutto attraverso la preghiera. Quel messaggio scritto sulla sua bacheca Facebook ha raccolto in un attimo tantissimi consensi di chi non l’ha mai dimenticata nonostante la lontananza, e di chi, quel 5 maggio di 26 anni fa era lì per sostenerla in questa sua scelta con Dio.  Nelle scorse ore è giunto, come sempre, anche l’augurio della sua mamma, la signora Anna Lupoli che accompagna, giorno per giorno, insieme a tutta la famiglia, con la preghiera sua figlia, in questa sua scelta, all’inizio, difficile da accettare. «La sera prima della partenza – ci raccontò la signora Anna in un’intervista– facemmo l’ultima messa a San Pietro e poi una bella festa qui a casa. Il 5 di maggio volle partire per forza e in mezzo al mare fece una scossa di terremoto. Sono ricordi che restano per sempre». Le tante foto la ritraggono giovane e sorridente, vestita di bianco, con i capelli a caschetto il giorno prima della partenza e poi con il volto cinto dal velo, ma con il sorriso di sempre. Già dopo il liceo Rosa espresse la volontà di voler andare in Mozambico per aiutare le persone povere, ma oltre questo c’era il grande amore per la pallavolo. Tuttavia, a causa di un incidente, che le procurò la rottura del menisco dovette abbandonare quella strada e la sua presenza nella chiesa di San Pietro si fece sempre più assidua. Ma il cuore di Rosa aveva già scelto: sarebbe diventata presto una suora di clausura.  Il papà all’inizio non voleva, la sua Rosa era l’unica figlia femmina, e la mamma continuava a piangere nel pensare al distacco dalla sua bambina. «Durante la festa, – è questo un altro dei ricordi della sua mamma – la sera prima della partenza, aprimmo una bottiglia di spumante e il tappo saltò sul soffitto. Il rosso dello spumante ci macchiò tutti e lì, proprio dove andò a finire il tappo, si fece una macchia che mi sembrò il volto di Gesù. Per me furono tutti segnali». Quel 5 maggio di 26 anni fa erano in tantissimi su quell’aliscafo ad accompagnarla e lei, dalla porta della clausura, con un crocifisso tra le mani mai deposto, li salutò prima che le porte si chiudessero alle sue spalle.  «Alla prima chiamata lei ha risposto dicendo subito sì e lasciando tutto, compresa la sua famiglia. Chi conosce la storia – concluse così sua mamma Anna – mi chiede come ho fatto e io rispondo che è il Signore che mi ha dato la forza. Ricordando l’episodio di Mosé al quale il Signore chiede di donargli suo figlio, ho detto al Signore “io te l’ho donata con le lacrime, se questa era una prova, se a te non serve più, rimandamela indietro”. Fino a oggi non l’ha fatto, serve a lui e io, Gliel’ho offerta».

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