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Specie aliene e invasive: cosa sono e come arrivano

I termini “specie aliena” e “specie invasiva” sono utilizzati come sinonimi dai non esperti. In realtà essi sono sì collegati, ma non hanno lo stesso significato: il primo indica semplicemente una specie che è stata introdotta, in maniera volontaria o meno, in un’area dove in natura non è presente; il termine non indica se essa può causare danni o meno alle comunità di esseri viventi tipiche del luogo in cui è stata “trasferita”. Il secondo, invece, indica una specie (usualmente aliena) che espande in maniera drasticamente rapida il suo areale e causa impatti negativi o all’ambiente o all’economia o alla salute umana o a tutti e tre. Per diventare “invasiva”, una specie alloctona deve (ovviamente) sopravvivere nel nuovo ambiente, riprodursi in esso ed essere capace di dispersi in altre zone.

Le specie possono superare le barriere biogeografiche presenti in maniera naturale, ma nel caso delle specie aliene ed invasive esse sono usualmente importate da una zona all’altro del globo tramite l’azione diretta od indiretta dell’uomo. Sono soprattutto le introduzioni dirette (quindi volute) di organismi la causa principale dello “scavalcamento”. Pensiamo al roditore di grosse dimensioni che è diventato il flagello del Nord Italia, la nutria (Myocastor coypus): introdotta dal Sud America, la sua zona d’origine, per (che ci crediate o no) la sua pelliccia, una volta che il commercio è andato calando alcuni individui sono stati liberati ed hanno cominciato a proliferare, causando gravi danni alla vegetazione di acqua dolce, alle dighe, ai sistemi di irrigazione, alle risaie ed alle colture. In aggiunta, assieme alla nutria nella Louisiana (USA) è arrivato anche un suo parassita, il “verme cilindrico” Strongyloides myopotami, che causa all’uomo una forte dermatite. Caso particolare è quello delle piante ornamentali diffuse poi in ecosistemi naturali in maniera invasiva, dato che la loro introduzione è stata dovuta all’uomo ma, usualmente, non anche la sua diffusione (ad esempio le specie del genere Carpobrotus “fuggite” dalle coltivazioni).

Anche le introduzioni accidentali o non volute (ovvero: non si aveva l’intenzione di far spostare organismi) possono essere una parte importante del fenomeno. Si pensi ai cosiddetti “migratori lessepsiani”, specie che hanno usufruito o usufruiscono del canale di Suez artificiale per poter passare dal mar Rosso al mar Mediterraneo (la migrazione al contrario è più complicata per motivi ecologici e di correnti). Oppure, ci sono diversi organismi introdotti a causa della cattiva gestione delle acque di zavorra da parte delle navi che passano da una parte all’altro del mondo e che hanno facilitato l’invasione da parte di diversi organismi: vedasi, per esempio, Dreissena polymorpha, la cosiddetta “cozza zebra”, passata dall’Est Europa ai laghi nordamericani proprio tramite suddette “ballast waters” e che crea problemi praticamente ad ogni ciclo biologico nel quale “si intrufola”; oppure Halyomorpha halys, quella che in Italia viene chiamata “cimice asiatica”, importata negli Stati Uniti ed in Europa per sbaglio da casse provenienti dalla Cina o dal Giappone e che causa danni alle coltivazioni. Altri casi particolari sono quelli di alcune specie di vermi piatti a vita libera (famiglia Geoplanidae), importati “insieme” a piante estere (come successo a Bologna in un giardino privato) o trasporto di suolo contaminato. Questi vermi sono voraci predatori e possono ridurre fortemente le popolazioni di vari invertebrati.

Sul come cercare di ovviare ai possibili danni causati da organismi alloctoni sono presenti diversi punti di vista. In generale, il come fare dipende molto dall’organismo e “a che punto è la sua invasione”. Come prima cosa, si cerca di prevenire: ad esempio, non si devono liberare organismi domestici (vedasi ciò che è successo a Roma, dove oramai i parrocchetti dal collare, Psittacula krameri, sono parte integrante del paesaggio urbano!) e, se si viaggia all’estero, bisogna fare attenzione alla pulizia dei propri abiti ed oggetti (può sembrare paranoia, ma molti semi o uova possono essere trasportati a causa dell’incuria). Se le specie alloctone riescono ad entrare in ambienti naturali, si deve vedere se riescono a stabilire popolazioni; se la risposta è affermativa e vanno oltre la zona dove erano presenti, le specie sono considerate invasive e a quel punto è difficile eradicarle.

*Laureato in STeNA e studente della LM in Scienze della Natura de “La Sapienza”

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