LE OPINIONI

IL COMMENTO Addio all’ospedale civico Albano Francescano?

Ho sempre considerato la mia isola, Procida, una sorta di castello, una costruzione imponente che poggiava su solidi pilastri quali onore, lavoro, storia, cultura, umanità, religione. Ho dedicato ad essa nella mia vita tutte le mie energie umane, professionali e culturali, ma con il passare del tempo, giunto ad una certa età, guardo la mia isola in prospettiva, con sguardo scevro da infingimenti e mistificazioni. E vedo che diversi pezzi di questo castello sono crollati negli anni e nessuno si è ribellato. Tutto rientrava nella normalità delle cose.

Negli anni ’40 del secolo scorso,in piena guerra, i monaci Domenicani di Santa Margherita andarono via e lasciarono la chiesa ed il convento in balia di loro stessi e nessuno disse niente. Io ricordo che quando cominciai a fare il medico, negli anni ’60, c’erano ancora dei Procidani che ricordavano il suono delle campane di questa chiesa ed altri che ricordavano di aver sentito anche la messa celebrata dai monaci. Io,sempre negli anni ’60, entrai in questa chiesa abbandonata e c’era ancora il tetto e le pareti affrescate. Dopo qualche anno crollò tutto. E nessuno disse niente. Dopo una trentina d’anni fu chiusa la Casa Penale che stava sull’isola da centocinquanta anni e nessuno disse niente, anzi si plaudì all’iniziativa come foriera di ricchezza e di sviluppo.

Oggi, a distanza di trentadue anni, la situazione è peggiorata e non si scorge nessuna luce all’orizzonte. Dopo qualche anno dalla chiusura del carcere andarono via da Procida le suore di Ivrea e nessuno disse niente. Queste suore erano un’istituzione per l’isola ed avevano formato generazioni di giovani ragazze. Mia madre (classe1907) mi parlava sempre con rispetto e riconoscenza di Suor Gennara. Adesso è in procinto di crollare un altro pezzo del mio castello: l’Ospedale Albano Francescano. E’ un’istituzione ultracentenaria fondata dal signor Albano con la partecipazione del Comune (perciò Civico) a cui si aggiunsero anche i Francescani di Padre Ludovico da Casoria per cui alla dicitura iniziale si aggiunse anche quella di Francescano. Questa fondazione assiste i soggetti procidani che sono poveri e malati.Svolge un’azione altamente meritoria specie di questi tempi dove ci vantiamo che è aumentata la vita media, mentre siè allungata solo la vecchiaia.Nel 1940 morì il dottor Biagio La Chianca che, insieme al fratello Domenico,era proprietario di un ricchissimo patrimonio consistente in numerosi immobili a Procida e Monte di Procida e, soprattutto dell’isolotto di Vivara.

Questi lasciò tutto in eredità all’Ospedale Civico Albano Francescano, ponendo una sola condizione: che il consiglio di amministrazione dell’Ente fosse allargato ad altri “cinque onesti e probi cittadini”. Il Prefetto di Napoli dell’epoca (siamo in periodo fascista) non ritenne opportuno ratificare la richiesta per cui tutto rimase tale e quale. Dopo molti anni ci fu d nuovo il tentativo di allargare il Consiglio di amministrazione, ma questa volta si ebbe l’opposizione decisa dei Francescani, per cui di nuovo non si mosse nulla. Vivara, fittata ad un privato, era coltivata e produceva vino ed olio, tanto è vero che intere generazioni di ragazze passavano lunghi periodi sull’isolotto per la raccolta delle olive. Negli anni successivi i privati furono sostituiti dalla Regione che la prese in fitto pagando un congruo pigione. Le cose andavano bene fino a quando lo Stato non intervenne dichiarando l’isola “Riserva naturale” senza corrispondere alcun canone. La situazione precipitò ulteriormentenel 1999 quando l’avv. Diana di Monte di Procida scoprì di essere nipote diretto dei medici La Chianca e, quindi, di avere anche lui diritto all’eredità ed intentò una causa in tal sensocontro l’Albano Francescano, basandosi sul fatto che non era stata rispettata la volontà del testatore, in quanto era stata disattesa la raccomandazione di allargare il Consiglio di amministrazione. L’Avvocato vinse la causa in primo grado ed in Appello. Rimaneva solo la Cassazione che si è pronunciata nel marzo 2019 ed ha dato ragione ai figli di Diana perché nel frattempo l’avvocato era morto.

La situazione attualmente è tragica: c’è un deficit di oltreottocentomila euro, i dipendenti sono circa cinque anni che non ricevono lo stipendio, qualunque apporto di denaro in banca viene sequestrato dai creditori. Attualmente i “vecchi” assistiti sono solo sette, ma pur dando questi all’Ente la loro pensione non cela si fa ad andare avanti. Cosa fare? Ci si è rivolti al “Don Orione di Ischia per vedere se era possibile trasferirvi i ricoverati, ma qui hanno chiesto una cifra di 1500 euro al mese pro capite. Cifra impossibile da pagare! Adesso sono in corso dei contatti con “ le suore bigie” di Napoli. La cosa triste è che, anche se qualche soluzione va in porto, bisogna trasferire questi poveri vecchi in un’altra struttura, sradicarli dalle loro abitudini, mortificare le loro persone già tanto mortificate dalle circostanze della vita. In tutto questo il Comune è del tutto assente o al massimo fa un’alzata di spalle. Ma io non vorrei essere nei panni del Sindaco Ambrosino che rischia di passare alla storia come colui sotto la cui gestione è scomparso un pezzo della nostra civiltà. E così è caduto anche l’ultimo pezzo del mio castello: l’umanità ed il senso di solidarietà della mia gente.

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