CRONACA

Il caso di Mattia continua a tenere banco

Cresce l’attesa per la decisione della Corte d’Appello, chiamata a pronunciarsi il 17 sull’affidamento a una casa famiglia o lasciare il piccolo con la madre. E nel frattempo scende in campo anche il Centro Antiviolenza di Napoli

Nell’attesa di un’udienza che più che spartiacque si preannuncia decisiva (il prossimo 17 novembre la Corte di Appello dovrà decidere se il bambino potrà restare con la madre o le sarà sottratto per essere affidato ad una casa famiglia), continua a tenere banco la vicenda giudiziaria e non legato al piccolo Mattia (nome di fantasia), di appena 8 anni, che il Tribunale di Napoli al termine di un vorticoso valzer di eventi aveva deciso di strappare alla genitrice prima della sospensione decisa in prima battuta e confermata in seconda proprio dalla Corte di Appello. Una storia, quella di Mattia, sotto certi aspetti paradossal-surreale e che non a caso sta interessando anche il mondo associazionistico lontano dall’isola. A tornare sull’accaduto adesso è che il Centro Antiviolenza di Napoli nella persona della responsabile Rosa Di Matteo, con alcune dichiarazioni rilasciate all’agenzia di stampa Dire e relativa alla vicenda del piccolo bambino ischitano che avevano suscitato più di una polemica e pure magari qualche incomprensione.

La Di Matteo ha spiegato che “Fermo restando il legittimo diritto di critica sempre vigente in uno Stato democratico, il centro anti-violenza di Napoli, al pari degli altri, ha sempre lavorato per la tutela dei diritti delle donne nell’ambito di tutte le Istituzioni. Ultimamente abbiamo dato anche il nostro contributo sia all’indagine della Commissione femmicidio sulla vittimizzazione secondaria, sia allo sviluppo della riforma Cartabia sostenendo, nella massima convinzione, che vi fosse all’interno del processo civile la necessità dell’inserimento di un capo speciale dedicato alla violenza domestica e di genere. Il nostro lavoro, oramai trentennale, testimonia senza ombra di dubbio che noi abbiamo sempre lavorato a fianco e dentro le Istituzioni locali (la nostra attività è infatti parte del Comune di Napoli) e nazionali, credendo nel processo come unico percorso che possa rendere giustizia alle donne vittime di violenza”. Poi il discorso scivola sulla vicenda che ha acceso i riflettori su Ischia: “Noi crediamo alla qualificazione di tutti gli operatori, della giustizia e non solo, sui temi della violenza come ha sancito risolutamente la riforma Cartabia. In merito al caso specifico del minore di Ischia – continua Di Matteo- vogliamo precisare che come centro anti-violenza non abbiamo mai pensato ad un percorso autonomo, parallelo o antagonista a quello giudiziario, il che ci avrebbe messo fuori dello Stato di diritto cui siamo ben ancorate, perché vogliamo il riconoscimento all’interno dello Stato stesso dei diritti delle donne e dei bambini. La frase equivoca, su cui si è incentrata l’attenzione di molti, adoperata nell’intervista sul ‘modello extra-giudiziale’, poteva avere semmai un colore giornalistico, ma non corrispondeva assolutamente alla nostra idea di prassi codificate all’interno dell’alveo istituzionale e nell’ambito del procedimento giudiziale, dove riteniamo si possano avanzare le doverose critiche. I nostri obiettivi quindi sono e restano quelli di sostenere i diritti delle donne e dei minori secondo quanto previsto dalla Legge: l’ascolto diretto del minore, il pieno utilizzo dei poteri istruttori del giudice civile, la specializzazione dei consulenti e l’esclusione della forza pubblica nell’esecuzione dei provvedimenti- conclude- che riguardano i minori là dove non vi sia un imminente rischio per la loro vita. Questo e null’altro”.

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