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Il caso – Le gravissime infrazioni riscontrate dall’Antitrust e cancellate dal Tar

ISCHIA – L’attività di indagine condotta dall’Antitrust nei confronti degli armatori privati, e resa vana nella giornata di ieri dalla decisione del Tar Campania, è stata lunga e complessa ed ha visto interpellate anche associazioni di categoria come ad esempio quella degli albergatori. Anche per questo nel 2009 le società armatoriali assunsero una serie di impegni accolti dall’autorità il 15 ottobre del 2009. Tra questi, le compagnie di navigazione “si impegnavano ad astenersi da ogni scambio e condivisione di informazioni relative a dati sensibili e decisioni commerciali, limitando l’ambito delle attività svolte in seno a iniziative comuni, ivi comprese quelle svolte nell’ambito del CLMP e di ACAP, alle sole questioni dirette al miglioramento degli standard di qualità del servizio”, Ma si sarebbe trattato soltanto di un fuoco di paglia, dal momento che nel periodo che l’agosto ed il settembre del 2010, infatti, arrivano all’Autorità alcune segnalazioni tese a denunciare aumenti nei collegamenti marittimi nei golfi campani ed a tal riguardo ci sarebbe da segnalare anche un clamoroso autogol dell’associazione degli armatori, l’Acap, che proprio in un comunicato stampa annunciava la soppressione della tariffa per i residenti. Così, a settembre, l’Antitrust si rimette all’opera chiedendo articolate informazioni e richiamando le compagnie di navigazione al rispetto degli impegni precedentemente assunti. La situazione, però, non migliorava affatto, al punto tale che nel 2011 e nel 2012 le segnalazioni aumentavano a dismisura sia relativamente alle tariffe che pure riguardo ad una serie di disservizi quali cancellazione di corse, ritardi e finanche modifica degli orari senza alcun preavviso. Ed allora ecco che veniva tirata in ballo anche la Regione Campania cui venivano chieste una serie di informazioni fornite in due riprese, nel novembre del 2012 e nel marzo 2013. Una volta chiuso il cerchio, l’Autorità, con delibera n. 24337 del 30 maggio 2013 aprì il procedimento che portò alle maxi sanzioni.

Nel mirino finì anche l’Acap, l’associazione degli armatori, che secondo l’Antistrust avrebbe esercitato “una politica di comune pressione in materia tariffaria, mediante lettere a firma congiunta alla Regione e comunicati all’utenza, per l’adozione delle soluzioni più favorevoli agli armatori stessi, con minaccia di sospensione del servizio o di aumenti tariffari decisi e applicati unilateralmente anche nei confronti delle categorie di utenti ‘protette’, quali residenti e pendolari”. Un’ampia sezione del disposto dell’Autorità riguardava le violazioni degli impegni di cui si sarebbero macchiati gli armatori dei Golfi di Napoli e Salerno. In primo luogo la “nube” più fosca era quella di non aver affatto fugato le preoccupazioni di una concorrenza soltanto fittizia e derivante da iniziative comuni. Il che, detto per inciso, sarebbe stato provato dalle condotte che ne configuravano il mancato rispetto. Un ruolo determinante, a riguardo, avrebbe svolto il CLMP (Consorzio Linee Marittime Partenopee), che doveva essere sciolto ma al cui posto sarebbe poi nata la Gescab. Chi ha indagato, non a caso, sottolineò in maniera inclemente come le parti non dovessero soltanto “limitarsi a sciogliere formalmente il CLMP, ma dovevano anche astenersi dal ricostituire una struttura operativa avente le caratteristiche del Consorzio, cambiandone soltanto la forma giuridica e la denominazione. Ciò toglie ugualmente rilievo alla tesi delle parti secondo cui l’autorità non avrebbe considerato la ‘profonda’ diversità tra il CLMP (che vendeva biglietti alla stregua di un vettore e per un ampio numero di rotte) e Gescab (che emette biglietti sulla base di un mandato delle compagnie da e per le sole rotte da/per Capri”. Per la serie. È come se gli armatori avessero cambiato un vestito ma chi lo indossava era sempre la stessa persona.

Ed anche l’obbligo di limitare le iniziative comuni al coordinamento per la qualità del servizio, era stata clamorosamente sconfessata dall’Autorità. Che sottolineava come agli atti ci fosse una copiosa documentazione “consistente in un’intesa anticoncorrenziale di partizione dei ricavi in quote storiche, anche attraverso il coordinamento delle politiche commerciali ed un continuo scambio di informazioni sensibili ed altamente disgregate”. E l’accusa non aveva dubbi nell’affermare che tale intesa era stata realizzata con il contributo determinante di Acap e Gescab. Così come un’altra farsa si sarebbe rivelata quella del cosiddetto Biglietto Unico per Capri, che in realtà poteva essere utilizzato soltanto sulla corsa prescelta dal cliente e senza nessuna possibilità che lo stesso fosse “libero”. C’era dunque oltre ogni ragionevole dubbio un accordo collusivo tra le compagnie, che dall’autorità veniva definito con poche ma significative parole e cioè “un’intesa complessa e continuata, restrittiva della concorrenza”.

“L’infrazione accertata rappresenta una delle violazioni più gravi (hard core) della normativa posta a tutela della concorrenza”, scriverà l’Autorità che poi rincarava la dose: “A ciò si aggiunga che poiché le parti rappresentano, per tutta la durata dell’intesa, la totalità dei principali operatori privati campani attivi nel mercato de quo, l’intesa oggetto della presente istruttoria appare particolarmente offensiva. Alla luce di quanto detto, l’infrazione accertata deve qualificarsi come infrazione molto grave”. La conclusione, era che le società Alilauro, Alilauro Gruson, Alicost, Medmar Navi, Snav, NLG, SMLG avessero messo in atto un’intesa unica, complessa e continuata, realizzatasi anche attraverso gli organismi comuni Consorzio Linee Marittime Partenopee in liquidazione, Gescab e Associazione Cabotaggio Armatori Partenopei (ACAP) avente ad oggetto la ripartizione dei costi/ricavi in quote storiche predeterminate per mantenere invariati i margini di profitto relativi nel mercato del trasporto passeggeri, con o senza veicoli …” e che ancora “le società Alilauro, Alilauro Gruson, Alicost, Medmar Navi, Snav, NLG, SMLG, Gescab, consorzio Linee Marittime Partenopee in liquidazione si astengano in futuro dal porre in essere comportamenti analoghi a quelli oggetto dell’infrazione accertata”.

 

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