IL COMMENTO Amministrare in condivisione
Ci sono due modelli diversi e contrapposti di amministrare i Comuni. C’è il modello di amministrazione a sostegno di una parte della popolazione contro chi non ha inteso appoggiare la classe affermatasi alle elezioni e c’è un modello di amministrazione che, a prescindere da chi l’ha votata, cerca di servire e convincere anche chi l’aveva avversata. C’è un modello di amministrazione che cerca di soddisfare le sole istanze dei clientes, a mo’ di premio elettorale, e un modello opposto di amministrazione che si fa carico innanzi tutto delle fasce più emarginate, meno protette, meno compromesse, meno interessate da relazioni amicali, familiari e clientelari. C’è un modello di amministrazione che “impone” i provvedimenti alla cittadinanza e una opposta che dialoga, si confronta e condivide con le rappresentanze sociali, economiche e culturali, programmi e azioni. Agli ischitani l’onere di accoppiare i sei Comuni dell’isola all’uno o all’altro modello. Con una raccomandazione: non si lascino ingannare da una presunta “efficienza” governativa, sganciata da una larga condivisione popolare. A volte quella che può sembrare efficienza altro non è che il procedere spedito e solitario su una direzione autocraticamente scelta ma che, a lungo andare, non essendo stata preventivamente condivisa con la popolazione, si rivelerà negativa e avversata nel paese.
Bisogna guardarsi anche da un’altra illusione:che l’immediata adesione e contentezza del popolo per scelte calate dall’alto ma che sembrano rispondere, a primo acchito, ai bisogni popolari, restino soddisfacimenti di lungo periodo. Capita, al contrario, che – passata l’euforia iniziale – la popolazione s’accorga dell’effimera portata del provvedimento e l’accantoni nel dimenticatoio o nel cassetto delle cose da buttare. E qui faccio l’esempio dei numerosi eventi che stanno scatenando la competizione tra Comuni. E’ chiaro che la festa (qualunque essa sia) è ben accetta da una popolazione che è afflitta, ai tempi odierni, dai mille problemi della società moderna (dalle guerre alle epidemie, ai disastri provocati dai cambiamenti climatici, dalla povertà crescente alla violenza criminale anche giovanile). Ma alla parentesi gioiosa della festa presto subentra la presa di coscienza che i problemi reali restano e vanno affrontati e risolti. Non basta l’effetto placebo, il pannicello caldo della festa, anche se la festa e la gioia non guastano mai. Ho notato che viene molto sottolineata la circostanza che vengono coinvolti, in questi eventi festivi, associazioni ed esponenti del terzo settore e del volontariato, oltre che manager dell’entertainment. Ma, nel contempo, all’occhio attento e critico, non sfugge che le scelte ricadono su gruppi di consenso elettorale consolidato e non su Associazioni o gruppi liberi da condizionamenti. Questo modo di procedere amministrativo non può definirsi “condiviso” ma – tutt’al più – “allargato”. E allargato esclusivamente a chi fa già parte dell’entourage. Ecco uno dei motivi che sconsigliano il terzo mandato di Sindaco o Governatore regionale. Il tempo amministrativo prolungato spinge all’accumulazione di consenso clientelare per assicurarsi la continua rielezione. Un Sindaco o Governatore che sa di avere a disposizione un tempo limitato, più probabilmente, cercherà di fare il meglio possibile, verso tutti, per lasciare un buon ricordo di sé. E meglio ancora se tale Sindaco o Governatore pensa di chiudere così la carriera politica senza ulteriori obiettivi politici su gradini più alti, altrimenti si ricade nella tentazione di creare consensi clientelari, utili per l’escalation politica.
Farò un solo esempio, a noi vicino, di come si dovrebbe intendere una gestione condivisa della città. Il Sindaco di Napoli Gaetano Manfredi (a volte cultura e politica riescono a viaggiare insieme) sta avviando un coraggioso esperimento amministrativo su una delle aree più critiche della città di Napoli: Piazza Garibaldi. Per il rilancio di tale piazza Manfredi ha pensato di coinvolgere, con un’apposita convenzione, una molteplicità di soggetti sociali, per esempio il Teatro Bellini (ma anche il Mercadante) che organizzerà spettacoli nella cavea finora rimasta vuota; la CGIL il prenderà in gestione uno degli 8 chioschetti esistenti, per assistenza sindacale e previdenziale, poi altre Associazioni si faranno carico della cura del verde, della pulizia, dello svuotamento costante dei cestini, dell’assistenza ai senza dimora, evitando che , abbandonati a se stessi, alimentino il degrado. C’è perfino, nell’organizzazione, un Comitato Civico “Orgoglio Vasto”, costituito da residenti della zona, ma ci sono anche nomi privati pesanti come Jannotti Pecci o l’Associazione Est(ra)moenia di Ambrogio preziosi, ex Presidente dell’Associazione Costruttori di Napoli .E poi tante Associazioni del Terzo Settore (Impararefare, Dedalo,Ethnos, Gomitoli ecc.) che organizzeranno laboratori creativi e di lavoro, lo sportello di informazione al pubblico, iniziative di inclusione sociale. Gaetano Manfredi, Sindaco di Napoli, Sindaco della Città Metropolitana e, da qualche giorno, anche Presidente dell’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani), ha di recente sottolineato come la politica nazionale, caratterizzata da divisioni profonde ( all’interno e all’esterno delle coalizioni) può essere rifondata partendo dai Comuni e dai Sindaci. Però è anche vero quel che ha detto De Pascale, nuovo governatore dell’Emilia Romagna, in un’intervista a Repubblica: “Attenzione a non cadere nella retorica dei Sindaci. Guidare una comunità ti migliora umanamente perché ti avvicina alla gente, ti fa capire i problemi veri delle persone, però il modo in cui lo fai non è un dettaglio. Era Sindaco Giorgio La Pira ma pure Vito Ciancimino, ci sono santi e ci sono diavoli”. Saranno capaci i nostri eroi isolani di perseguire la linea virtuosa? Sono santi o diavoli? Vorranno condividere la gestione con imprese private, Associazioni, terzo settore, di qualunque ispirazione e di qualunque colore politico? Sarà possibile condividere con terzi, quando non riescono nemmeno a condividere tra loro sei? Se non ne saranno capaci, saremo votati, come comunità, a profonde lacerazioni interne, a contrapposizioni tra opposte tifoserie, all’odio per l’avversario, ad una verbalità violenta, all’annullamento reciproco.