IL COMMENTO Anche a Ischia regna la Foodifiction

Ci stiamo accorgendo, man mano che la stagione turistica entra nel clou, che l’economia isolana diventa sempre più a macchia di leopardo: avanzano alcune attività come ristoranti, pub, paninoteche, pizzerie o negozi di limoncello e vari pseudo prodotti locali per turisti di facile contentatura. Mentre arretrano paurosamente alcuni commerci tradizionali (boutique, negozi di scarpe, abbigliamento, articoli da regalo ecc.) Ho visto, in giugno, che perfino gli stabilimenti balneari hanno faticato a riempire sedie sdraio e ombrelloni e hanno beneficiato solo quegli stabilimenti dotati di baretto o ristorantino. Siamo sempre lì: ristorazione e niente più! Ovviamente Ischia non è un’eccezione, segue (con accentuazione) quello che è ormai un andamento nazionale. Siamo nell’era definita – a giusta ragione – della Foodificazione. Il termine è stato coniato e lanciato dai torinesi Paolo Tessarin e Marco Perucca, autori di un podcast, di uno spettacolo teatrale e di un libro intitolato, per l’appunto: “Foodification. Come il cibo si è mangiato la città”. Abbiamo di fronte a noi l’esempio di Napoli, che ormai è diventata una città-cucina. Da un punto di vista turistico nascono centinaia di tour gastronomici. Si fa il tour del food e, molto spesso, s’ignora che alle spalle o nei dintorni di quella cantina, ristorante, pub, c’è una Chiesa, un Museo, un monumento d’arte. Il problema non è tanto la dittatura della gastronomia ma la modalità in cui si manifesta, pubblicizza, realizza la primazia del cibo.
Lasciamo un attimo da parte l’alta cucina e gli chef stellati, che in pochi si possono permettere e che, comunque, ha una sua validità creativa. Andiamo alla massa dei punti in cui si può mangiare o bere o entrambe le cose. C’è un modo assolutamente volgare di condurre tali realtà ristorative e c’è, invece, un modo alternativo, sensibile, colto e sostenibile di fare ristorazione. Dal prevalere dell’uno o dell’altro modo, ne consegue il destino futuro della località che lo propone. Faccio qualche esempio: perché mai il Sindaco di Napoli (ma anche i nostri Sindaci isolani) consente che nei vicoli del centro storico compaiano volgarità del tipo: “Limonata a cosce aperte” oppure “vedi Napoli e poi…limoni”? Napoli o Ischia hanno bisogno di queste stupidaggini? E vogliamo parlare delle catene del food? Quelle che propongono ovunque le stesse cose? Nei primi 4 mesi del 2025 il turismo enogastronomico in Italia ha raggiunto i 9 miliardi di euro e la cucina italiana è risultata il primo attrattore per gran parte del turismo internazionale. C’è poi una moda: il giro dei baretti per una serie di cicchetti. In particolare questo modo di divertirsi e bere, trae origine da una vecchia e consolidata tradizione veneziana: il bacaro tour, il giro dei bacari. Che cos’è il bacaro o bacareto? E’ un tipo di osteria veneziana a carattere popolare dove si trova una vasta scelta di vino in calice, corroborata da spuntini vari. E’ quello che si sta affermando anche a Ischia. Piccole vinerie hanno aperto i battenti a Ischia Porto, a Ischia Ponte, in via Pontano e, naturalmente, essendo condotte per lo più da giovani, auguro loro il migliore successo. Non sono loro la pietra dello scandalo, ma non possiamo non sottolineare che anche tali localini, dovendo stare nel centro storico, nel cuore pulsante del paese, contribuiscono alla gentrificazione dei luoghi. C’è un graduale spossessamento di spazi e locali, prima adibiti a commerci tradizionali o ad abitazione e adesso a questa attività ristorativa, che va ad alimentare l’innalzamento dei canoni di fitto dei locali e la rarefazione della trama abitativa.
Un altro termine, di recente coniato sulle nuove tendenze turistiche è “ordanizzati”, non più viaggi “organizzati” bensì “ordanizzati” ovvero “imbarbariti” e invasivi. Ma Ischia dalle mille sorprese, è capace di stupire anche nella capacità di proporre modelli alternativi e positivi. Faccio anche qui un esempio: andate a visitare l’orto-fattoria didattica “’U Muzzocon”, in via Soronzano, di Filippo Florio, da molti conosciuto per le sue brillanti campagne televisive in favore di un’agricoltura isolana sostenibile. Vedrete come si può condurre un’attività agricolo-gastronomica diversa e sostenibile, in uno scenario fantastico che affaccia sulla baia di Cartaromana, tra animali di ogni specie, piante di ogni genere e lì per lì potrete gustare al volo qualche prodotto della terra appena colto e cucinato.. Vi farò un altro esempio, anche se riguarda Ponza e non Ischia. Ma si sa, Ponza è stata colonizzata dagli ischitani. Ed è proprio da un discendente ischitano, Emanuele Vittorio, con la moglie Luciana Sabino che hanno dato vita ad una coltivazione e produzione del vino “Fieno di Ponza”. Per raggiungere il sito (Punta del Fieno) si può andare in barca o attraversando una mulattiera, in uno scenario di fronte all’isola di Palmarola. E’ difficile che simili esempi possano essere “ordanizzati” dalle grandi masse turistiche, mentre è facile che i veri amanti di un giusto equilibrio dall’Uomo con la Natura e i veri amanti dell’opera sapiente di mani contadine vadano alla ricerca di queste oasi di bellezza e creatività.
…
Ha me Ischia piaceva nel decennio che
va dal 1955 al 1965. Allora Ischia era bellissima. Mare stupendo, pinete favolose. Boschi bellissimi .
Gli ischitani fraternizzavano tra loro. C’era rispetto ed educazione. Ad Ischia in quel decennio venivano a villeggiare la media e alta borghesia napoletana.
Vi erano due alberghi. La Langarella al porto, è La Floridiana a via Vittoria Colonna. I ristoranti erano due. Il Pirozzi è il Di Massa . Tutti è due ad Ischia ponte. C’erano poche case. Dopo il 65. Ischia si è imbruttita. Si sono riversati sull’ isola per villeggiare miglia di napoli . Èd è venuto il sacco di Ischia. Centinaia è migliaia di vani si sono costruiti. Non per esigenze proprie . Ma per lucro. Gli amministratori complici di questa deturpazione del territorio. A fine elettorale. È siamo arrivati ai giorni nostri. Con tutte le conseguenze negative. Ischia non è più un luogo di villeggiatura. È una bruttura . Parlando dei prezzi. L’isola è carissima su tutto il comparto merci. Prodotti che superano il 200% di quelli di terraferma.
È non sto esagerando. Le autorità preposte lasciano fare. Un esempio. Un kg di precoce in un supermercato €. 5.80 al kg. Un kg di alici €9.00.
Napoli €2.50 . Cozze Ischia €. 9.00 al kg. Napoli €. 4,50. Pane Ischia . Comune €3,20 al kg. Panini 4,30 al kg. Napoli €2,00/ e 2,70. Al kg. Per non parlare dei prezzi nei ristoranti. Spillano soldi ha go go’.
Le case in fitto un mese 5,000 €. Agosto prezzi proibitivi. Gli ischitani si sono riciclati ad aprire bettole e birrerie. Bruttissima società che sta perdendo ogni valore. Si pensa a mangiare è a bere.
Mi dite dove sta’ Ischia di una volta? Non esiste più. È si va sempre peggio. Alla salute cin cin.