IL COMMENTO Caro Saviano, così proprio non va

DI LUIGI DELLA MONICA
Stavo navigando su facebook, mentre riflettevo sul clamore che ha provocato la trasmissione di Alberto Angela, prima su Napoli e successivamente su Ischia. Una sorta di “summa questio”, quasi come se l’opinione pubblica ed il mondo accademico stessero discutendo nel lontano medio evo se le donne avessero o meno un’anima. L’argomento però che ha colpito la mia attenzione è stato il giudizio critico di Saviano, scrittore e uomo di Stato, perché mi risulta che percepisca uno stipendio da noi contribuenti in regime di protezione, che criticava un altro uomo di Stato, il dott. Alberto Angela, giornalista, storico e narratore delle bellezze italiane nel Mondo, dipendente della RAI, cioè degli italiani. Prima di loro, un altro uomo di Stato, in quanto partigiano rosso ed eroe della Resistenza, anche lui scrittore, saggista e giornalista, Giorgio Bocca, tuonava, negli anni ’90 contro Napoli, definita fogna d’Italia. Io sono cresciuto intellettualmente, assistendo ai fenomeni politici del giuramento di Pontida, allorquando uomini del Sud avevano posti chiave nel potere del Paese, ministeri della salute, dell’interno e delle finanze, con un premier milanese esperto della socialdemocrazia vissuta porta a porta nei quartieri operai di Sesto San Giovanni, che da Re del Mondo si trasformava nel bersaglio da monetine davanti all’hotel San Raffael a Roma. Proprio in quell’anno, il Presidente della Repubblica del tempo, anche lui partigiano, ma bianco, nel discorso di fine anno, tuonò: “io a questo gioco al massacro non ci sto!”.
Mi sorprende e sgomenta al tempo stesso che vi sia stata una tale presa di posizione da parte dell’autore del libro e soggettista della fiction, forse fra le più viste e famose nel Mondo, Gomorra. Io posso dire senza vergognarmi che ho sempre apprezzato il lato artistico, il pathos intenso delle capacità espressive degli attori, le location, la cornice artistica dei drammi dei personaggi, alternati fra eroi ed antieroi.
Ma ritengo, con molta modestia, che Saviano, avversando questa linea ideologica di riscatto culturale della città di Napoli e per riflesso anche di Ischia, che è stata citata dopo neanche dopo due giorni sulla prima rete nazionale, commetta un errore epocale. Io credo di essere forse suo coetaneo e come lui mi sono gloriato del privilegio di assistere al culmine della iconoclastia di Eduardo, ormai neanche citato con il cognome, le cui opere, a cavallo fra gli anni 70’ e 80’ venivano integralmente rivisitate e rese a colori dalla RAI e piano piano si affacciava il giovane Massimo da San Giorgio a Cremano, nonché il grande filosofo e matematico Luciano De Crescenzo diffondevano i primi film denuncia contro i luoghi comuni su Napoli. Oddìo, Eduardo non fu certo felice nella sua frase “fujtevenn a Napule”, ma egli non certo alludeva a qualche sentimento negativo, ma semplicemente si proponeva di scarnificare la bruttura di una società ormai decaduta, rispetto al senso della dignità e della compostezza dei suoi umili personaggi.
Il Grande Massimo si sdegnava del fatto che un napoletano viaggiatore si potesse definire emigrante, perché la storia della miseria di inizio secolo 20’ indusse tanti di noi, anche ischitani, a lasciare la madrepatria in cerca di fortuna all’Estero. Il prof. Bellavista, invece, regalandoci uno spaccato di convivenza fra l’assurdo, l’illogico, il drammatico, il magico, il malinconico ed il comico, al cospetto di Nunzio Gallo, padre dei bravissimi figli d’arte Massimiliano e Gianfranco, nel dialogo sulla camorra ci raccontò: ”Ma tutto sommato, non facite na vite e’ merd”. Caro Roberto Saviano, i giovani nel 21^ secolo non piangono più se non hanno i soldi per studiare fino al liceo e continuare all’università, oppure non ci sono più giocatori di calcio che viaggiano in tram per andare ad allenarsi. I ragazzi oggi piangono se non dispongono del cellulare uguale a quello del compagno di classe più ricco, per non sentirsi da meno. Molto spesso, la camorra consente a questi ragazzi di avere l’oggetto del desiderio presto e bene, ma essi, ammalati dal delirio di onnipotenza tipico dei giovani, che sono a volte inconsapevoli che ad ogni agire consegua un effetto, viene celata la cultura della morte e del nichilismo che impera in un mondo dove il sacrificio sembra un percorso di deboli e perdenti e non di fortificazione dello spirito, del corpo e della mente. Diceva il Presidente degli U.S.A. Wodrow Wilson “L’America agli americani” ed io Le consiglio Sig. Saviano di occuparsi soltanto di educazione giovanile contro la camorra, perché lo Stato italiano la protegge e la paga per questo.
Il mio giudizio personale sul denaro ed il successo che ha raggiunto grazie alla fiction derivata dal suo libro è acqua che non toglie sete, ma Le raccomando di precisare e specificare le arcane ragioni del suo intervento critico nel mestiere di Alberto Angela, che all’Estero è dotato di una potenza mediatica inaudita, perché è conosciuto come il cantastorie, il narratore delle meraviglie di Pompei, che qualsiasi uomo\donna straniero si propongono di vedere in Italia, almeno una volta nella vita, come il Colosseo, Canal Grande, Gli Uffizi, Sorrento e Capri. Guarda caso, Alberto Angela, ripeto seguitissimo nel Mondo, si è curato di ricordare ai turisti stranieri che, una volta scesi dal terminal Capodichino, possono fermarsi a godere di una delle città fra le meraviglie del Mondo, a cui fanno da cornice dorata le tre isole del Golfo, Procida, capitale della italiana della cultura 2022 e Ischia, che, tra le sue inestimabili ed incommensurabili bellezze annovera un Castello, abitato da circa 2.500 anni. Pertanto, caro Sig. Saviano, sciupare con le sue parole inopportune questa occasione storica di riscatto per Napoli, Procida e Ischia non rende merito allo stipendio di Stato che in quota parte i cittadini onesti di questi luoghi le consentono, oltre alla scorta che le è garantita. La sua materia è l’anticamorra e se vuole rendere un servizio alla Campania, che le ha dato i nobili natali, perché i nostri padri la definirono Felix, denunci alla storia che il motivo della decadenza culturale e criminale della città è iniziato con l’arrivo di Lucky Luciano a Capodichino nel secondo dopoguerra, non ci sta bisogno della mia citazione, basta guardare il film magistralmente interpretato da Gian Maria Volontè.
Si guardi anche il film interpretato da Franco Nero e da Fabio Testi “I guappi”, in cui si denuncia il fallimento dello Stato centrale nell’affidare la repressione della camorra ai delegati, che erano degli ex delinquenti più violenti e corrotti degli stessi camorristi, ma in tale pellicola traspare una certa simpatia di una certa borghesia chic, che in cambio di protezione e vita ovattata pur potendo contribuire alla soppressione del fenomeno le ha strizzato l’occhio. La stessa Matilde Serao, in epoca poco precedente all’ambientazione di questo film, gridava alla bella società che il problema dei lazzaroni sarebbe stato una piaga sociale esplosiva. Sono anni che il Procuratore Gratteri ci urla che i colletti bianchi sono il pericolo più strisciante e violento della mafia cinematografica che uccideva per strada. Si occupi di quella Napoli bene che fa affari impunemente con la Napoli nera.
Non è un caso che per strada nei quartieri popolari e nei quartieri chic a volte si vedano in macchine di grossa cilindrata giovani rampolli dalla Napoli chic e della Napoli che spara… Ormai Scampia è la storia: questo quartiere è abitato per la assoluta maggioranza di persone che hanno sofferto, ma che hanno alzato la testa contro i luoghi comuni culturali, contro gli stereotipi subculturali. Napoli, come Ischia, come qualsiasi altro posto del Sud, deve essere seminato di fiducia nello Stato, nelle Istituzioni e soprattutto di ideologia del riscatto e del bene collettivo.
Gettare acqua sul fuoco della rinascita culturale di Napoli è un grave errore storico ed anche un colpo alla schiena di tutti quei lavoratori onesti napoletani, procidani, ischitani che giorno, dopo giorno, animati dall’ottimismo nel futuro, si spaccano in due per la fatica con il sorriso sulle labbra e l’angoscia di non aver accontentato abbastanza l’ospite. Caro Saviano, ricordi al Mondo che il napoletano, il procidano, l’ischitano, il sorrentino se potessero ospiterebbero a casa propria il turista, senza chiederli il conto. Gomorra fa parte del vecchio testamento, ma il Signore infinitamente buono si è fatto uomo per riscattare l’uomo dal peccato, per cui il nuovo testamento ci ha dato la speranza di vincere la morte. Basta con la morte di Gomorra, noi vogliamo la Napoli, l’Ischia del Nuovo Testamento, perché la cultura è vita, è emancipazione dell’identità umana.
* AVVOCATO