IL COMMENTO Cultura e Sviluppo
DI GIUSEPPE LUONGO
L’Occidente rischia di non stare al passo o, peggio, arretrare nello sviluppo della ricerca e delle tecnologie e perdere il ruolo di punta nella costruzione del percorso della crescita culturale e dello sviluppo,che aveva conquistato alla chiusura del Medio Evo, dopo la secolare crisi iniziata con la caduta dell’Impero Romano. La Scienza tra 500 d.C. e 1000 d.C. raggiunse il più basso livello nell’Europa occidentale. Questo risultato è attribuito all’instabilità politica e alla graduale dissoluzione dell’attività urbana che avrebbero bloccato la crescita del sapere. A ciò si aggiunga la diffusa ricerca della salvezza ultraterrena che impegnò le menti di coloro che un tempo avrebbero rivolto interessi alla scienza e alla matematica. Anche l’aspra polemica della Cristianità contro la cultura e la religione pagana aveva gettato un velo di sospetto sulla filosofia e la scienza greca. Il dilemma cristiano è illustrato nel modo migliore da Sant’Agostino, la cui influenza fu enorme per tutto il Medioevo. Egli riteneva che le scienze teoriche e le arti meccaniche non fossero di alcun aiuto al cristiano. Il principio del cambiamento avverrà con due eventi di grande portata; il primo è l’accesso diretto al nucleo della scienza greca superando il livello degli enciclopedisti latini, il secondo è la nascita, a partire dal 1200, delle università di Parigi, Bologna, Oxford, dove rinasceva la cultura. Tra le Università celebri che furono fondate all’inizio del secolo ricordiamo l’Università di Napoli del 1224, prima università laica voluta da Federico II di Svevia “Stupor Mundi”. L’ Università era l’istituzione che aveva il compito di formare i giovani al nuovo sapere e diffondere la comune eredità intellettuale per le future generazioni. Le conseguenze intellettuali più importanti delle attività delle nuove istituzioni alla crescita e alla diffusione del sapere furono sufficientemente sovversiveper la cosmologia e la fisica aristotelica che, secondo alcuni studiosi della storia della scienza medioevale come Pierre Duhem (1861-1916), servirono a generare la scienza moderna. Ma per raggiungere questo obiettivo si dovette attendere fino alla fine del sedicesimo secolo e all’inizio del diciassettesimo con la rivoluzione galileana (Galileo Galilei 1564-1642) e con la meccanica netwoniana (Isaac Newton 1642-1726).
La difficoltà a superare il sistema aristotelico nei secoli precedentiera dovuta a diversi fattori, tra questi la mancanza di una seria alternativa ad esso, mentre la Riforma di Lutero del 1517e la Controriforma del Concilio di Trento del 1545-1563 servirono a rafforzare la fisica e la cosmologia di Aristotele e allo stesso tempo si denunciava il sistema eliocentrico di Copernico. La scienza era stata indirizzata da Galileo verso l’uso della matematica che divenne la sostanza delle teorie scientifiche. Gli studiosi del Seicento e del Settecento attivi nel campo della fisica realizzarono una fusione tra fisica e matematica. In questa sede la sola elencazione dei titoli dei progressi della Matematica da Galileo e Newton fino ai nostri giorni è un’impresa impossibile. Basta qui ricordare che la matematica ha avuto e ha un ruolo rilevante nello sviluppo del mondo della fisica. Ho l’ambizione che questa nota possa sollecitare i formatori a riflettere sui contenuti dei programmi scolastici, senza cadere nella trappola dell’offerta più allettante per i giovani, privilegiando l’aspetto moderno ai contenuti.Mi riferisco, ovviamente, al mondo della scuola che attraversa una fase che privilegia l’organizzazione delle attività ai contenuti delle stesse, ritenendo che il successo della scuola sia nella modernizzazione delle tecniche di insegnamento e di apprendimento. Molti docenti si ribelleranno a leggere questa analisi, perché sono impegnati spesso in un lavoro estenuante e impegnativo, ma spesso poco apprezzato dagli utenti.
La scuola ha provato nei tempi più recenti percorsi diversi per rendere più attraenti gli obiettivi formativi, con risultati non soddisfacenti. Si è ritenuto di portare nei curricula una maggiore finalizzazione per l’inserimento nel mondo del lavoro, perdendo di vista che il mondo del lavoro cambiava più velocemente dei risultati della formazione dei giovani. Il mondo del lavoro cambiava profondamente, ma nella scuola il modello formativo era lo stesso. La scuola aveva perso il rapporto con il mondo del lavoro perché formava giovani su competenze specifiche che alla conclusione dell’iter scolastico erano in crisi o già superate nel mondo del lavoro. Per superare questo vuoto è stata introdotta la formazione professionale, ma il soggetto al quale trasferire nuove conoscenze ha una base formativa settorializzata e, quindi, non si allontana facilmente dalle sue conoscenze. Così la formazione professionale può diventare un ulteriore elemento di crisi e di rigetto verso il mondo del lavoro. Avevamo una scuola dell’obbligo e una scuola superiore di valore che aveva l’obiettivo di formare i giovani, insegnando loro cose ritenute da molti inutili, come il latino, il greco, la filosofia, ma che l’esperienza del successo dei giovani nel mondo del lavoro ne ha mostrato l’utilità. Abbiamo temuto di essere in ritardo verso altri paesi occidentali, così abbiamo introdotto variazioni nei curricula e nei metodi, con scarso successo. Prima che si giunga alla catastrofe è tempo di aprire un dibattito all’interno del mondo della formazione, principalmente nella scuola e nelle università su obiettivi e strumenti per la formazione dei giovani nell’era dell’Intelligenza Artificiale.