LE OPINIONI

IL COMMENTO Dale monetine ai garofani sulla tomba morte e resurrezione di Craxi

La ricorrenza del ventesimo anniversario dalla morte di Bettino Craxi e il contemporaneo arrivo nel nelle sale cinematografiche del film Hammamet, di Gianni Amelio, ha scatenato un putiferio di commenti sui social ma anche sulla stampa nazionale, nei talk show televisivi e nei confronti-scontri tra partiti. Ischia non si è sottratta al fiume di parole. Nello stendere questo commento devo – per onestà intellettuale – precisare ai lettori tre cose: ho militato per oltre dieci anni nel Partito Socialista Italiano, tra gli inizi degli anni 70 e gli inizi degli anni 80. Bettino Craxi fu eletto segretario nazionale del PSI nel 1976 e doveva – nelle intenzioni di qualcuno – essere un segretario di transizione e invece durò 17 anni, fino al 1993, quando lasciò per l’incalzare delle inchieste di tangentopoli. Alla fine del 2019, per la prima volta, ho aderito al PD. Terza precisazione: al tempo in cui fu eletto segretario nazionale Craxi, ero lombardiano e quando Bettino divenne premier, lo ammirai per l’autorevolezza, la modernità di lettura dell’evoluzione della società italiana, per la capacità di delineare il riformismo socialista, di rimarcare la differenza culturale dai comunisti, per la politica estera, per lo smarcamento da ogni soggezione verso qualsiasi potere internazionale, finanziario, lobbistico. Quel che non mi piaceva e non condividevo era una certa arroganza praticata all’interno e all’esterno del partito, una sottovalutazione degli effetti negativi causati dall’invadenza dei partiti in tutti i gangli vitali della società, dall’industria ai giornali, dalla televisione al mondo sindacale. Come non mi convinceva l’eccessiva fretta di conquistare il potere e rompere contemporaneamente l’egemonia governativa della DC e l’egemonia del PCI a sinistra, che spinse il partito ad autoalimentarsi con finanziamenti illeciti, sebbene Craxi non abbia mai posseduto “ tesoretti” in proprio. Dico fretta eccessiva in quanto il ruolo e il potere politico che assumeva il partito era sproporzionato rispetto al reale consenso nel paese. E si sa, le scorciatoie in politica non portano lontano.

Craxi non mi convinse quando, di fronte al tintinnio delle manette del pool di Mani Pulite, non volle capire che un tempestivo suo passo indietro avrebbe potuto salvare il partito, essendo fin troppo chiaro che Di Pietro & Company miravano ad eliminare lui dalla scena politica. Per aver sostenuto questa tesi, Claudio Martelli, la mente più brillante del partito, fu – per anni – considerato un traditore. Oggi Martelli è sulla tomba di Craxi a deporre garofani rossi, osannato dagli ultimi fedeli. Ma l’impronta culturale politica che Craxi diede con l’aiuto di molti intellettuali, tra cui spiccava Luciano Pellicani, sulla rivista socialista Mondoperaio, oggi diretta dal “foriano” Luigi Covatta, era di altissimo livello, nemmeno lontanamente paragonabile all’ignoranza di molti politici dei giorni nostri. Quella che per me rimane l’impronta più bella e nobile del socialismo di Craxi non è tanto e solo la vicenda “Sigonella” di cui tutti parlano, bensì la vicenda “Aldo Moro” che spaccò l’Italia tra i sostenitori dell’inflessibilità dello Stato che – a loro avviso – non poteva piegarsi alle richieste dei brigatisti rossi, fino a sacrificare Moro (PCI, PRI, gran parte della DC) e i sostenitori della prevalenza ,sovra ogni cosa, della vita umana (PSI, Radicali, Il Manifesto), secondo i quali si poteva salvare, con uno scambio di un prigioniero delle Brigate (di salute malandata) e Aldo Moro, eccellente statista democristiano.

Questo era il socialismo dal volto umano che gli italiani non capirono. Quegli italiani (per lo più comunisti e fascisti reduci da due concomitanti comizi) che dinanzi all’Hotel Rafael a Roma fecero un vergognoso lancio di monetine. Oggi, anche partiti come la Lega, che mostrò il cappio in Parlamento, giornali di destra, reti televisive monopolizzate dal centro destra (RAI 1, RAI 2, Mediaset) riconsiderano Craxi e fanno a gara per tirare la giacca a Stefania Craxi (figlia schierata con Forza Italia) e Bobo Craxi (figlio schierato col centro sinistra). E il PD, al quale mi sono recentemente iscritto, essendo il socialismo riformista collocato a sinistra e incompatibile con la destra radicale, resta muto a guardare, con poche eccezioni, come il Governatore campano Vincenzo De Luca, il capogruppo al Senato Andrea Marcucci, Gianni Cuperlo, Giorgio Gori e pochi altri. Il PD, le cui componenti democristiana e comunista furono giustizialisti allora e non erano meno coinvolti nel finanziamento illecito dei partiti, continua a non fare i conti con la storia e non solo con la storia personale di Craxi, ma dell’intero socialismo italiano.

Ritorno infine al film Hammamet, ben letto da Lello Montuori in un suo post e ben compreso da Michelangelo Messina che riproporrà il film in estate nel suo Film Festival, per riportare l’illuminante giudizio del critico cinematografico Gianni Canova su welovecinema.it: “Hammamet è un film importante perché non giudica e non riabilita. Hammamet non assolve e non condanna. Piuttosto interroga. Confligge. Sposta. Consapevole che per capire davvero quello che Craxi è stato (e quello che siamo stati noi ai tempi in cui lui era al potere) Shakespeare è forse più utile di Mani Pulite”.

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