LE OPINIONI

IL COMMENTO Della gentilezza e del coraggio

Il titolo di questo articolo è mutuato da un saggio dello scrittore, ex magistrato ed ex Senatore, Gianrico Carofiglio. Mi è sembrato opportuno il richiamo di questo libro, nel momento in cui l’opinione pubblica europea ha, in maniera larga, tributato un omaggio sentito alla gentilezza e al coraggio di David Sassoli. Per Carofiglio, coniugare “gentilezza” e “coraggio” non costituisce un ossimoro. La dimostrazione ce la dà la vita stessa di Carofiglio, persona per bene, misurato nei toni e gentile ma, nello stesso tempo, rigoroso e coraggioso nell’espletamento delle funzioni prima di Pubblico Ministero poi di Magistrato e infine di politico e scrittore di romanzi. Carofiglio è, altresì, cintura nera di Karate, la disciplina che, come è noto, è arte marziale di difesa a mani nude, che ha rispetto dell’avversario ed educa mente e corpo ad un profondo controllo. C’è bisogno oggi, nella vita sociale come in politica, di gentilezza e coraggio. Vita sociale e politica che appaiono sempre più inquinate dall’odio, dalla violenza verbale, dal radicalismo di posizioni ideologiche contrapposte e dalla mancanza di coraggio nell’assumere responsabilità individuali con scelte, prese di posizione, idee e programmi, non influenzate dalla logica perversa del “gruppo”. Gentilezza e coraggio danno la possibilità a ciascun soggetto di rappresentare, nel contempo, un “ unicum” di cittadino e, nello stesso tempo, parte consapevole e socievole del corpo sociale nazionale ed europeo.

Gianrico Carofiglio
Gianrico Carofiglio

Carofiglio spiega bene come il jujutsu o l’aikido o il karate si basano sula “neutralizzazione” della violenza dall’attacco avversario. Spiega bene anche la differenza che passa tra la “mitezza” come la intendeva il filosofo, giurista e storico Norberto Bobbio e la “gentilezza” come la intende lui. La gentilezza per Carofiglio è assai diversa dalla mitezza di Bobbio, laddove questa virtù include un sostanziale rifiuto della lotta… L’uomo civile non rifiuta il conflitto. Lo accetta, invece, come parte inevitabile e proficua della complessità e della convivenza… la mitezza di Bobbio rischia di essere una dote inidonea a trasformare il mondo e a mettere in atto la giustizia. Insomma la teoria di Carofiglio, che condivido a pieno, è che il mondo funziona attraverso il conflitto ed è questo il motivo che chi la pensa in questo modo cerca di andare ad occupare sempre un ruolo di opposizione, di minoranza, per rompere un pericoloso unanimismo che appiattisce. Ho già avuto modo di dire che non si tratta di andare a “cercare il pelo nell’uovo”. Si tratta di mettere continuamente in moto il “riesame”, il conflitto costruttivo, la critica creatrice di nuovi equilibri o, come direbbe il filosofo Agamben “nuovi paradigmi”. Per meglio intendere, chiamo in causa un’altra bella persona, un altro grande italiano, ucciso, che torna in questi giorni all’attenzione della cronaca perché la polizia congolese afferma di aver arrestato la banda che gli tese l’agguato assassino. Avrete capito che mi riferisco all’ambasciatore italiano in Congo, Luca Attanasio che, giustamente, Mattarella onorò con il titolo (postumo) di Cavaliere di Gran Croce. Figura, per l’appunto, gentile (il viso dolce e lo sguardo ne erano testimoni) e solidale con i popoli africani più esposti ai pericoli e alla miseria; era coraggioso e forse quel coraggio lo portò alla morte. Il mondo non ha bisogno di acquiescenza e conformismo, ha bisogno di dubbi, di dialettica, di confronto-scontro, di conflitti di pensiero.

Carofiglio, a tal proposito, cita il filosofo greco Eraclito: “Pòlemos di tutte le cose è padre, di tutte le cose è re”. E, subito dopo, lo scrittore magistrato, passa ad illustrare la differenza tra “ bravo comunicatore” e “manipolatore”. La buona comunicazione politica è quella fatta, in buona fede, per raccontare il proprio punto di vista; il “ciarlatano”, il manipolatore è colui che, in malafede, è interessato non ad esternare un proprio legittimo punto di vista, ma una verità fasulla per arrivare a raggiungere scopi diversi ed inconfessabili. Dall’altro lato, rispetto a chi comunica o manipola, c’è, generalmente, un cattivo ascolto. In questi giorni, su questo tema, si sta spendendo su Il Golfo, Graziano Petrucci che mette in rilievo la totale indifferenza della maggior parte dei cittadini della nostra comunità isolana verso la cosa pubblica. Gli apostoli (non importa se “piccoli” o “autorevoli”) del “nuovo” non vengono per nulla ascoltati. Carofiglio spiega questa incapacità di ascolto con la mancanza di coraggio. Ed è così; se anche in una piccola comunità come quella isolana non si ascolta, ciò non accade per indifferenza ma per la mancanza di coraggio civile. Non ci si espone, non ci si contrappone a chi detiene il potere. Si tappano le orecchie per codardia civile e conseguente ipocrisia. Ancora una bella e audace citazione di Carofiglio che riprende la seguente frase di Einstein: “le menti sono come i paracaduti, servono se sono aperte”. E le menti sono aperte quanto maggiore è la conoscenza e la competenza. L’incompetente si sopravvaluta perché è sprovvisto di metacognizione, la capacità, cioè, di osservare criticamente le proprie azioni.

Luca Attanasio
Luca Attanasio

Per il competente è più facile l’autocritica e la revisione di idee destituite di fondamento. Ma, a conferma che bisogna continuamente sottoporre a revisione i propri convincimenti, Carofiglio tiene a precisare che cosa bisogna intendere per “competenza” e discerne tra competenti che sanno trasmettere con semplicità questo loro sapere e “presunti competenti” che non sanno rinunciare all’autoreferenzialità, alla boria elitaria ed incomprensibile. E’ quello che, purtroppo, sta accadendo in molti casi, tra molti esperti di sanità, vanagloriosi del mezzo mediatico. Dice Carofiglio: “Caratteristica della competenza è la consapevolezza dei propri limiti”. Bisogna sempre parlare agli italiani con onestà, raccontando la verità (così come appare in quel particolare momento storico) con trasparenza e semplicità. Infine, dobbiamo dire, con Carofiglio, che se vogliamo dare senso alla nostra vita e al “ convivere” con gli altri, la gentilezza è essenziale. Noi siamo già in una fase in cui la Tecnica ha preso il sopravvento sull’uomo. Non appare più la Scienza al servizio dell’uomo bensì l’uomo al sevizio della tecno-scienza. Un’immediata conseguenza di questo ribaltamento di valori è che siamo caduti nell’illusione dell’illimitatezza del progresso scientifico. Illusione che genera un altrettanto pericoloso equivoco: l’antiscienza e il complottismo. Sono due diverse facce di una stessa medaglia. Gentilezza vuole che questi irrigidimenti ideologici non portino da nessuna parte e soprattutto disgregano comunità, Nazioni e Continenti. Senza gentilezza e senza coraggio civile, ci faremo tranquillamente pilotare da esperti di numeri, cookies, logaritmi, assolutamente indifferenti di fronte all’etica, alla solidarietà umana e ai valori di convivenza.

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