LE OPINIONI

IL COMMENTO Destra, sinistra e centro

Per circa un anno, buona parte della popolazione italiana si è illusa che il nostro Paese fosse entrato nell’era post-ideologica, nella quale non avesse più senso parlare di destra e sinistra. Socialismo, liberalismo, partito popolare sono dinosauri della politica o possono essere considerati “ fossili viventi”, ovvero sopravvissuti ad ogni estinzione, secondo un termine scientifico darwiniano? E’ stato in particolare il mantra dei 5 Stelle quello che il movimento politico non avesse più moti orizzontali ( destra-sinistra) bensì verticali. Ovviamente i grillini pensavano che il moto verticale fosse a senso unico, ascensionale, “in alto”. In ciò volendo sottolineare la differenza con alcuni “ civil servant”, intellettuali prestati alla politica che, quando decidono di entrare nell’agone politico, parlano di “ scendere in politica”, come se il praticarla costituisse un mezzo passo verso la volgarizzazione e l’imbarbarimento.  Poi, alle elezioni europee i cinquestelle hanno dovuto prendere atto che il moto verticale può andare anche verso il basso, e vorticosamente. Hanno dovuto prendere atto che esiste ancora una sostanziale differenza ideologico politica tra destra e sinistra. Di Maio (anche se finge di non accorgersene) guarda a destra, non in alto. E Fico (e lo fa in maniera palese) guarda a sinistra. E’ sconsiderato il Presidente della Camera quando afferma che la Repubblica è di tutti quelli che vi risiedono legalmente, senza distinzioni di sesso, etnia, religione? E ha ragione Di Maio quando dice che Fico vuole solo fargli le scarpe? No che non ha ragione! La verità è che nel momento in cui da “movimento” il M5S si è trasformato in partito ed è ufficialmente e massicciamente entrato nelle Istituzioni, è giocoforza fare delle scelte che o vanno nella direzione della solidarietà umana, della liberaldemocrazia, dell’europeismo e dell’universalismo o, al contrario vanno nella direzione del nazionalismo, dell’iperliberismo, dell’uomo solo al comando, del primatismo di questo o quel popolo, di questa o quella religione o tendenza sessuale. Ma c’è di più, c’è la grande questione del “ centro”.

L’Italia non è, come i Paesi anglosassoni, una democrazia basata sull’alternanza tra democratici e conservatori. Ha anche una forte tradizione di centro moderato. E non è un caso che lunedì scorso, il prof. Angelo Panebianco, abbia scritto un editoriale sul Corriere della Sera nel quale rilancia la grande questione del “ centro”. Panebianco, nell’affermare l’esigenza di riproporre un grande partito di centro, critica Carlo Calenda per avere quest’ultimo prefigurato una formazione di “ centro” ma come supporto dichiarato del PD. Secondo il politologo ed editorialista, un centro serio non può prefissarsi l’obiettivo di appoggiare il PD. Egli è piuttosto dell’idea che l’eventuale neo-centro dovrebbe, per avere ampio potere di contrattazione, riservarsi, secondo le occasioni politiche date, poter decidere di coalizzarsi ora con la destra ora con la sinistra. Con tutto il rispetto per Panebianco, il prof. cade in grave contraddizione quando, auspicando un ritorno della liberaldemocrazia di centro, ipotizza che possa coalizzarsi, a seconda delle circostanze, “ anche con i sovranisti, i nazionalisti”. L’errore di Berlusconi è proprio questo: l’illusione che si possa mettere insieme il liberalismo autentico con le idee suprematiste e sovraniste di Meloni e Salvini. Su questo presupposto qualsiasi tentativo di resuscitare il centro naufragherà. Poi è vero che sbaglia anche Calenda: non ha senso mettere su un partito di centro con l’intento preordinato di appoggiare il PD. O dentro o fuori, o Calenda entra nel PD e combatte all’interno del partito per dargli una configurazione di equilibrio perfetto tra socialismo e liberalismo, o resta fermo al centro, riservandosi di appoggiare o non appoggiare la sinistra socialdemocratica in base ai programmi che si prefigge. Voglio completare il quadro di storia e attualità del centrismo italiano, ricordando che domani, 10 giugno, al Teatro Comunale di Bologna, si celebreranno i 100 anni del primo congresso del Partito Popolare Italiano, che si svolse proprio nello stesso teatro. Parliamo di Don Luigi Sturzo, la cui linea aconfessionale e il suo Appello ai Liberi e Forti sconfisse la linea di Agostino Gemelli che, invece, voleva un partito confessionale e cattolico. L’evento vedrà impegnati, oltre che politici, il Vescovo di Bologna Matteo Zuppi e due importanti docenti di storia, i prof. Pombeni e Balzani. Illuminanti furono, nel 1919, le parole di Don Sturzo: “ E’ superfluo dire perché non ci siamo chiamati partito cattolico. I due termini sono antitetici: il cattolicismo è universalità; il partito è politica, divisione”. Che differenza di vedute con chi, strumentalmente sale oggi sui palchi dei comizi e bacia corona e crocifisso e tifa per il Papa Emerito, contro Francesco!

Rispetto a questi ricorsi storici e alla riapertura del dibattito su destra, sinistra e centro, può avere una qualche voce in capitolo la nostra isola? Guardate, non è una mia fissa quella di cercare sempre e comunque un anello di congiunzione tra ciò che avviene nel territorio nazionale e quello che si muove nel territorio isolano. La verità è che siamo sì “ isola geografica” ma non anche “ isola politica”. Non esiste una vita politico amministrativa isolana avulsa dal contesto nazionale. Né a correggere questa realtà può essere intervenuta la circostanza che da tempo ormai le liste per le elezioni comunali sono tutte “ scolorite” e civiche. Comunque la si metta, c’è sempre una visione di destra, una di sinistra e una di centro. Allora, abbiamo ad Ischia, sebbene in caduta ( al contrario di Procida)  un partito, Forza Italia, che vorrebbe essere di centro e ha due importanti rappresentanti, Maria Grazia Di Scala, consigliera regionale e De Siano, coordinatore regionale del partito e Senatore della Repubblica. Cosa intendono fare questi due rappresentanti, come intendono muoversi, come si accingono ad affrontare l’annunciato Congresso nazionale di fine estate? Sarebbe riduttivo limitarsi a confermare una incontestabile fedeltà al capo Berlusconi. Ma il leader dalle 7 vite non è immortale, intendo politicamente. La linea non può continuare ad essere quella della “ gamba” liberale di un eventuale governo ( con Salvini e Meloni) a forte trazione sovranista, xenofoba, antieuropea. Personalmente, nel quadro dirigente nazionale di Forza Italia intravedo in Mara Carfagna una possibile novità, un’autentica liberale.

Poi ci sono altri elementi, come la Ravetto che lamentano l’ostruzionismo di un gruppo ristretto di comando che non lascia spazio agli altri. Al di là del contributo che De Siano E Di Scala possono dare direttamente nelle loro funzioni,all’isola d’Ischia, c’è un ruolo più grande, al quale non possono abdicare, quello di difendere e rilanciare una delle grandi componenti ideologico politiche del nostro Paese: il liberalismo che, insieme al socialismo, ha costituito, e non può non costituire ancora, un asse portante della nostra democrazia. Ha ragione il politologo polacco, prof. Jan Zielonka quando dice che il liberalismo europeo si è sbiadito quando si è lasciato completamente fagocitare dall’iper-liberismo, che alcune élite burocratiche hanno voluto contrabbandare come soluzione ineluttabile ed insostituibile. Famoso l’acronimo della Thatcher “ TINA” ( Theris No alternative). E ha detto bene lo scrittore, ex magistrato, Gianrico Carofiglio, nel suo libro Con i piedi nel fango: “ C’è una grande differenza tra “ sdegno” e “ indignazione”, Lo sdegno è una reazione di risentimento misto a disprezzo. Indignazione è invece la ribellione a quanto offende la dignità propria o degli altri. La prima è una reazione passiva, senza prospettiva del cambiamento del reale. La seconda invece allude ad un’idea nobile di rifiuto attivo delle ingiustizie e dei torti.” Ecco, la fase che ha visto il successo di due partiti populisti,e poi il successo di uno solo dei due (la Lega), è la fase popolare dello sdegno. Sta arrivando il momento che democratici veri, liberali e non turbocapitalisti, socialisti riformatori e non sterili estremisti, sinceri nuovi tutori dell’ambiente, costruttivi e non semplici boicottatori di ogni modernità, alzino il vessillo dell’indignazione, per un Paese diverso, più giusto, più equilibrato, più inclusivo.

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