LE OPINIONI

IL COMMENTO Dimenticare Gaza

DI GIORGIO DI DIO

Dimenticare Gaza com’era prima che la sua anima venisse spezzata, dimenticare la sua straordinaria bellezza, la sua ricchezza culturale. Dimenticare quel crocevia di civiltà che si affacciava sul Mediterraneo con la sua fierezza. Dimenticare le storie millenarie, le strade che pulsavano di vita e i monumenti testimoni silenziosi di una storia che abbracciava epoche e imperi. Dimenticare il mosaico di quartieri vibranti, il cuore della città vecchia, il quartiere Daraj, pieno di mercati, lo scambio dell’oro, i luoghi dove le voci dei venditori si mescolavano al tintinnio delle monete. Dimenticare le strade strette adornate da murales e arte urbana, riflessi della creatività e della resilienza del popolo palestinese. Dimenticare il quartiere Zeitoun, la Chiesa ortodossa di San Porfirio, con la sua iconografia intricata e il vibrante blu che colorava gli interni. Dimenticare che Gaza era un museo a cielo aperto. Dimenticare la Grande Moschea Omari, con il suo stile basilicale e le decorazioni mamelucche e ottomane, dimenticare Hammam al-Samara, l’ultimo bagno pubblico rimasto, con la sua cupola decorata da vetri colorati che filtravano la luce in giochi di riflessi e Tell Umm Amer, il grande monastero cristiano attribuito a San Ilarione, luogo di pace e spiritualità. Dimenticare la Chiesa di San Porfirio uno dei più antichi luoghi di culto attivi nella città. Dimenticare le persone anima della città. Artigiani nei mercati, pescatori lungo la costa e poeti che cantavano storie d’amore e resistenza. Dimenticare MuinBseiso e Mosab Abu Toha, i cui versi celebravano la bellezza della terra palestinese e il sogno eterno del ritorno. Dimenticare le famiglie che si riunivano nei cortili delle case antiche per raccontare storie tramandate da generazioni, mentre i bambini giocavano nelle strade polverose. Dimenticare le cose più belle, i vigneti che circondavano la città e producevano un vino rinomato in tutto il Mediterraneo già in epoca bizantina. Dimenticare il mare e i tramonti mozzafiato che tingevano il cielo di arancio e rosso. Uccidere la cultura vibrante che si manifestava nei canti tradizionali, nelle ceramiche dipinte a mano e nei sapori della cucina locale. Dimenticare che era una poesia vivente: una città che abbracciava passato e presente con grazia infinita. Prima che fosse ferita dalla guerra, era un luogo dove storia, cultura e umanità si intrecciavano in un’armonia unica. Ma Gaza deve morire, Gaza deve essere distrutta.

Dimenticare e ricordare. Ricordare i lamenti sotto il celo spezzato, la tregua svanita, l’eco delle esplosioni che squarciano il cielo, la polvere accecante che bruca negli occhi, il dolore che cresce, le vite che si spengono a Gaza, sotto la furia di Israele, un temporale, che acceca e colpisce senza morale. Ricordare il fuoco, il tuono dei cannoni che colpisce uomini, donne e bambini innocenti, che uccide anche chi è lì solo per umanità. Ricordare il sorriso del presidente americano che osserva dall’alto del suo trono in silenzio, arrogante, sprezzante nel suo abbandono. Lui che non placa l’ira di Israele , non tende la mano alla Palestina, non ascolta le grida dei morti portate dal vento. Ricordare Israele che riprende a bombardare a colpire, a uccidere uomini donne e bambini sotto il cielo di Gaza dove cresce il dolore e la vite si spengono. È una furia Israele, è un temporale che acceca. Riprende a sparare, a bombardare, riprende a colpire mentre Trump sta a guardare con la sua arroganza senza parlare senza neanche provare a placare l’ira. Migliaia di feriti, di vite perdute sotto il peso di un confitto che non conosce tregua, che non vedrà mai la pace. Due mesi di silenzio, di speranza, l’illusione di due stati che potessero vivere in pace sono statu già cancellati. Un sogno subito svanito. Ricordare che Hamas è solo un nemico da annientare e basta un pretesto per giustificare ogni guerra, oggi come ieri, nel presente come nel passato. È vera, ad Hamas ci sono i terroristi, ci sono i colpevoli, ma questa non è una ricerca di chi ha sbagliato, dichi ha bombardato, di chi ha ucciso. Non è la prima volta che gli stati inventano scuse, avvenimenti insistenti per poter scatenare una guerra. Lo hanno fatto gli stati e il Regno Uniti attribuendo a Saddam Hussein l’uso di armi chimiche nella seconda guerra del Golfo. Netanyahu ha voluto convincere il mondo che i terroristi di Hamas si nascondono tra la popolazione, addirittura negli ospedali. Oggi Netanyahu insieme a Trump non cercano più nessuna scusa. Oggi Netanyahu e Trump, non cercano più il consenso del mondo, mettono la giustizia sotto i piedi, sfidano i tribunali non chiedono approvazione e impongono l loro visione, il loro potere. E generano fame e sete mescolate con il dolore, bombardano senza distinzioni tra innocenti e colpevoli, ignorano una crisi umanitaria senza fine. Gaza è condannata a un futuro di sofferenza, non ha scampo da una distruzione pianificata, mentre il mondo guarda e non fa niente, chiude gli occhi, si tappa le orecchie. Gli attacchi su vasta scala, ha affermato Netanyahu, sono stati avviati in risposta al continuo rifiuto da parte di Hamas di liberare gli ostaggi israeliani e di accettare le proposte avanzate dai mediatori per prolungare la tregua. Il premier ha poi dichiarato sui social che, da questo momento, Israele intensificherà progressivamente la propria azione militare contro Hamas.

La crisi umanitariasemina disperazione e rabbia nella città in rovina, piantando i semi di nuove generazioni votate al dolore e alla vendetta. La storia, che scorre tra le pietre di Gerusalemme e le sabbie di Gaza, ci dice che la guerra non fa che partorire altra guerra, in un ciclo che non si fermerà più. I bombardamenti e la distruzione calcolata che si abbattono su Gazacondannano il Medio Oriente e lo stesso popolo d’Israele a un futuro di sofferenza e morte, come un destino scritto nella polvere che si alza dalle case abbattute E intanto, l’America di Trumptrama accordi per sradicare milioni di palestinesi e trasformare te la Riviera di Gaza in una meta per turisti. E allora è lecito chiedersi: “ Chi vuole veramente la guerra?”.

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